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Infermieri vs O.S.S, no alla guerra tra poveri. No alla manipolazione delle idee

di Fabio Albano

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GENOVA.  Ogni qualvolta si mettono a confronto due, o più categorie di lavoratori, l’unico risultato certo che si riesce a conseguire è l’indebolimento contrattuale e d’immagine di, almeno, una delle due parti. Uno dei mali, antichi e irrisoluti, che affliggono tutte le categorie di lavoratori italiani è il corporativismo. Le corporazioni, antiche quanto il mondo, qui in Italia trovano il loro apogeo durante il “ventennio”. Bene, a distanza di quasi cento, dicesi 100, anni nulla è cambiato.

Senza dilungarci troppo e quindi diventare troppo noiosi, proviamo a cercare di capire quali sono i motivi che hanno contribuito a tenere in vita questa situazione molto, se non del tutto, italiana. Nel primo periodo del secondo dopoguerra la situazione politico-economica nazionale è stata dettata dalla politica estera statunitense, la quale pur di mantenere il nostro Paese all’interno del Patto Atlantico ha fatto pervenire contributi economici a pioggia.

 

Una delle conseguenze principali di detta situazione è risultata essere un insufficiente sviluppo imprenditoriale specie nel meridione, per altro già pesantemente penalizzato dal regime borbonico prima e dall’unità nazionale in seguito. Dalla fine degli anni ‘50 sino ai primi anni ‘90 la governabilità nazionale è stata consentita da un governo monocolore DC, o in alternativa da un pentapartito a vocazione democristiana.

 

Per poter conservare questo flusso di voti i partiti dediti alla governabilità hanno mantenuto ed in alcuni casi contribuito ad aumentare il corporativismo professionale e non. In questi anni sono sorte migliaia e migliaia di associazioni settoriali, che hanno creato dirigenti, spesso inutili, anzi dannosi culturalmente e professionalmente alle categorie, indegnamente, rappresentate.

 

Molti di questi pseudo-dirigenti si sono sistemati economicamente proprio alle spalle dei loro rappresentati. Sic! L’eccesso di corporazioni ha contribuito ad accrescere , oltre alle sacche di privilegio su dette, anche un eccessivo frazionamento delle forze lavoratrici, aumentando il surplus di potenza dell’imprenditoria nazional-famigliare di quei anni. Ed e’ nella risultante di queste dinamiche che si inserisce la “guerra” odierna tra INFERMIERI e O.S.S.

 

In questo contesto socio-economico estremamente difficile e pericoloso, sarebbe, invece, auspicabile una sinergia tra tutte le categorie professionali sanitarie non mediche. Solo l’unità degli intenti tra le varie forza lavoro può tendere verso il tanto agognato salto di qualità. Invece, sorgono continuamente nuove sigle, vedi il MIGEP, che altro non fanno che creare, nelle varie e rispettive categorie, aspettative non raggiungibili.

 

Ma “cui prodest” detta situazione? Come sempre a qualche “furbetto” che approfitta della situazione contingente e conquista evidenza personale con possibili risvolti economici, e non solo, favorevoli alla propria persona. Cavalcare la protesta nei momenti di tensione sociale è estremamente facile, basta esibire un minimo di deriva populista. Il difficile sta, invece, nel riuscire a discernere tra omologazione delle idee e pensiero autonomo. La grossa difficoltà intellettuale e culturale, di questi nostri anni, risulta essere il passaggio da lunghi periodi conditi di ideologie ad un vuoto totale dove arrivisti e, appunto, populisti sono estremamente abili nell’inserirsi.

 

Ciò che noi maggiormente auspichiamo è: la sconfitta della parcellarizzazione delle realtà professionali e del tentativo di omologazione delle idee individuali; senza però insinuare nelle persone uno strisciante ed altrettanto pericoloso individualismo sconfinante nell’egoismo personale! La convivenza tra varie realtà professionali in ambito sanitario è assolutamente indispensabile. Non dobbiamo mai scordarci che il fine ultimo ed essenziale, di noi Infermieri, è il contribuire alla garanzia del diritto di salute di tutti i cittadini.

 

Il saper lavorare in gruppo può risultare una determinante essenziale nel raggiungimento di un dignitoso outcome. Certo risulta,anche, necessaria una reciproca attenzione verso le relative competenze ed un giusto, e doveroso, rispetto delle gerarchie in essere.

 

Ci piace concludere questa breve e sicuramente non esaustiva disamina con un caloroso invito a tutti i lavoratori della sanità a non cadere nel facile tranello del tentativo, di alcune persone disoneste intellettualmente, dell’omologazione delle idee. Situazione, per altro, estremamente pericolosa in anni di impoverimento economico e culturale come risultano essere questi nostri!

 

Ognuno di noi si abitui a ragionare con il proprio cervello, nel rispetto delle regole e delle persone che ci stanno accanto. E ……… buon lavoro a tutti, ma proprio a tutti.

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