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Editoriale

Promozione della salute e le tante bocciature del Palazzo

di Giordano Cotichelli

Non più di un mese fa si è svolto il Salone del libro a Torino. Appuntamento annuale ricco di cultura e spunti per la politica stessa, nonché per la società. Ha fatto scalpore la giusta contestazione di un gruppo di ragazze durante la presentazione del libro scritto dalla Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Come è noto, il sale della democrazia è quando l’operato di chi sta al potere può essere messo in discussione. Non viceversa.

Attivarsi contro i determinanti commerciali della salute

Meno scalpore ha fatto invece l’appuntamento che si è tenuto nello spazio del Caffè letterario del Salone, dal titolo: “Conoscere fa bene: il ruolo dell’health literacy nella promozione della salute”.

L’iniziativa è stata organizzata dal gruppo di lavoro che si occupa dei uno degli obiettivi sostenibili (17 in tutto), quello su salute e benessere, a cura dell’OMS. Il gruppo fa parte dall’ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile).

L’incontro ha posto in luce come la conoscenza, o meglio l’alfabetizzazione in tema di salute, health literacy appunto, sia la risultante del lavoro sinergico di più ambiti della società: la sanità pubblica assieme alla scuola e le istituzioni in generale, la ricerca e la formazione accademica, la politica e i media, la comunicazione aziendale e il marketing stesso.

Gli ultimi elementi evidenziati meritano un’attenzione particolare, non solo perché si sta assistendo ad una progressiva privatizzazione della sanità italiana e quindi ad un’offerta legata sempre più all’ideologia liberista, la quale scarica sui singoli questioni ben più ampie e sistemiche che riguardano le malattie, ma ancor più in quanto proprio il mondo del marketing non può non essere chiamato in causa, in materia di promozione e della salute.

La questione è sempre quella dei determinanti della salute e delle malattie, ma con alcuni distinguo relativi ai DSdS (determinanti sociali della salute) ed ai DCdS (determinanti commerciali della salute).

Nel primo caso si possono parlare di fattori sistemici, ampi, legati alle scelte politiche in generali, a condizioni macroeconomiche e socio-ambientali. Nel secondo caso invece le responsabilità sono più specifiche, circoscritte, chiare, ma non per questo con ricadute meno devastanti.

I DCdS fanno principalmente capo all’azione commerciale di prodotti ad impatto molto negativo sull’ambiente e sull’individuo. Proprio lo scorso marzo la rivista britannica “The Lancet” ha pubblicato dei lavori in cui è stato sottolineato come la salute collettiva non può migliorare senza un’azione sulle scelte e le pratiche che gli attori commerciali portano avanti dando priorità più al profitto che non al bene comune.

Gli articoli puntano il dito contro i grandi colossi industriali di prodotti nocivi quali il tabacco, l’alcol, il junk food ed i combustibili fossili. Viene alla mente la recente polemica fra due medici – conosciuti per il loro presenzialismo sui media - avvenuta nei giorni scorsi, dove una criticava l’altro per essersi fatto ritrarre con un calice di vino in mano. Lei gli ha ricordato i tanti problemi legati al consumo di alcol e quindi forse non era proprio il caso, in qualità di clinico conosciuto, di esaltare oltremodo il nettare divino di Bacco.

Di fronte a tutto ciò l’ideologia liberista continua a puntare il dito sulla responsabilità individuale, su una supposta libertà di scelta. Un po’ come il libero arbitrio di ecclesiastica memoria. In realtà così non è in quanto non esiste libera scelta per le persone più vulnerabili come i bambini e gli adolescenti, gli anziani e i malati, i poveri e gli ignoranti.

E qui si ritorna al Salone del Libro di Torino, dove all’iniziativa del Caffè letterario era presente anche il Ministro della salute, che ha posto l’attenzione sulla necessità dell’empowerment dei cittadini.

Lo stesso ministro ha assicurato maggiori assunzioni di personale, aumento delle retribuzioni, importanti scelte istituzionali in tema di LEA ed incentivazione di una sanità di prossimità, a partire dal coinvolgimento dei presidi farmaceutici presenti sul territorio (privati, ricordiamolo), come nodi della rete dei servizi per il cittadino.

Tante belle affermazioni che però dovrebbero essere sostenute da una visione globale di intervento, da altrettante dichiarazioni sui tanti determinanti sociali da correggere e - last but not least - su azioni strategiche da intraprendere nei confronti delle politiche letali del profitto e dei determinati commerciali. In tal senso si resta in attesa per il futuro, osservando l’aumento delle proteste sindacali e politiche e dei tanti comitati locali, che da Nord a Sud percorrono il paese.

Servirà però qualche manifestazione cittadina o qualche appuntamento nazionale in più rispetto a quelli programmati per rimettere mano alla dignità e alla funzionalità di un welfare violentato in maniera continuata da almeno un trentennio dalla classe politica e industriale di questo paese. L’importante è iniziare ad attivarsi contro i Determinanti commerciali della salute e continuare ad agire.

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