Nessuna giustificazione per atti di tale rilevanza, ma Mangiacavalli auspica una profonda analisi delle condizioni di lavoro per prevenire stress e burnout.
ROMA. Fatti come quelli emersi oggi, con l'accusa di omicidio volontario continuato di 13 persone nei confronti di un'infermiera in servizio presso l'ospedale di Piombino, una volta accertati non devono lasciare spazio ad alcuna giustificazione e devono essere puniti, giuridicamente e deontologicamente.
Così Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI, interviene sui recenti fatti di cronaca che, se confermati, determinerebbero una pagina nera per la professione infermieristica.
Oltre a prendere le dovute distanze dai fatti di cui è accusata l'infermiera di Piombino, Mangiacavalli espone delle considerazioni che l'organizzazione e gli organizzatori del servizio sanitario pubblico dovrebbero valutare attentamente.
“Se i fatti saranno confermati – dichiara appunto Mangiacavalli - al di là della necessità tanto ovvia quanto assoluta che non si ripetano, è prioritario comprendere come mai cose del genere hanno come protagonisti a volte gli infermieri. La nostra è una professione delicata, la più delicata, visto che siamo accanto ai pazienti 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno e dobbiamo farci carico professionalmente, ma anche umanamente delle loro sofferenze e dei loro bisogni. In queste condizioni se accade che qualcosa che spezzi l’equilibrio necessario a svolgere tale compito e il professionista sia sottoposto a stress eccessivo e condizioni emotive particolari, nei più fragili si hanno effetti a volte dirompenti".
"Le condizioni di lavoro spesso - continua la presidente - non aiutano a mantenere l’equilibrio necessario alla nostra professione e questo dovrebbe essere chiaro a chi gestisce l’organizzazione: le Regioni e, in primis, il Ministero della Salute. Sarebbe necessario organizzare – propone Mangiacavalli – gruppi di prevenzione del burnout per non lasciare abbandonato a se stesso chi opera in situazioni limite, evitando così che si raggiungano livelli di stress intollerabili che sfociano in reazioni altrettanto intollerabili. Evidentemente in casi come questo l’ambiente di lavoro non è stato in grado di cogliere subito il disagio che via via si stava accumulando".
"Valuti bene chi gestisce le conseguenze che si possono avere non solo sui servizi, ma, soprattutto, nei confronti dei professionisti e dei pazienti, senza regole che assistano anche chi assiste”, conclude.
A riguardo è intervenuta anche Annalisa Silvestro, senatrice e membro del Comitato centrale della Federazione IPASVI, la quale ha tenuto a manifestare la sua più sentita vicinanza alle famiglie delle vittime.
"Sento parimenti la necessità di ribadire quanto già detto dalla presidente - continua Silvestro - e mi chiedo che cosa dovrà ancora accadere prima che ci si decida a prendere atto di quanto sia difficile e complessa la professione e l'assistenza infermieristica. Prima che ci si decida a prendere atto che fra le professioni sanitarie è quella che maggiormente deve essere sostenuta e valorizzata perché si fa carico, per mandato professionale e istituzionale, delle criticità cliniche degli assistiti, dei loro bisogni assistenziali e delle loro tensioni e difficoltà psicologiche e sociali".
Così come Mangiacavalli, anche Silvestro propone accoratamente che le strutture sanitarie e socio sanitarie mettano in atto "misure necessarie per prevenire picchi intollerabili di stress nei professionisti e facciano in modo che gli ambienti di lavoro abbiano sistemi di "alert" rispetto a situazioni assistenziali e organizzative pesanti e che possono produrre esisti nefasti".
"Si faccia carico il Ministero della Salute di quanto necessita agli infermieri per meglio e più serenamente assistere evitando proclami che non affrontano ne aiutano la prevenzione e risoluzione di eventi tanto drammatici”, chiosa Silvestro.
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