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dalla redazione

Genova: indagini diagnostiche con tempi biblici di refertazione

di Donatella Varriale

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GENOVA. «Mi spiace ma il suo istologico non è ancora pronto» oppure «No, Signora mi rincresce ma il suo pap test non ci è stato ancora inviato. Ci ricontatti a fine mese». La maggior parte degli infermieri, almeno una volta nella loro carriera avranno pronunciato una frase simile, sentendosi anche in difetto nei confronti della persona che ha appena telefonato o che si è rivolta direttamente a noi, in quanto si fa parte di un sistema che talvolta si inceppa, non funziona correttamente, sebbene in talune circostanze un infermiere non c’entri niente di niente.

All’Asl 3 di Genova frasi simili sono pronunciate spesso. Troppo spesso.

 

Dal prelievo citologico/istologico alla refertazione possono passare mesi interminabili. Per un pap test si può attendere fino a sei mesi o per un istologico anche due mesi e mezzo.

 

È sui tempi che si gioca tutto.

 

In questo modo non solo una persona con una potenziale patologia con diagnosi infausta viene privata della possibilità di prendere una decisione in merito alla sua malattia e agire tempestivamente ma, ciò non fa altro che aumentare il suo stato d’ansia.

 

Persone che attendono il loro referto perché probabilmente hanno un tumore del colon, della vescica, dell’utero e che quindi potrebbero aver bisogno di una radioterapia o una chemioterapia aspettano giorni interminabili sapendo che se il sistema funzionasse meglio potrebbe effettuare una terapia specifica per la propria patologia prima che sia troppo tardi.

 

Alle volte si sprecano anche risorse e denaro perché un utente stufo delle attese e delle false speranze si rivolge ad una struttura privata quando può permettersi di sostenere determinati costi.

 

Inoltre, con dei tempi così lunghi viene a svanire il reale significato della prevenzione secondaria e delle indagini di screening, dato che la prevenzione secondaria è uno strumento importantissimo che aiuta il cittadino, quando se ne avvale, a diagnosticare precocemente una malattia tumorale, senza però ad andare ad evitare o ridurre la stessa. Mentre uno screening è strumento che consente d’eseguire delle indagini diagnostiche su un target di popolazione, suddiviso per sesso e fascia d’età e su tutta la popolazione compresa nei requisiti appena citati.

 

Ma perché accade tutto ciò all’ASL 3 di Genova?

 

I citologici e gli istologici di quest’area, che comprende circa 600.000 abitanti, vengono presi in carico unicamente da due ospedali: il Villa Scassi, nella zona di Sampierdarena, e presso l’Ospedale Antero Micone di Sestri Ponente. Il personale che lavora presso entrambi i presidi è insufficiente, quindi risorse umane, richiesta e tempestività non riescono ad andare di pari passo e si crea un gran buco nell’acqua.

 

Si spera che chi di dovere si svegli e dia un’inversione di marcia a una situazione che non è sostenibile.

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