Il livello di alfabetizzazione, che non sempre coincide con il livello di istruzione, determina gli esiti degli interventi assistenziali.
Health Literacy letteralmente significa “alfabetizzazione sanitaria”. Questo termine è stato introdotto per la prima volta negli anni ’70 con gli studi del Professor Scott K. Simonds negli Stati Uniti che a lungo si è occupato di educazione sanitaria e sanità pubblica.
Nel 1988 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito il termine Health Literacy nel Glossario di Promozione della Salute definendola come le abilità cognitive e sociali che determinano la motivazione e la capacità degli individui di accedere alle informazioni, di comprenderle e utilizzarle in modo da promuovere e mantenere una buona salute.
L’alfabetizzazione alla salute implica il raggiungimento di un livello di conoscenze, abilità personali e fiducia in sé stessi tale da poter agire nel miglioramento della salute individuale e della comunità, attraverso la modifica degli stili di vita individuali e delle condizioni di vita.
Pertanto, il significato di alfabetizzazione alla salute va molto al di là della semplice capacità di leggere opuscoli e richiedere informazioni e consigli. L’alfabetizzazione alla salute è un aspetto fondamentale per l’empowerment, poiché migliora l’accesso degli individui alle informazioni sulla salute e la loro capacità di utilizzarle in modo efficace.
L’alfabetizzazione alla salute dipende a sua volta da livelli più generali di alfabetizzazione: un livello basso di scolarità può incidere direttamente sulla salute degli individui limitando il loro sviluppo personale, sociale e culturale e ostacolando lo sviluppo dell’alfabetizzazione alla salute (WHO Health Promotion Glossary, 1998).
L’European Health Literacy Consortium nel 2012 definisce l’Health Literacy come qualcosa che coinvolge le conoscenze, le motivazioni e le competenze della persona per accedere, comprendere e valutare le informazioni sulla salute per formulare giudizi e prendere quotidianamente decisioni riguardanti l’assistenza sanitaria, la prevenzione delle malattie e promozione della salute per mantenere e migliorare la qualità della vita.
Negli ultimi dieci anni il concetto di alfabetizzazione sanitaria si è guadagnato una notevole attenzione in tutto il mondo e questo per comprendere l’enorme potenziale e la sfida della cultura sanitaria in una società sempre più difficile da interpretare, con sistemi sanitari sempre più complessi, potenziale che può incidere radicalmente sul miglioramento della salute e del benessere.
Per adesso, non esistono in Italia studi sulla Alfabetizzazione Sanitaria, tuttavia molto interessante è citare il programma Programme for the International Assessment of Adult Competencies (PIAAC) ideato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) a cui hanno partecipato 24 paesi nel mondo. In Italia è stato l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (ISFOL) a realizzare l’indagine in
merito svoltasi tra il settembre 2011 e marzo 2012.
L’indagine ha come obiettivo quello di ricavare informazioni sulle competenze fondamentali degli adulti e in particolare sulla lettura (Literacy), sulle abilità logico-matematiche (Numeracy) e sulle competenze collegate alle tecnologie dell’informazione e comunicazione (ICT). Inoltre, per la prima volta in uno studio internazionale, l'indagine PIAAC fornisce indicazioni su come le persone fanno uso delle competenze non solo nella loro vita personale, ma anche durante la loro attività lavorativa.
I risultati sono molto complessi e meriterebbero senza dubbio un approfondimento, ma in sintesi per il nostro paese non sono incoraggianti.
Altro dato da sottolineare è che le competenze diminuiscono con l’avanzare dell’età; è urgente che il tema dell’alfabetizzazione, in una società che fa quotidianamente i conti con l’invecchiamento della popolazione, attiri l’attenzione degli infermieri i quali giocano un ruolo centrale nell’empowerment (processo di crescita che passa per l’autoefficacia) del paziente. La professione infermieristica, infatti, mette in campo professionisti sempre più coinvolti nei processi educativi di autocura, soprattutto nelle patologie croniche che rappresentano una vera e propria “epidemia” dei nostri giorni.
