Medici e infermieri tutti i giorni sono chiamati ad assistere pazienti in difficoltà, ma chi assiste gli operatori sanitari?
GENOVA. Ancora una volta siamo a commentare l’ennesimo, inspiegabile, episodio di inaudita violenza compiuto, ai danni di persone fragili e indifese, da parte di chi queste persone dovrebbe curarle e proteggerle.
Non ho intenzione di addentrarmi nei dettagli della vicenda di Piombino, a questo è deputata la Magistratura.
Ciò che mi interessa è esprimere il mio pensiero, quello di una persona di 55 anni che dal 1977 si occupa, come Infermiere, della salute delle persone.
Ho letto tanti, forse troppi, articoli in merito alla vicenda della presunta Infermiera killer della Toscana, tanti scritti di personaggi che siedono su poltrone autorevoli, altri di Psicologi e Giuristi che conoscono il Nostro mondo solo in parte.
Le opinioni espresse sono quasi tutte coincidenti e attratte dall’ipotesi del burn-out professionale, come spiegazione di queste vicende, che da anni si ripetono, ledendo l’immagine e la professionalità di tutti quei professionisti della salute che operano con convinzione e passione e che sanno andare oltre al mero aspetto tecnico della professione.
Non voglio entrare nei meandri di possibili spiegazioni di simili accadimenti, cerco solo di esprimere riflessioni che da anni mi girano nelle testa, e che quando mi capita l’occasione provo a rendere note, magari in consessi autorevoli.
Ho letto articoli molto interessanti dove si pone l’accento sull’aspetto umano della Nostra professione, dove si pongono in evidenza le difficoltà che le contingenze socio economiche stanno ponendo in essere. Appare chiaro e noto che esercitare la professione infermieristica richiede, almeno ai nostri giorni, competenze e conoscenze che sino a qualche anno fa potevano apparire superflue, e non mi riferisco solo al sapere tecnico. Credo che per poter essere definita, a ragione, professione intellettuale, la nostra professione necessiti di una culturalizzazione decisamente più ampia e profonda. Non si può più esercitare senza avere nozioni, almeno di base, di Psicologia, di Deontologia, di Sistemi complessi e perché no di Filosofia!
Ma l’Università, anche quella deputata a formare personale Medico, sa educare i giovani professionisti del futuro? Credo di no, o forse si ma solo a macchia di leopardo?
Sanno i nostri giovani il motivo per cui in futuro saranno destinati a esercitare la loro professionalità? Oppure presumono che diventare Medico e/o Infermiere sia solo un mezzo per sdoganarsi dalla disoccupazione? O avere successo economico? Meglio ancora, crederanno mica che il solo fatto di assorbire importanti conoscenze tecniche li possa rendere esenti dall’occuparsi delle Persone? Che sia chiaro, curare le Persone significa occuparsi di Loro, nella loro interezza!!
L’aspetto umano è indispensabile, e dovrebbe risultare uno dei requisiti Fondamentali per potersi fregiare del titolo di Infermiere e/o Medico!
Mi si obietterà che le persone incriminate di simili nefandezze sono persone mature e non neofiti! Vero, ma intanto cominciamo con il formare professionisti che si possano fregiare degnamente di tale appellativo!
Occuparsi della salute degli altri è diventato estremamente “complesso”, per questo servono conoscenze superiori rispetto a solo alcuni anni fa!
Ritengo, pure, doveroso porre l’accento sulla questione della formazione in itinere. Non è più possibile proseguire, nell’esercizio delle professioni sanitarie, solo con la formazione di base, magari vecchia di 20/30 anni, obsoleta!
L’evolversi della Nostra professione, deve andare pari passo con il Nostro sapere e la consapevolezza dell’impatto sociale che ne deriva! Ne consegue che anche le Istituzioni, locali e non, devono adeguarsi a queste nuove condizioni.
Allora bisogna cominciare a rendere concreto ciò che sino a oggi risulta solo sulla carta, cioè creare le condizioni affinché del singolo professionista non vengano considerate solamente le condizioni fisiche, ma anche quelle psichiche!
Sinceramente, che senso ha sapere il dosaggio del colesterolo del dipendente X? Non ha forse maggior senso occuparsi del suo stato psico-fisico, nella sua interezza? Avere cognizione delle sue condizioni relazionali, affettive, comportamentali, famigliari?
Chi è Medico, Infermiere o Pilota d’aereo, ha nelle mani, almeno in certe circostanze, la salute e la vita delle persone! Allora perché non pre-occuparsi del suo stato mentale oltreché fisico? Non è forse meglio, per tutti, sospendere dall’attività, magari per pochi mesi, il singolo professionista, piuttosto che rischiare di porre le condizioni per situazioni prone alla tragedia?
German Wings ricorda nulla?
D’altronde chi svolge professioni come la nostra, non può esimersi dal dimostrare le proprie condizioni psico-fisiche; è un diritto-dovere che noi e la società dobbiamo volere!
Abbiamo tempo? No , non ne abbiamo più!! Dobbiamo essere noi Infermieri i primi a esigere che le nostre condizioni vengano valutate da persone competenti! Non attraverso lo “studio” di gruppi omogenei, ma attraverso la valutazione del singolo individuo.
Concludo questa disamina, che richiederebbe un consesso più autorevole, con un piccolo dissenso verso la nostra Presidente Barbara Mangiacavalli, la quale ha posto in evidenza il rischio burn-out, relativo alla nostra professione. Sono assolutamente concorde con lei quando asserisce che questo è un rischio relativo alla nostra professione, dissento quando sostiene che questa potrebbe risultare la causa di certe empietà! Se ho ben inteso!
Credo che chi non riesce a gestire le pressioni lavorative, debba essere posto nelle condizioni di tirare un po’ il fiato fermandosi il tempo necessario, e qui entrano in gioco i meccanismi della valutazione “olistica”.
Piuttosto credo che una componente aggiuntiva, ma determinante, del nostro ben-essere possa risultare l’ambiente famigliare e sociale che ognuno di noi vive quotidianamente!
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