Lettera aperta ai cittadini del Collegio Ipasvi di Livorno solo i noti casi di Piombino e Lugo.
LIVORNO. “Vorremmo che chiunque abbia seguito questi orribili fatti, non associasse al nome della presunta infermiera killer la nostra professione, ma potesse averne un’immagine come professione d'aiuto e di solidarietà”. A scriverlo in una nota inviata agli organi di informazione il direttivo del Collegio IPASVI di Livorno dopo i noti casi delle Infermiere Killer di Piombino e Lugo di Ravenna.
“Caro cittadino, la prima cosa che vogliamo fare in questo momento così difficile per la nostra professione e per la tua serenità è assicurarti che ciò che la cronaca ti offre in questo periodo non è una storia di infermieri, ma, se le accuse saranno formalizzate e provate, di un vero killer che con la nostra professione non ha nulla a che fare. E che, anzi, l’ha utilizzata e sfruttata come “arma impropria” per i suoi fini, provocando l’esatto opposto di ciò che noi ogni ora, ogni minuto, ogni giorno dell’anno vogliamo evitare a chi si affida ai servizi sanitari: la morte”.
Si apre così la lettera aperta che il Collegio Ipasvi di Livorno si appresta ad affiggere nelle strutture sanitarie della sua zona e a far avere a quanti più cittadini possibili, di cui fa parte l’ospedale di Piombino, quadro dei fatti di quella che ormai – anche se le indagini della magistratura sono ancora aperte – è definita da tutti l’infermiera killer”.
Un’esigenza nata dalla psicosi che si sta creando attorno alla struttura che fa da “scena del crimine” e in quelle limitrofe e che rischia di mettere in serio pericolo l’assistenza ai malati e alle persone che ricorrono ai servizi sanitari.
“Gli infermieri assistono e si prendono cura – conclude infatti la lettera aperta che spiega ai cittadini “chi è” l’infermiere e cosa fa - non fanno mai del male a chi si affida a loro, gli infermieri non feriscono. Gli infermieri, quelli veri, non uccidono. Mai”.
Il Collegio di Livorno intanto si riunirà venerdì prossimo e, alla luce delle risultanze degli interrogatori e del lavoro degli inquirenti, procederà con la sospensione dall’Albo di Fausta Bonino, già sospesa per legge dai pubblici uffici al momento dell’arresto. Se le imputazioni saranno confermate poi, il Collegio al momento della condanna – perché prima è impossibile per legge – provvederà alla radiazione dall’Albo e a costituirsi parte civile nel processo per il gravissimo danno alla professione di infermiere e alla sua immagine presso i cittadini che i fatti di Piombino hanno provocato. Naturalmente tutto ciò che sarà riconosciuto al Collegio sarà devoluto a centri di assistenza e aiuto alle persone fragili.
“Siamo vicini ai parenti delle vittime, a cui va tutta la nostra solidarietà, di esseri umani e di infermieri. Veri infermieri. Riteniamo però necessario ribadire il concetto che in questo caso non possiamo parlare di questa professione. Cerchiamo di mantenere la visione corretta della situazione e non andare a colpire una professione che ha come senso profondo quello dell’assistenza e della vicinanza a chi soffre”, ha detto il presidente del Collegio Ipasvi di Livorno, Marcella Zingoni.
“La nostra – ha commentato il presidente della Federazione nazionale Ipasvi, Barbara Mangiacavalli - è una professione delicata, la più delicata, direi, visto che siamo accanto ai pazienti 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno e dobbiamo farci carico professionalmente, ma anche umanamente delle loro sofferenze e dei loro bisogni. La legge deve essere durissima perché, se le accuse saranno confermate, non si sta parlando di un infermiera, ma di un vero e proprio serial killer. Non vogliamo nemmeno considerare che questa persona, se colpevole, abbia fatto parte della nostra famiglia professionale. Anzi, siamo oltre che inorriditi, anche indignati per il fatto che la nostra professione sia diventata uno strumento per facilitare un’attività tanto odiosa quanto inaccettabile, inconcepibile e fuori da ogni ottica che possa riguardare l’attività degli infermieri. Indubbiamente questi fatti – prosegue - indicano inequivocabilmente che serve anche sostegno ai colleghi da parte delle organizzazioni. I controlli e gli alert necessari a prevenire ed evitare casi limite dovrebbero essere insiti nel sistema, ma oggi sono vissuti come atti formali a cui non sempre seguono interventi rispetto a situazioni assistenziali e organizzative pesanti e che possono produrre esisti nefasti. Evidentemente in casi come questo l’ambiente di lavoro non è stato in grado di cogliere subito la rilevanza di ciò che stava accadendo. Chi gestisce la sanità – conclude Mangiacavalli - deve valutare bene le conseguenze che si possono avere non solo sui servizi, ma, soprattutto, nei confronti dei professionisti e dei pazienti, senza regole che assistano anche chi assiste”.
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