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Firenze, operazione sperimentale a Torregalli sul femore di un donatore americano

di Redazione

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FIRENZE. Operazione simulata all’ospedale di Torregalli per verificare se si può riparare la frattura di un femore con un intervento mininvasivo, attraverso un accesso insolito. La novità non sta solo nella tecnica sperimentata dal dottor Ferdinando del Prete, ortopedico al San Giovanni di Dio che recentemente ha pubblicato gli incoraggianti risultati del suo studio sulle interleukine come indicatori dei vantaggi della chirurgia mininvasiva rispetto a quella tradizionale.

La novità sta anche nel fatto che il “preparato anatomico” – in altre parole la porzione di corpo umano su cui si esegue l’operazione simulata – è di un donatore americano il quale, prima del decesso, ha dato il consenso alla scienza e alla medicina di servirsi del suo cadavere per fare ricerca.

 

A onor del vero neanche questa è propriamente una novità, ma lo è il fatto che una simile sperimentazione, consueta in strutture private, avvenga in una struttura pubblica com’è il caso dell’ospedale dell’Azienda sanitaria di Firenze.

 

Andiamo con ordine: in Italia c'è un vuoto legislativo in materia. Molti studenti universitari di medicina hanno seguito lezioni assistendo ad autopsie ordinate per accertare le cause di decesso di un individuo. Ma né per motivi di insegnamento, né per motivi di ricerca o sperimentazione è consentito intervenire su un cadavere che sia stato donato. E neppure è possibile, prima del decesso, esprimere una volontà in tal senso, né che siano i familiari rimasti a concederlo.

 

La donazione del proprio corpo per tali attività non è prevista. Per cui la formazione-sperimentazione su “preparati anatomici”, ovvero sia appunto cadaveri o parti di essi donati dal deceduto, viene svolta solo in strutture private debitamente autorizzate che fanno giungere dall’estero quei resti.

 

Si tratta per lo più di Fondazioni in contatto con analoghe fondazioni straniere, le quali, sottostando a tutte le norme internazionali che regolano la materia, inviano su richiesta preparati anatomici, solitamente chiedendo il pagamento delle spese di conservazione, spedizione e per l’utilizzo dei locali adibiti.

 

Tramite un’associazione americana il dottor del Prete ha potuto avere un preparato anatomico donato da un uomo che così si era espresso nelle sue ultime volontà.

 

Raccolte tutte le autorizzazioni per la realizzazione del progetto sperimentale, l’ortopedico del San Giovanni di Dio ha proceduto all’operazione mirata appunto a verificare una nuova modalità di intervento mininvasivo sul femore, un tipo di frattura assai diffusa e spesso con gravi complicazioni soprattutto per gli anziani.

 

Le spese di spedizione, conservazione e successiva cremazione del preparato anatomico sono state sostenute da una ditta che si è resa disponibile. La novità dunque è costituita dal fatto che in Italia tali attività vengono svolte solo in strutture private come quella di Arezzo e questa volta, con l’assenso dell’apposita commissione etica, si è proceduto in una struttura della sanità pubblica.

 

L’utilizzo del corpo post-mortem per finalità di studio, ricerca e formazione è disciplinato dal Regolamento di polizia mortuaria le cui prescrizioni risalgono al regio decreto del 1933. Anche dopo l’entrata in vigore della Legge 91/1999 che ha regolamentato, invece, le attività di espianto e trapianto di organi, restano del tutto assenti norme specifiche sulla manifestazione di volontà in questa direzione. Esistono delle proposte di legge che mirano a colmare il vuoto legislativo sulla scia della normativa vigente in molti Paesi europei, tra i quali Austria, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e a recuperare l’antico prestigio dell’Italia nel campo degli studi anatomici. Da molto tempo a favore di queste norme si è espresso il Collegio italiano dei chirurghi (C.I.C.).

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