ROMA. Soffrono più dei maschi di problemi alla tiroide (+500%), osteoporosi (+736%), cefalea ed emicrania (123%), sclerosi multipla (+200%), solo per citare alcune malattie. Dai 15 ai 54 anni consumano più farmaci degli uomini, eppure spesso sono escluse dalle sperimentazioni cliniche con conseguenze anche gravi in termini di effetti indesiderati (nelle donne giovani si arriva al doppio) e mancanza di efficacia.
E nel contesto internazionale l'Italia non brilla: nella graduatoria delle pari opportunità in in materia di salute, il Global Gender Gap Report del World Economic Forum mette la Penisola al 72esimo posto al mondo. Di questo si parlerà giovedì 13 marzo a Milano in Regione Lombardia, al convegno 'Tutta cuore e cervello.
La sclerosi laterale amiotrofica in un''ottica di genere', promosso da Istituto neurologico Besta, direzione generale Sanità ed Eupolis. Grazie all'attività di un Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (Cug), "il nostro Istituto - sottolinea Alberto Guglielmo, presidente del Besta - si impegna da 6 anni a tenere alta l'attenzione su questo tema promuovendo questo evento.
Quest'anno il focus è sulla Sla, nella speranza che la ricerca su questa malattia – che colpisce circa 5 mila italiani – nota da più di 150 anni ma di cui sappiamo ancora poco, proceda sempre tenendo ben presenti le diverse caratteristiche ed esigenze di uomini e donne".
L'organismo maschile e quello femminile - spiegano gli addetti ai lavori - rispondono in modo diverso ai farmaci per diversità fisiologiche e anatomiche: le donne pesano meno, hanno una massa grassa maggiore e in generale più difficoltà nell'assorbimento gastrico dei farmaci. Spesso, poi, i sintomi di una stessa malattia possono essere diversi tra uomo e donna. Un esempio tipico è l'infarto: nella donna non si presenta quasi mai con il classico dolore toracico, ma con disturbi simil-influenzali che spesso non vengono riconosciuti (astenia, nausea, vomito, sudorazione profusa, dolore dorsale irradiato a braccia e collo).
Nonostante queste peculiarità, i farmaci sono sperimentati prevalentemente sugli uomini. Una scelta fatta in passato per ragioni etiche, per timore di una gravidanza durante il trial. Gli esperti chiamano però in causa anche ragioni economiche: le donne infatti non sono una categoria omogenea, perché la variabilità ormonale che caratterizza le diverse fasi della loro vita aumenta il numero dei campioni e prolunga la ricerca, gonfiandone i costi. Ma la mancanza di una sperimentazione clinica 'a misura di donna' ha a sua volta un costo: le reazioni avverse ai farmaci dai 35 ai 44 anni sono quasi doppie nelle femmine.
Gli specialisti del Besta ricordano alcuni casi di sperimentazioni 'dispari'. Tra gli anni '70 e '80, per proteggere madri in attesa e nascituri la Fda americana ha escluso le donne dagli studi clinici di fase III, fra cui uno sugli effetti dell'aspirina sulle malattie cardiovascolari in cui furono arruolati 22.071 uomini e nessuna donna. Idem per il Multiple Risk Factor Intervention Trial, condotto tra il 1973 e il 1982 per valutare i legami tra pressione, fumo, colesterolo e malattie coronariche: 12.866 uomini, zero donne. Nel Longitudinal Study sull'invecchiamento del National Institute on Aging di Baltimora (1958-1975) le donne erano escluse nonostante rappresentassero i 2 terzi degli over 65.
Infine, nel 1984 il primo studio sul ruolo degli estrogeni come possibile prevenzione delle malattie cardiache fu condotto solo sugli uomini, con gravi conseguenze in termini di tumori e femminilizzazione.
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