L’assessore alla Sanità lombarda volerà in Sudamerica per rastrellare risorse professionali per la sua regione. Le grandi fabbriche della salute hanno bisogno di manodopera e si va a cercarla altrove, nei fatti impoverendo di capitale umano i territori selezionati. Si chiama brain drain, ed è accaduto già a spese delle regioni del Sud Italia durante la fase più alta dell’industrializzazione del paese. Quanto questo abbia portato vantaggi e ricchezza ai più è da sempre oggetto di studio. Il dato certo è che rappresenta un modello di intervento e di sviluppo, parziale e finalizzato a favorire qualcuno a danno di altri.
Lungi da chi a difesa delle proprie rendite di posizione non prende posizione
La salute collettiva è la risultante di una globalità di fattori che riguardano l’istruzione e il reddito, l’occupazione e l’ambiente, la previdenza, la casa, i trasporti e molto altro ancora.
Intanto, però, a sollevare la voce in difesa della sanità italiana arriva l’appello di 14 eminenti scienziati che sottolineano come ormai siano molteplici gli indicatori che mostrano la gravità dello stato di salute del paese, e del suo welfare in generale.
I firmatari dell’appello si rivolgono al governo Meloni per arrestare un definanziamento pericoloso che rischia di essere il colpo di grazia del sistema, ed in questo sorreggono con dati importanti la loro richiesta.
Fanno notare l’aumento delle disuguaglianze sociali , la carenza di personale e di servizi, l’allungamento delle liste di attesa e il mancato aggiornamento delle attrezzature scientifiche nonché dell’adeguamento dell’edilizia ospedaliera.
Tutto questo, e molto altro ancora, in un paese dove il tasso di obesità e sovrappeso infantili – gravi indicatori della salute collettiva – sono fra i peggiori d’Europa. Senza dimenticare poi la prevenzione e la promozione, e come il territorio e la gestione della cronicità necessitino di risorse ulteriori rispetto a quelle asfittiche stanziate.
I più informati in materia di economia e sanità possono ravvisare, nell’appello fatto, la denuncia ennesima della strategia nota con il nome di “strozzare nella culla il bambino ”, tipica dei Chicago Boys, gli ultraliberisti dell’epoca reaganiana degli anni ’80, che consideravano (e continuano a farlo) il welfare come uno strumento di profitto più che di sviluppo .
L’appello degli scienziati ha suscitato reazioni di vario tipo e fra queste anche quella della Presidente della Fnopi che, in un comunicato, ha affermato di condividere le puntualizzazioni degli scienziati, pur apprezzando gli sforzi messi in campo dal Ministro della Salute per migliorare il sistema, anche se non viene poi specificato quali siano tali sforzi, in che direzione e con quali le ricadute; e se sono stati, ad esempio, finalizzati a lenire la spesa per la sanità privata cresciuta enormemente a carico delle famiglie.
Il Ministro poi, dal canto suo, controbatte all’appello sostenendo che la spesa sanitaria messa in campo dall’attuale governo è fra le più alte degli ultimi anni, dimenticandosi però di entrare nel merito delle questioni sollevate, mancando così di dare, concretamente, una risposta ai milioni di cittadini che per motivi di reddito rinunciano a prestazioni diagnostiche o curative.
E questo accade in un’Italia che - ha fatto notare quasi in contemporanea Carlo Trigiglia -, dopo gli USA è il paese il quale si avvicina maggiormente all’iniquo modello statunitense di accesso ai servizi, regolato in base alla classe sociale di appartenenza; cioè in base alla ricchezza.
La differenza però sta nel fatto che l’Italia ha – ancora – una sanità pubblica, molto diversa da quella statunitense la quale non è certo l’esempio di tutela della salute e di democrazia diffusa da prendere a modello.
E la questione dei modelli di riferimento , che devono essere cambiati, è però sollevata dalla stessa presidente della Fnopi, in relazione in particolare alla valorizzazione della professione infermieristica verso cui le risorse da mobilitare dovrebbero essere ben allocate. Bene!
Una puntualizzazione giusta che rischia però apparire come un atto dovuto in un mondo dove ognuno cerca di tirare l’acqua al suo mulino, nella consapevolezza che non sempre una visione particolaristica e corporativa della società può essere utile a risolvere i problemi, specie se questa non ha nulla da dire ai governi che quegli stessi problemi li alimentano.
Infatti, non basta aumentare il numero degli infermieri, lo stipendio, le competenze e la stessa stratificazione professionale, per avere un migliore sistema sanitario . Non basta neanche correre dietro a modelli di vario tipo.
Le scelte da fare partono da un’analisi delle risorse da impiegare, ma poi si pongono lungo una prospettiva di sviluppo sociale con precisi e specifici obiettivi. E questi, nell’appello dei quattordici scienziati sono ben chiari e rappresentano la tutela della salute pubblica , con riguardo verso i più bisognosi, con l’indirizzo di costruire una società equa e giusta, con l’assunto che la salute collettiva è la risultante di una globalità di fattori che riguardano l’istruzione e il reddito, l’occupazione e l’ambiente, la previdenza, la casa, i trasporti e molto altro ancora.
In una parola quello che viene chiamato stato sociale e che mira al benessere collettivo e alla sicurezza dei più bisognosi. Un obiettivo di crescita, di progresso di solidarietà, verso il quale ogni governo – democratico - dovrebbe volgere lo sguardo altrimenti a cosa serve quel governo? O meglio, a chi rende omaggio? Ai soliti signori della poltrona e del portafoglio?
Lungi da queste righe mettersi a fare della retorica a buon prezzo, al pari di coloro che dicono che va tutto bene o che, a difesa delle proprie rendite di posizione… non prendono posizione . Ma qualcosa in più va detta.
E questa può essere riferita, come ulteriore elemento di riflessione, prendendo ad esempio quanto affermato da Maurizio del Conte, Professore di diritto del lavoro all’Università Bocconi di Milano, durante un servizio su Rai News 24.
Le sue parole sono state richieste a commento della disposizione del Tribunale di Milano che ha messo in amministrazione straordinaria la Giorgio Armani Operations per sfruttamento del lavoro (caporalato). Il professore ha sostanzialmente sottolineato il fatto che se si combatte il caporalato, nei fatti, si dà una mano alla salute dei lavoratori.
Per il momento ci si può fermare qui, senza dimenticare un plauso verso l’appello degli 14 scienziati, fra i quali c’è anche la collega infermiera, professore ordinario e vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità, Paola Di Giulio . Quello redatto è un appello da diffondere, da far proprio, da sostenere ovunque e finché la salute collettiva non torni ad essere un patrimonio da tutelare, sostenere e ampliare. Non ci sono alternative .
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