Silvestro: "Abbandonare la strada del sostegno informativo e della capacità di compliance del cittadino potrà produrre, forse, del risparmio, ma potrebbe produrre ben altri impatti (e quindi costi) sul mantenimento di un buon equilibrio di salute dei cittadini”.
“Liberalizzare e ampliare l’orizzonte della concorrenza è un meccanismo che ha portato nel tempo a livellare prezzi e spese dei cittadini per molti generi diretti al pubblico, non c’è dubbio, ma la salute non è un bene che si può ‘livellare’, né può scendere al di sotto di determinati indici di qualità e di sicurezza. E ancora meno può essere lasciata alla libertà spesso poco informata di chi non si deve occupare di curarla, ma solo di stare meglio: il cittadino” .
Così Annalisa Silvestro, senatrice e presidente della Federazione dei Collegi Ipasvi, commenta la volontà del Governo di aprire la vendita anche agli ipermercati dei farmaci di fascia C, quelli cioè a carico del cittadino.
“Mi chiedo se non si debba meglio riflettere sul lasciare decidere sull'assunzione di un farmaco - aggiunge Silvestro – chi non conosce eventuali effetti collaterali, limiti e accortezze rispetto ai principi attivi che contiene, interazioni, controindicazioni o tollerabilità. Non nascondiamoci dietro a un dito: abbiamo oggi l’esempio ben più banale delle etichette alimentari, che pochi sanno leggere davvero e quasi nessuno legge di fatto. Eppure il nostro Paese è uno dei più puntuali ed esaustivi nello stabilire cosa esse debbano riportare in modo chiaro e comprensibile: componenti, calorie, livelli di tollerabilità. E allora mi chiedo ancora se un cittadino che sceglie da sé un farmaco sia anche in grado di leggere e comprendere ciò che c’è scritto sul foglietto illustrativo, a parte i metodi e le quantità da somministrare? E se il cittadino fraintendesse anche quelli?”
Secondo il presidente Ipasvi, una significativa conferma della condivisa preoccupazione su cosa potrebbe accadere e al fine di evitare errori dannosi alla salute si evince proprio leggendo i "bugiardini" dove all’inizio c’è scritto “In caso di dubbi o di necessità di chiarimenti” e più avanti “In caso di effetti collaterali”, “chiedi al medico, al farmacista o all’infermiere”, come ormai i farmaci più moderni riportano.
“Il farmacista è il professionista che può guidare il fai-da-te del paziente sicuramente in modo più preciso e immediato essendo quello che deve dispensare il farmaco proprio e anche per tenerne sotto controllo l’uso corretto e non l’abuso – sottolinea Silvestro -. Per questo credo sia più che opportuna una ulteriore riflessione anche perché, purtroppo, il livello di educazione sanitaria oggi nella comunità è quasi assente.
Non a caso una scelta a suo tempo fatta del Governo è stata quella di prevedere nelle nuove e moderne "farmacie dei servizi" il contatto con gli infermieri: per rispondere al meglio ai bisogni dei cittadini attraverso un riferimento professionale competente, per garantire la tutela della loro salute, perché non siano lasciati a se stessi e all’improvvisazione. "Abbandonare la strada del sostegno informativo e della capacità di compliance del cittadino - conclude Silvestro - potrà produrre, forse, del risparmio, ma potrebbe produrre ben altri impatti (e quindi costi) sul mantenimento di un buon equilibrio di salute dei cittadini”.
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