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Infermi di Biella: ortopedici pionieri nella ricostruzione di cartilagini articolari con biotecnologie

di Redazione

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BIELLA. Due professionisti britannici sono giunti nei giorni scorsi dall’Inghilterra per assistere ad uno degli interventi eseguiti da Alberto Siclari. Con circa 450 interventi eseguiti, la Struttura Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale degli Infermi ha la più alta casistica mondiale circa l’utilizzo, nell’ambito delle biotecnologie, della tecnica AMIC (Autologous Membrane Induced Chondrogenesis) per la ricostruzione delle cartilagini articolari.

 

Questa tecnica, unica nel suo genere, è stata inventata nel 2006 dal medico svizzero Behrens. Nel 2007 è stata introdotta dall’ASL BI e perfezionata da Alberto Siclari, Dirigente medico della Struttura Complessa Ortopedia e Traumatologia, e da Gennaro Mascaro, Direttore della Struttura Immunoematologia e Servizio Trasfusionale dell’ASL BI.
Siclari, esecutore di tutti gli interventi realizzati con questa tecnica, è anche lo specialista con la casistica maggiore nel reparto di appartenenza, composto da 5 medici e da un medico consulente, diretti dal primario Eugenio Boux. E’ anche l’unico specialista italiano a far parte del Communication Committee della I.C.R.S. (International Cartilagine Research Society), è autore di 5 pubblicazioni scientifiche sulle più prestigiose riviste mediche internazionali e di oltre 50 tra relazioni a congressi e pubblicazioni su riviste italiane.

La tecnica AMIC è stata introdotta all’ASL BI per interventi sul ginocchio, a fronte del numero elevato di casi di condropatia e cioè di persone affette da sofferenza del tessuto cartilagineo attorno all’osso. Questo tipo di approccio è stato, però, sin da subito esteso anche alle lesioni cartilaginee di caviglia, piede, anca e spalla.
Se nell’ambito della chirurgia tradizionale, la cartilagine veniva ricostruita interamente in laboratorio per poi essere impiantata nell’articolazione, con l’impiego della AMIC la cartilagine viene, di fatto, ricostruita naturalmente dall’organismo del paziente. Ciò avviene attraverso l’uso di gel piastrinico, di un materiale, detto “scaffold”, in grado di fare da impalcatura per la crescita cellulare e, talvolta, con l’uso di cellule mesenchimali prelevate dal bacino del paziente stesso: le cellule staminali dell’individuo, una volta entrate in contatto con questi componenti, trovano così un supporto ideale per crescere e ricostruire la cartilagine danneggiata. Questa tecnica, scarsamente invasiva e poco dolorosa, consente di dimettere la persona operata poche ore dopo l’intervento e di riparare la cartilagine, ricorrendo ad un solo intervento ortopedico in grado di dare risultati eccellenti.
A fronte dell’esperienza che il nosocomio biellese ha già maturato e dell’interesse che questa applicazione sta suscitando tra gli specialisti ortopedici di tutto il mondo, oggi il “degli Infermi” ha ospitato due professionisti britannici, Mike Moss e Alex Emodi, che hanno potuto assistere ad un intervento di impianto cartilagineo con l’impiego della tecnica AMIC. Già nell’Ottobre 2012, una delegazione svedese era stata ospite del nosocomio biellese per approfondire il campo di applicazione delle biotecnologie nei traumi a carico dei legamenti della caviglia esterna.
Spiega Alberto Siclari: «L’applicazione della AMIC può avvenire solo grazie ad un insieme di fattori: la capacità tecnica, unita ad una importante esperienza artroscopica dei chirurghi; un grande lavoro di équipe, per esempio la collaborazione con il Centro Trasfusionale dell’ospedale, indispensabile per fornire gli emocomponenti, quale il gel piastrinico, che è parte fondamentale nel trattamento; la disponibilità di apparecchiature all’avanguardia per gestire, in particolare, le cellule mesenchimali, responsabili della ricostruzione della cartilagine; una Direzione Generale lungimirante che investa in innovazione e ricerca».
La necessaria soddisfazione di questi requisiti fa sì che pochi ospedali abbiano la possibilità di applicare la tecnica AMIC. Attualmente, in tutta Italia, oltre a Biella, questa tecnica viene infatti applicata solo a Bologna. Nel nosocomio biellese confluiscono, pertanto, pazienti provenienti da tutta Italia, per contatto diretto o inviati da specialisti ortopedici di altri ospedali.

Poter riparare i danni alla cartilagine con l’impiego delle biotecnologie è fondamentale, considerando che chi ha un danno alla cartilagine rischia, con il passare del tempo, di dover ricorrere all’impianto di protesi, intervento costoso, invasivo e dal risultato non sempre brillante.
I pazienti operati al “degli Infermi” su cui, invece, è stata utilizzata la tecnica AMIC hanno riferito la scomparsa di ogni sintomatologia e per tutti i casi si è assistito alla ripresa della vita consueta: in genere, dopo 15 giorni dall’intervento, i pazienti abbandonano le stampelle, dopo un mese tornano a camminare normalmente e dopo tre mesi possono riprendere l’attività sportiva. Per verificare la rigenerazione cartilaginea vengono effettuati solitamente 7 controlli ambulatoriali nell’arco dei due anni successivi all’intervento. Gli esami istologi sui pazienti operati hanno dimostrato la ricomparsa di una normale cartilagine nella zona operata. Ciononostante, la tecnica non è indicata per i pazienti al di sopra dei 65 anni di età, in considerazione del fatto che la capacità dell’organismo di rigenerarsi viene sempre meno con il passare dell’età.

Per il futuro, l’obiettivo dell’Ortopedia ospedaliera è mantenere e, possibilmente, implementare l’attività in questo ambito, per soddisfare le richieste sempre più crescenti provenienti dal territorio nazionale; inoltre, proseguire con la nuova tecnica per la ricostruzione del menisco e la riparazione dei legamenti danneggiati con tessuti biocompatibili, in grado di riassorbirsi completamente; proseguire attività, che già viene effettuata con l’Università di Novara e con l’associazione Tessile e Salute, per lo studio di nuovi materiali biotecnologici.
Conclude Eugenio Boux, Direttore della Struttura Complessa Ortopedia e Traumatologia dell’ASL BI: «In campo traumatologico, continua ad essere un obiettivo prioritario il trattamento del paziente anziano con frattura del femore entro le 48 ore, per poter continuare a garantirgli migliori possibilità di recupero; nell’ambito della biotecnologia applicata alla Traumatologia, l’intenzione è anche quella di potenziare l’uso del concentrato midollare nel trattamento delle fratture complesse».
Infine, l’Ospedale degli Infermi proseguirà il progetto di collaborazione tra gli ortopedici dell’ASL BI ed i neurochirurghi dell’Università di Novara presso il nuovo ospedale per il trattamento delle patologie del rachide, rispetto alle quali è previsto anche l’impiego della terapia del dolore, con la collaborazione della Struttura Complessa Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica dell’ASL BI.

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