Risk management un invito in più occasioni fatto all 'On. Federico Gelli, che sta portando avanti un difficile disegno di legge verso la sua approvazione, è stato quello di fare riferimento a modelli organizzativi della gestione del rischio clinico sostenuti da teorie che siano frutto di un confronto scientifico. Il cittadino è sempre più sicuro!
FIRENZE. Un invito in più occasioni fatto all' On. Federico Gelli, che sta portando avanti un difficile disegno di legge verso la sua approvazione, è stato quello di fare riferimento a modelli organizzativi della gestione del rischio clinico sostenuti da teorie che siano frutto di un confronto scientifico.
Il centro GRC (gestione rischio clinico) ha in questi dieci anni dato un indirizzo organizzativo preciso alla gestione del rischio che è stato generalmente applicato correttamente in Toscana.
Il modello di Gestione del Rischio Clinico adottato in Toscana non deriva dalla creatività di qualche manager ma dall'esperienza derivata dall'osservazione di altre organizzazioni sanitarie (1) e dall'adozione di alcuni principi generali di gestione delle organizzazione cosiddette ad altà affidabilità . Quanto elaborato (2, 3) è stato quindi oggetto di discussione e confronto in numerosi consessi scientifici.
A seguito delle visite svolte in importanti ospedali di vari paesi (USA, Germania, Olanda, Francia, Spagna, Danimarca) ci siamo resi conto che i sistemi di reporting&learning erano esclusivamente gestiti da operatori clinici (medici e infermieri) di prima linea. I meeting di mortalità e morbidità (anche detti "confessional meetings") venivano svolti la mattina presto ogni settimana nei reparti di area clinica. Nei teaching hospitals a questi meetings partecipavano anche altre figure professionali, farmacisti, psicologi, esperti un human factors. Si trattava di prassi ormai consolidate di cui tutti ne riconoscevano l'utilità.
Erano medici e infermieri insieme il motore di questi sistemi alimentato dalle loro segnalazioni e dalle pratiche dell'audit e dei meeting di mortalità e morbidità. Si trattava di strumenti di facile applicazione che dovevano servire per apprendere.
Alla corretta applicazione di questi strumenti contribuivano anche altre figure professionali di area psico-sociali e sanitaria ma tutte con una formazione specifica in ergonomia e fattore umano, come stabilito dal curriculum formativo messo a punto dal WHO.
E' chiaro che, per le funzioni svolte dalle direzioni sanitarie e il ruolo dei medici ed infermieri in esse operanti, non era ipotizzabile un loro coinvolgimento diretto e continuo nel sistemi di reporting&learning, almeno per quanto concerneva il loro uso routinario nei casi più frequenti: azioni insicure, mancati incidenti, incidenti lievi o anche gravi ma senza conseguenze rilevanti per il paziente.
A loro sarebbero giunte le proposte di miglioramento da discutere circa la loro fattibilità e applicabilità.
Diverso è ovviamente il ruolo delle direzioni sanitarie in caso di eventi sentinella, quegli eventi avversi di particolare gravità, di cui vengono immediatamente a conoscenza i media e l'autorità giudiziaria e rispetto ai quali è necessario costituire l'unità di crisi e dare una valida comunicazione aziendale. E' evidente che in questi casi, sicuramente più rari, il ruolo della direzione è importante anche se non deve essere improntato alla ricerca delle responsabilità, ad eccezione di quelle situazione in cui sono evidenti comportamenti dolosi o manifestatamente inosservanti di comuni regole di comportamento.
Queste differenti modalità operative sono state oggetto di numerose osservazioni sul campo per verificarne l'efficacia ma anche l'efficienza del modello (4).
Alla luce di queste considerazioni è nato il modello sintetizzato in figura:
Una linea clinica con un clinical risk manager che coordina il sistema di reporting&learning e in particolare identifica i rischi, li analizza e introduce delle azioni di controllo prima che determinino un danno.
E' ovviamente un sistema di reporting&learning rivolto alla base degli operatori per sviluppare la cultura della sicurezza e misurato mediante la capacità di realizzare audit per eventi significativi e incontri di mortalità e morbidità.
Una linea manageriale, che noi collochiamo nelle direzioni sanitarie di presidio o aziendali, ha invece funzioni più centralizzate di misurazione, valutazione dei risultati e anche di controllo sulla adozione delle pratiche della sicurezza.
In questo caso il lavoro può essere svolto da professionisti di varie aree disciplinari (biomedica, psicosociale e politecnica) purché tutti con una formazione in clinical risk managent con una forte vocazione in ergonomia e fattore umano. In questo caso si tratta di "patient safety manager". I clinical risk manager e i patient safety manager hanno un background culturale comune in ergonomia e fattore umano pur operando in contesti diversi, l'area clinica e quella di direzione.
Questo è il modello che il Centro GRC propone da anni e in cui trovano collocazione tutte le figure professionali che operano nella sanità, non solo medici e infermieri. Siamo consapevoli oggi, Charles Vincent lo affermava in un articolo su BMJ del 2010, che servono per affrontare i problemi complessi della medicina moderna, come nelle scienze climatiche, il contributo di più competenze superando le visioni settoriali e i vincoli della monodisciplinarietà.
Del resto già adesso è osservabile in molte branche della medicina come l'innovazione tecnologica abbia sovrapposte le competenze di radiologi, cardiologi, chirurghi, internisti. Non c'è ombra di dubbio che la tendenza è sempre più quella della transdisciplinarietà su pattern comuni di conoscenza e competenza.
E' quindi fondamentale che l'attuale norma sulla responsabilità professionale debba guardare al futuro se non vuole essere portatrice di una visione culturale già superata appena diventerà operativa. Capisco che i problemi degli infermieri sono anche altri e non solo la gestione del rischio clinico ma sarebbe un grave errore culturale non avere un ruolo in quella che Atul Gawande definisce la più straordinaria novità di questi ultimi quindici anni per il cambiamento dei servizi sanitari: il clinical risk managemt e la patient safety.
(*) Riccardo Tartaglia - Centro Gestione Rischio Clinico Regione Toscana
Riferimenti bibliografici
1. Nuti S, Tartaglia R, Niccolai F. Rischio clinico e sicurezza del paziente. Modelli e soluzioni nel contesto internazionale. Ed. Il Mulino, Bologna 2007
2. Bellandi T, Albolino S, Tartaglia R and BagnaraS. Human Factors and Ergonomics in Patient Safety Management. In Human Factors and Ergonomics in Health Care and Patient Safety, second edition. Boca Raton, Florida (U.S.), CRC Press Taylor & Francis Group, 2012, p. 671-690
3. Bellandi T, Albolino S, Tomassini C. How to create a safety culture in the healthcare system: the experience of the Tuscany Region. Theoretical Issues in Ergonomics Science, 2007; 8(5): 495-507
4. Albolino S, Tartaglia R, Bellandi T et al. Patient safety and Incident Reporting: the point of view of the Italian Healthcare Workers. BMJ qshc 2010;19: 8-12.
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