Sembra paradossale e viene da chiedersi come mai nella società dell’informazione, una società apparentemente attenta ai temi della salute e del benessere, in un sistema in cui le informazioni vengono veicolate da ogni genere di canale e che raggiungono ormai ogni cittadino, l’alfabetizzazione sanitaria diventi oggi un argomento di stringente attualità.
Ognuno di noi è quotidianamente sollecitato a seguire comportamenti di vita sani e salutari e, allo stesso tempo, riceve continui inviti a sottoporsi, anche se si è in salute, a tutta una serie di indagini diagnostiche legittimate dalle campagne di prevenzione.
La questione è che l’enorme quantità di informazioni, di fatto, ci disorienta. I sistemi in cui tali informazioni raggiungono ciascuno di noi sono molto più complessi di quanto si pensi e altrettanto complessi sono i nostri sistemi sanitari che nell’ultimo ventennio hanno visto un profondo mutamento.
I sistemi sanitari, paradossalmente, sono sempre più difficili da “navigare” anche per le persone più istruite e le organizzazioni scolastiche spesso non riescono a fornire competenze adeguate per accedere, comprendere e utilizzare le informazioni sanitarie necessarie a migliorare il proprio stato di salute. Questo paradosso ha provocato, di fatto, una crisi della cultura della salute, in Europa come nel resto del mondo.
È quello che è fortemente sottolineato nel progetto della Commissione Europea denominato European Health Literacy Survey avente l’obiettivo di valutare il livello di Heath Literacy dei cittadini dei Paesi membri. Da alcuni risultati è emerso che circa il 46% della popolazione studiata ha livelli di Health Literacy non adeguati a comprendere le informazioni sanitarie. Altri studi hanno dimostrato che un basso livello di Heath Literacy porta a bassi esiti clinici e all’aumento della mortalità.
Le persone che hanno una bassa Health Literacy hanno meno probabilità di ricorrere e accedere ai servizi di prevenzione, hanno una bassa compliance (adesione al trattamento terapeutico) spesso
dovuta alla ridotta comprensione delle prescrizioni mediche, difficoltà nell’autocura soprattutto nei casi di patologie croniche.
Tutto questo incide pesantemente sulla gestione dei ricoveri spesso inadeguati e, di conseguenza, sulla spesa sanitaria. È proprio sulla gestione della malattia cronica che dovremmo soffermarci parlando di Health Literacy, poiché tale gestione richiede che il paziente divenga “esperto”, sviluppi un efficace self-management (autogestione), attui un cambiamento talora radicale del proprio stile di vita.
In questo scenario è innegabile che il professionista infermiere giochi il ruolo centrale in quanto da sempre e per sua stessa natura si occupa di empowerment, di educazione, di presa in carico; parole forse ormai troppo inflazionate oggi e, come spesso accade, svuotate del loro potenziale.
In aggiunta, se non si tiene conto del livello di alfabetizzazione, che non sempre coincide con il livello di istruzione, i nostri processi assistenziali rischiano di risultare fallimentari nel tempo. L’infermiere oggi è chiamato a diventare una figura di riferimento per il cittadino e non solo per chi è affetto da malattie, non solo come interprete o mediatore tra malato e medico.
Si tratta di mettere in campo la ricerca infermieristica, collaborare con le altre discipline sanitarie, produrre e utilizzare le evidenze al fine di adottare strumenti di misurazione della Health Literacy e da qui partire per ottimizzare i nostri percorsi di cura.
In alcune realtà si sta tentando di introdurre strumenti validati a livello internazionale per misurare l’Health Literacy come ad esempio il Newest Vital Sign, cioè un test sviluppato per misurare sia le abilità di lettura che di calcolo molto semplice adatto a tutta la popolazione.
Tutto è in divenire. La sfida è iniziata: non possiamo che cogliere l’occasione e, per quanto ci riguarda, giocare la nostra partita.
W. De Caro M. V Caranzetti, I. Capriati, M. G. Alicastro, S. Angelini, S. Dionisi, L. Lancia, J. Sansoni, “Il concetto di Health Literacy e la sua importanza per la professione infermieristica”, Professioni Infermieristiche, Vol. 68, n. 3, Luglio- Settembre 2015, pag. 133-42 doi: 10.7429/pi.2015.683133
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