Lunedì 6 maggio scorso nel quartiere Barracas, alla periferia sud di Buenos Aires, è stata lanciata una molotov contro l’abitazione di quattro donne. Tre di loro sono morte: Pamela Connas (52 anni), Mercedes Roxana Figueroa (52 anni), Andrea Amarante (42 anni). La quarta, Sofìa Castro Rigo (49 anni), sembra non essere più in pericolo di vita.
È ancora più difficile vivere una vita non propria
Le vittime sono Andrea Amarante (42 anni), Pamela Cobas (52 anni), Roxana Figueroa (52 anni)
Il motivo alla base della strage è l’odio, quello nei confronti della comunità LGBTQIA+ . Le quattro donne formavano due coppie lesbiche che condividevano l’appartamento quale luogo comune di vita e di amore.
Una decina di giorni dopo, circa, la presidenza belga di turno dell’Unione Europea ha proposto una Dichiarazione del Consiglio della UE, in occasione della giornata contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, a favore della comunità LGBTQIA+.
Nella dichiarazione si sollecita la promozione di politiche di rispetto ed eguaglianza nei confronti della comunità LGBTQIA+, si invita a sostenere la protezione legale e l’accettazione sociale nella società, a partire dalla lotta contro ogni forma di discriminazione. Un documento simbolico, la cui valenza è molto carica di messaggi verso il mondo della politica e della cultura.
Su 27 paesi dell’Unione, solo un terzo di questi non ha sottoscritto la dichiarazione. In pratica i nove paesi sono: Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Italia. Le giustificazioni, addotte dal governo italiano, si sono appellate alla supposta natura ideologica del documento.
La Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità ha sottolineato il concetto dicendosi contraria a forzature “gender”, ricordando che: Si è maschi o si è femmine . Parole che vogliono farsi ossequiose della dimensione biologica dell’essere umano, ma che rischiano di dimenticarsi in primo luogo proprio dell’essere umano .
Le contestazioni delle opposizioni sono state tante ed articolate, ma quella più significativa è arrivata dalla ex-Governatrice del Lazio, Renata Polverini, che ha sottolineato come la scelta del governo avalla le teorie del Generale Vannacci, che dispensano patenti di normalità o meno in base alle scelte sessuali, mentre la società attuale è molto più avanti di qualsiasi interpretazione forzata della realtà.
Su tutto prevale un dato: l’Italia si è trovata a votare contro assieme a tutti quei paesi dove, per oltre mezzo secolo, ha dominato l’ideologia totalitaria dell’Unione Sovietica, terra in cui i “non binari” sistematicamente venivano mandati nei gulag, i campi di concentramento che le cosiddette democrazie popolari prevedevano per gli oppositori politici. Come accadeva nella Germania nazista e, sotto certi aspetti, anche nella virile e maschia Italia fascista. Insomma, verrebbe da dire che i regimi passano, ma i loro insegnamenti peggiori, a volte, rimangono.
Cattivi insegnamenti fondati su una visione particolare del mondo. La stessa che cerca sempre un colpevole su cui scaricare le colpe e che, per tale ragione, ha bisogno di classificare gli esseri umani in categorie, a seconda del genere, dell’orientamento sessuale, dell’etnia (della razza pare che, per il momento ancora, non si possa più fare).
È la stessa visione che dà la colpa agli ammalati di stare male, ai poveri di essere poveri, ai disabili di essere… d’intralcio, in un’ottica che considera che non ci sia nulla di male a volere delle classi separate per chi “ostacola” il percorso educativo di chi “merita” di andare avanti.
Quanto scritto fin qui, purtroppo, non pochi lo rigetteranno, altri lo bolleranno come “divisivo”, pericoloso al pari della fantomatica – quanto inesistente – teoria gender. Chissà, forse a pensare tutto questo sono le stesse persone che dicono non esistere il femminicidio né che quando c’è un infortunio sul lavoro parlano di fatalità e che credono in una giustizia garantista solo quando si mette male per qualche colletto bianco.
Poco ce ne cale di costoro . Il mondo cui rivolgere lo sguardo, l’empatia e il supporto è ben altro. È quello, per dirla in termini assistenziali, che conduce alla costruzione delle risposte ai bisogni leggendone risorse e diversità.
Di più, leggendo la risorsa che rappresenta ogni diversità. E per capire meglio la realtà della bellezza di ogni “anormalità”, non resta che chiudere con due inviti.
