Il segretario provinciale della Fials Bologna Alfredo Sepe è stato condannato per diffamazione nei confronti del direttore responsabile di Nurse24.it, Ferdinando Iacuaniello. Sepe, che si era appellato alla sentenza di primo grado, dovrà pagare oltre alle spese del secondo grado di giudizio 600 euro di multa, 4mila euro di risarcimento del danno e il pagamento delle spese legali e processuali del primo grado.
Diffamazione: Alfredo Sepe, Corte d’appello conferma condanna
Seduto sul water, mentre si sforza di andare in bagno e attacca chi la pensa diversamente da lui. Non era certo una bella immagine di sé, né della Fials, che aveva dato Alfredo Sepe attraverso un video pubblicato sui social network.
La diatriba era nata da un editoriale in cui Iacuaniello attaccava i sindacalisti che si buttano in politica per rappresentare gli infermieri nei collegi (oggi ordini), quando in realtà non hanno la laurea in infermieristica, ma sono solo oss, operatori socio sanitari.
Sepe è stato dunque condannato dalla Corte di Appello di Bologna in secondo grado per diffamazione (reato previsto e punito dal codice penale, ndr.) nei confronti di Ferdinando Iacuaniello, Direttore responsabile di Nurse24.it, costituitosi parte civile.
Speravo che la sentenza di primo grado servisse da lezione e invece nulla è cambiato. Nessun pentimento, peccato. Ammettere i propri errori è un segnale di maturazione. Continuo a pensare che i social network siano un grande strumento, ma vanno usati responsabilmente.
Mi auguro - ancora una volta - che il sindacato riveda la propria posizione sulla vicenda e valuti l'idea di riconsiderare la condotta di alcuni dei suoi esponenti.
La condanna, arrivata dalla Corte d'appello di Bologna nella mattinata di martedì 30 novembre, conferma quella di primo grado. Nello specidico: a 600 euro di multa più 4mila euro quale risarcimento del danno a Iacuaniello - difeso dal legale Davide Grassi del foro di Rimini - al pagamento delle spese legali e processuali (di primo e secondo grado). Ero fiducioso nella conferma della sentenza di primo grado. Quindi, non posso che esserne soddisfatto. Abbiamo così un’ulteriore conferma - spiega Grassi - che all’epoca si superò quel limite all’esercizio del diritto di critica che è costituito dalla correttezza ed dalla adeguatezza delle espressioni utilizzate.
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