Il gruppo di coordinamento Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) dell’ASL BI si è riunito nei giorni scorsi per recepire le ultime indicazioni del Ministero della Salute e della Regione Piemonte in materia di Ebola, ricavando così una procedura che consente all’Azienda di essere pronta a gestire un eventuale, quanto mai improbabile, sospetto caso di Ebola sul proprio territorio di competenza.
Questa procedura contiene una serie di indicazioni sul comportamento da tenere qualora emerga un sospetto fondato di contagio: come, anche a seconda della sintomatologia, effettuare l’anamnesi sul paziente che giunge al Pronto Soccorso, quali precauzioni gli operatori della Sanità devono adottare per proteggere se stessi e gli altri pazienti dall’eventuale rischio di contrarre la malattia e come attivare la macchina organizzativa per il trasferimento del caso sospetto in uno dei centri individuati dalla Regione Piemonte (nel Quadrante nord-est sono l’ospedale di Novara e quello di Vercelli) o all’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma. Il protocollo recita che il trasferimento di un caso conclamato avverrebbe con mezzi attrezzati, messi a disposizione dallo “Spallanzani”, che prelevano il paziente dall’ospedale che lo sta ospitando in quel momento per condurlo nelle strutture individuate, cioè dotate di caratteristiche strutturali tali da poter gestire la situazione.
Francesco D’Aloia, responsabile della Struttura semplice Unità Prevenzione Rischio Infettivo, chiarisce sin da subito che in Italia, e quindi anche nel Biellese, il rischio di osservare casi di Ebola è però molto basso, se non quasi inesistente: «L’Azienda Sanitaria Locale di Biella è pronta per fronteggiare un’eventualità che, ad oggi, è davvero improbabile. In Europa, Ebola non c’è. C’è, invece, il rischio di entrare in contatto con il virus, soggiornando in uno dei tre Paesi africani ben noti alla cronaca: Liberia, Sierra Leone e Guinea. Questo significa che l’unico rischio attualmente presente è che siano i viaggiatori di ritorno da questi tre Paesi a importare la malattia. In questo senso, nell’ambito della prevenzione, è fondamentale il ruolo dell'Ambulatorio dei Viaggiatori Internazionali del Servizio Igiene e Sanità Pubblica del Dipartimento di Prevenzione, che oltre a funzionare come osservatorio permanente, sensibilizza i cittadini che intendono recarsi nelle zone a rischio per poi rientrare in Italia a segnalare i propri spostamenti. Considerato che la patologia si manifesta dopo un periodo di incubazione di 2-21 giorni, un caso sospetto deve aver soggiornato in uno di questi tre Paesi nei 21 giorni precedenti la comparsa dei sintomi».
I sintomi dell’Ebola sono generici: mal di gola, febbre, vomito, dissenteria e, nei casi più compromessi, manifestazioni emorragiche.
Massimo Andreoni, Direttore della Struttura Complessa Malattie Infettive dell’ASL BI, commenta: «Anche se alcuni sintomi possono essere simili a quelli di patologie meno gravi, certamente l’Ebola è una malattia severa per la quale, di fatto, non ci sono terapie, se non di supporto (antibiotici, immissione di liquidi). La mortalità si aggira intorno al 50% e la Medicina sta cercando di individuare alcune soluzioni. Tutto ciò, non deve però spaventare la popolazione; è importante non lasciarsi influenzare da quanto viene riferito dai mass media. In Italia, così come nel resto di Europa, il rischio di contrarre il virus è assai improbabile. Il caso sporadico non deve diventare epidemico. Noi, come Azienda Sanitaria, siamo comunque pronti a fronteggiare un’eventuale emergenza che, ripeto, in questo momento non esiste. Tra l’altro è importante ricordare che la trasmissione del virus non avviene per via aerea, ma entrando in contatto con i liquidi corporei della persona contagiata (sangue, urine, saliva), quindi non si può essere contagiati semplicemente passando accanto a una persona affetta da Ebola».
L’infettivologo Andreoni ricorda, infine, che la possibilità che il virus possa essere importato dai disperati che approdano alle coste italiane tramite i cosiddetti “viaggi della speranza” è quasi pari a zero: «Considerato il periodo di incubazione dalla malattia (2-21 giorni) - spiega il primario dell’ASL BI - la persona contagiata arriverebbe in Italia già morta o in fin di vita; in quest’ultimo caso, verrebbe sin da subito trasferita con mezzi attrezzati in una delle strutture sanitarie idonee ad ospitarla e verrebbero attivati i controlli anche sui compagni di viaggio».
Con l’attivazione del nuovo ospedale, anche Biella potrà essere inserita tra i centri di riferimento regionali per la gestione dei casi.
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