Il primo è quello di andarsi a guardare il bellissimo film di Ettore Scola “Una giornata particolare ” con Sofia Loren e Marcello Mastroianni. L’altro invito, più immediato, ma non meno importante, è quello di continuare questa lettura leggendo il contributo seguente dato dalla testimonianza di un’infermierə :
Già verso la fine delle elementari mi erano chiari i costrutti socioculturali che regolano la nostra società: il rosa è un colore da femmina, l’azzurro da maschio; le Winx è un cartone da femmina, i Gormiti da maschio; le sirene sono da femmina, le macchinine da maschio; etc. Tuttavia, mi era già chiaro come i miei interessi rompessero questi paletti immaginari, classificandomi, da bambino, come “femminuccia” .
All’epoca usavo ciò come giustificazione del perché mi trovassi più a mio agio nel rapportarmi con le bambine, piuttosto che con i bambini. L’indomani, all’alba dell’adolescenza, realizzai che il vero motivo per cui avevo difficoltà nell’interagire con gli altri maschi, era l’attrazione sentimentale e fisica che provavo nei loro confronti. La mia adolescenza non è stata caratterizzata da episodi omofobi e discriminatori meritevoli di nota, il che mi ha consentito di sviluppare una forte e tenace consapevolezza del mio essere .
Quando mi rapportai per la prima volta con il mondo infermieristico, universitario e lavorativo, non ebbi mai alcuna esitazione nel fare coming out con lə miə collegə o nell’esprimere me stesso tramite i capelli lunghi e tinti di rosa: era semplicemente una parte di me che rivendicava il diritto di essere raccontata. I riscontri ricevuti - e che continuo a ricevere - sono stati in linea generale positivi .
Molte sono state le persone che si sono interessate alla mia storia, alla mia identità e alla mia sensibilità, chiedendomi, ad esempio, quali pronomi preferissi. La maggior parte non ha espresso particolare entusiasmo o avversione, per lo meno non di fronte a me. Una minoranza, molto rumorosa, in qualche occasione mi ha consigliato di cambiare l’espressione del mio essere perché “gli anziani non sempre capiscono”, andando a supportare la pratica, ormai molto diffusa, di nascondere le cose “diverse” dalla maggioranza per non urtare la sensibilità di quest’ultima. Nel mio poco meno di un anno di lavoro mi è stato fatto dell’outing, fortunatamente, senza conseguenze negative, ma lasciandomi sbigottito sul momento.
Ecco, questa è la mia storia, se si vuole bella, ma non in alcun modo generalizzabile. La linea Gay Help Line , per l’Italia, ha recentemente rilasciato il resoconto del 2023, rivelando che ci sono stati più di 21.000 contatti, tra chiamate e chat .
Il 53% di questi contatti sono avvenuti a causa di violenza nei confronti delle persone appartenenti alla Comunità LGBTQIA+, creando una casistica di 3 violenze al giorno. Come ogni altro luogo sociale, il lavoro non è esente da tale discorso. Dal resoconto sopracitato, risulta che il 63% di chi ha un rapporto di lavoro ha subito delle discriminazioni di vario genere da parte di superiori, collegə o dal pubblico .
Alla luce di questi dati, confermati dalla Rainbow Map 2024, rilasciata da ILGA-Europe, l’Italia è il 36° Paese, su 49, riguardo agli sviluppi legislativi sui diritti della Comunità LGBTQIA+. Per tale ragione sarebbe stato appropriato da parte dell’Italia firmare la Dichiarazione EU sui diritti LGBTQIA+. Una dichiarazione che prevede che: “Gli Stati firmatari si impegnano in particolare ad attuare le strategie nazionali a favore della comunità LGBTQIA+ e a sostenere la nomina di un nuovo Commissario per l’Uguaglianza” .
Il Governo italiano ha ritenuto non solo non necessario, ma perfino pericoloso firmare tale Dichiarazione, poiché riportava “fondamentalmente il contenuto della legge Zan”, a detta della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. E, tutto ciò, nonostante la Presidente del Consiglio abbia affermato come l’attuale governo sia “in prima linea contro l’omotransfobia”.
La realtà cozza con la narrazione nazionale. Non poche sono le aggressioni a sfondo queerfobico: a Napoli (Simone), a Bologna (Giuseppe), ed un altro ragazzo a Milano, due a Firenze, sei insultati e picchiati a Palermo. E Luana, allontanata dalla famiglia perché lesbica. Non è facile essere queer in questo mondo, ma è ancora più difficile vivere una vita non propria .
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