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Con Ebola in Europa, Infermieri italiani i più esposti al contagio

di Rosario Scotto di Vetta

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Il primo caso di infezione di Ebola in Europa è toccato proprio a un'infermiera. Solo adesso e solo davanti all’Ospedale Carlo III di Madrid, infermieri e altro personale sanitario stanno manifestando, denunciando di non aver ricevuto una formazione adeguata all’emergenza. E non basteranno le dimissioni del ministero della Sanità, Ana Mato, per mettere in sicurezza la penisola iberica e l’Europa.

 

 

Il sistema sanitario spagnolo non è di certo peggio di quello italiano, qui dove tutto è mercificato, il virus Ebola avrà alte probabilità di espandersi. Il virus è entrato in Europa e di certo non morirà per inedia. A questo punto meglio diffidare dalle parole rassicuranti delle istituzioni italiane ed europee atte solo a contenere le paure della popolazione. Meglio tenere alta la guardia anche se l’unico timore è che i governi non hanno ancora elaborato un piano di emergenza.

 

Gli infermieri in spagna adesso alzano la voce, manifestano e vanno duri al punto del problema insieme ai sindacati di categoria: “Non hanno ricevuto formazione adeguata per trattare questo tipo di pazienti”. Il governo spagnolo improvvisa, mentre quello italiano addirittura resta a guardare. Bruxelles, fin ora sicuro della bassa possibilità di contagio in Europa, si meraviglia e ipotizza una falla nel sistema sanitario spagnolo chiedendo chiarimenti.

 

La verità è che il virus Ebola, non appena riuscirà a sfondare le barriere di un sistema fatiscente come quello europeo, con il contatto potrà arrivare a milioni di potenziali infezioni in pochi giorni. Le mutazioni del virus sono l’incubo degli infettivologi che, seppur bassa come probabilità, aumenta con il numero dei contagi. Per debellare il virus l’unica strada è quella di eradicare Ebola dall’origine o sperimentando un vaccino funzionante altrimenti l’Europa prima o poi si ritroverà in casa un’epidemia voluta.

  

Gli operatori sanitari, gli infermieri in primis, sono la categoria più esposta al contagio. In Italia, in vista anche delle elezioni dei singoli Collegi IPASVI, i presidenti che rappresentano la categoria, coloro che dovrebbero accanirsi contro l’immobilità dello Stato, si stanno solo concentrando a organizzare i “Festival dell’infermieristica” con convegni su convegni come se tutto vada per il meglio. Si pubblicano foto, commenti, saluti, facendo capire che tutto sommato gli infermieri italiani sono degli appagati professionisti.

 

L’Europa ha chiesto di tagliare le spese improduttive come quelle della sanità pubblica. L’Italia, nazione modello e diligente, l’ha fatto. Così anche la Spagna, tagliando e risparmiando sul costo del personale sanitario specializzato.

 

Forse non è stato molto intelligente rimpatriare persone infette da Ebola. Un errore grave, un gesto politico ma senza nessuna base logica dal punto di vista sanitario. La Spagna non ha strutture adatte a gestire questo tipo di emergenza che necessita di un livello di sicurezza "quattro". L’ospedale Carlos III di Madrid arriva solo a livello di sicurezza tre e probabilmente i dispositivi di protezione usati dagli operatori sanitari non raggiungevano il livello due.

 

In Italia sono poche le strutture adeguate, forse solo lo Spallanzani di Roma o qualche altro ospedale lombardo. A scarseggiare è anche il personale adeguatamente preparato: nessun infermiere, medico o altro è stato preparato e informato dalle Aziende Sanitarie sul territorio italiano sulla pericolosità di Ebola e su come intervenire sui pazienti con sospetto contagio.

 

Mercoledì 8 ottobre si è riunito il comitato per la sicurezza sanitaria europea per discutere dell’emergenza. Il ministro della salute Beatrice Lorenzin, dopo il caso spagnolo, indietreggia e accusa “i tagli lineari al servizio sanitario nazionale mettono a rischio anche i controlli per la sicurezza”. Mai che si prendesse qualche responsabilità, mai. Le criticità evidenziate nella gestione dell’epidemia sono due: la prima è l’evacuazione dei cooperanti infetti perché in Europa quasi nessuno ha strutture adeguate, la seconda la tracciabilità degli spostamenti dei non infetti. 

 

Eppur qualcosa si muove. Realizzare strutture in grado di accogliere malati africani e europei in Africa? Ebbene sì, ministro Lorenzin. Facciamolo. Adesso. 

 

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