ROMA. La privatizzazione della Croce Rossa italiana muove i primi passi. Il nuovo corso, partito a gennaio, fa discutere. E divide. Da un lato i vertici dell'organizzazione, che definiscono la riforma "un passaggio fondamentale" che renderà la Cri più "dinamica, efficiente e competitiva".
Dall'altro i lavoratori, in particolare i precari, che temono minori garanzie e la perdita del posto di lavoro. E che infatti si ribellano: "L'obiettivo - spiega Massimiliano Gesmini, coordinatore nazionale Usb pubblico impiego Cri - è chiaro ed evidente: licenziare migliaia di dipendenti e svendere beni immobiliari dell'organizzazione".
Punti di vista diametralmente opposti. Per il presidente nazionale di Croce Rossa, Francesco Rocca, la normativa - che prevede dal primo gennaio 2014 la trasformazione di tutti i comitati provinciali e locali di Croce Rossa in associazioni di diritto privato - "nasce da un'esigenza di maggiore dinamismo sul territorio. Il nuovo corso - spiega Rocca - porterà a uno snellimento della burocrazia. E a una maggiore capacità di intervento".
Nelle intenzioni c'è anche la volontà di potenziare la rete sul territorio, soprattutto nelle aree metropolitane. "Il nostro obiettivo - spiega il presidente Cri - è facilitare l'accesso ai servizi. Siamo nel pieno di una crisi economica importante e i bisogni più impellenti sono di carattere socio-assistenziale. I soggetti più colpiti dalla crisi, e vulnerabili, sono gli anziani e le famiglie monoreddito. E' a queste categorie più fragili che guardiamo". I principali servizi che eroga Croce Rossa sono infatti rivolti alle persone in "difficoltà, economica e materiale. E anche psicologica", sottolinea Rocca.
L'organizzazione svolge anche attività sanitarie e sociosanitarie per il Ssn. Cri può infatti partecipare a gare indette da pubbliche amministrazioni e sottoscrivere convenzioni con pubbliche amministrazioni. Ed è proprio sulle convenzioni, in particolare quelle stipulate tra il 2008 e il 2011, che l'Usb vuole vederci chiaro. Lo scorso 9 luglio il coordinatore nazionale Gesmini ha presentato un esposto-denuncia alla Guardia di Finanza di Roma in cui spiega che "la Cri per adempiere agli obblighi discendenti dalle varie convenzioni stipulate utilizza dipendenti a tempo indeterminato, a tempo determinato o personale assunto tramite agenzie interinali".
Ebbene - si legge nell'esposto in possesso dell'Adnkronos Salute - seppure "gli emolumenti per i dipendenti a tempo indeterminato vengono finanziati dallo Stato, è prassi che la Cri imponga ai vari comitati regionali, provinciali e locali che stipulano convenzioni, di richiedere un rimborso da erogare al comitato centrale della Cri, anche quando venga utilizzato personale a tempo indeterminato per onorare le convenzioni medesime".
"Questi rimborsi - denuncia Gesmini - a cui difficilmente i vari comitati periferici Cri riescono a far fronte con proprie risorse economiche sono, presumibilmente, resi possibile 'caricando' i costi del personale a tempo indeterminato sugli accordi economici che la Cri sottoscrive con tutti quei soggetti con cui stipula convenzioni". "Tali rimborsi - denuncia il sindacalista - avrebbero portato nelle casse della Cri, stando a quanto riportato nei rendiconti generali consolidati degli anni 2008, 2009, 2010, 2011, un importo pari a 64.377.133,21 euro".
Intanto, tra i dipendenti Cri cresce il malcontento. E sale la tensione. Mercoledì scorso a Roma 30 lavoratori, in gran parte precari, sono saliti in cima ai ponteggi della palazzina di via Ramazzini, che ospita il Centro di educazione motoria. Motivo della protesta: il passaggio da un contratto di natura pubblica a uno di natura privata, il contratto Anpas, che - a detta dell'Unione sindacale di base (Usb) pubblico impiego - non solo "non garantisce il dovuto processo di stabilizzazione del personale a tempo determinato, ma nemmeno, più in generale, i livelli occupazionali e quelli salariali".
"Se i lavoratori perderanno lo status di dipendenti pubblici - spiega Gesmini - le garanzie saranno prossime allo zero. I lavoratori che si vedranno costretti a scegliere di rimanere nella 'nuova' associazione avranno non solo meno garanzie, ma anche salari certamente più bassi, con il relativo rischio di essere messi alla porta per applicazione di contratti capestro che non prevedranno nessuna tutela di natura sindacale e occupazionale".
Di tutt'altro avviso il presidente Cri, Rocca. "Per quanto riguarda il personale a tempo indeterminato è aperto un tavolo alla Funzione pubblica dove verrà stabilito il numero dei lavoratori che dovranno spostarsi presso altre pubbliche amministrazioni. I dipendenti con contratti a tempo determinato, legati alle convenzioni, saranno invece assorbiti all'interno dei comitati locali in cui hanno prestato servizio". Poche speranze, invece, per quei lavoratori assunti nell'ambito delle convenzioni che non sono state rinnovate. "Se un ente ci toglie un servizio e lo affida a terzi - spiega Rocca - i riflessi sui lavoratori, purtroppo, sono immediati. Ma questo - precisa - succede adesso e succedeva prima della riforma".
Polemiche a parte, va sottolineato il ruolo prezioso di Croce Rossa. ll decreto legislativo 178 del 2012 autorizza l'organizzazione ad esercitare numerose attività di interesse pubblico. Tra queste: "collaborare con le società di Croce rossa e di Mezzaluna Rossa degli altri paesi; svolgere attività umanitarie presso i centri per l'identificazione e l'espulsione di immigrati stranieri; svolgere attività ausiliaria delle Forze Armate, in Italia e all'estero, in tempo di pace o di grave crisi internazionale; agire quale struttura operativa del servizio nazionale di protezione civile; promuovere e diffondere, nel rispetto della normativa vigente, l'educazione sanitaria, la cultura della protezione civile e dell'assistenza alla persona".
E ancora: "svolgere, nell'ambito della programmazione regionale e in conformità alle disposizioni emanate dalle Regioni, attività di formazione professionale, di formazione sociale, sanitaria e sociosanitaria; svolgere attività con i più giovani e in favore dei più giovani, anche attraverso attività formative presso le scuole di ogni ordine e grado; diffondere e promuovere i principi e gli istituti del diritto internazionale umanitario; promuovere la diffusione della coscienza trasfusionale e della cultura della donazione di sangue, organi e tessuti tra la popolazione e organizzare i donatori volontari".
La natura strettamente pubblica di certe attività sta facendo riflettere i vertici dell'organizzazione, sull'opportunità di 'privatizzare' tutto. "Va fatto un ragionamento - conclude il presidente Rocca - su alcune funzioni essenziali, ad esempio il nostro supporto alla protezione civile e alle Forze armate. Queste funzioni, che sono di interesse pubblico, è bene che mantengano un carattere, appunto, pubblico".
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