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Il Collegio IPASVI di Siena e il sindacato Fni-Csi Sicilia intervengono sui recenti fatti di cronaca che hanno visto l’aggressione di un infermiere in servizio, dal Nord al Sud.
Alla luce dei recenti fatti di cronaca che si sono verificati nel pronto soccorso di Campostaggia e che hanno coinvolto un infermiere durante lo svolgimento regolare del suo servizio il collegio IPASVI Siena intende esprimere innanzitutto piena solidarietà al collega che è stato oggetto di un’ingiustificabile aggressione da parte di un paziente, secondariamente vuole sottoporre all’attenzione dell’opinione pubblica una riflessione più ampia sulle aggressioni che gli operatori sanitari spesso subiscono sul luogo di lavoro e che la stessa World Health Organization riconosce come un problema da non sottovalutare.
Purtroppo diffusa in tutti gli ambiti lavorativi, e tragicamente in continua crescita, la violenza nei confronti dei sanitari, è la più comune. Si valuta infatti che in pochi anni tra tutte le aggressioni operate durante il lavoro, quelle nel settore sanitario sono salite complessivamente dal 25% al 50%.

Continuano le aggressioni agli operatori sanitari in Italia
Se la sanità è il settore più interessato, gli infermieri rappresentano i "lavoratori" più colpiti e quelli del Pronto Soccorso, soprattutto se impegnati nell'attività di triage, sono in assoluto i più esposti.
La letteratura internazionale sull’argomento mette in evidenza le preoccupanti dimensioni del fenomeno, che rimane comunque tendenzialmente sottostimato a causa della scarsa propensione nel denunciare gli episodi di violenza da parte degli infermieri, consapevoli che hanno a che fare con utenti (pazienti e loro cari) sottoposti a situazioni stressanti.
“Ogni forma di aggressione fisica, verbale o comportamentale – commenta il presidente del Collegio IPASVI Siena, Michele Aurigi - è assolutamente deprecabile in ogni ambiente e in ogni situazione. L’Operatore Sanitario si prende cura della persona,della sua salute ed è sempre a fianco del cittadino. Ci auguriamo che episodi del genere non debbono più accadere. Al collega vittima di questo episodio il mio abbraccio personale e un augurio di pronta guarigione”.
Restando in tema d aggressioni, riceviamo anche la nota del sindacato Fsi-Cni Sicilia, a firma del segretario Calogero Coniglio.
E’ ormai ordinario apprendere dalla stampa notizie di infermieri, medici e personale sanitario vittime di violente aggressioni nei pronto soccorsi siciliani. L'ultimo caso ieri al Policlinico di Palermo: un uomo ha spinto violentemente contro il muro la dottoressa ed ha preso a pugni l’infermiera. L'aggressione si è conclusa grazie all’intervento di altro personale: l'aggressore è stato poi sottoposto a Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) e quindi ricoverato al Civico.
Dopo la denuncia e la richiesta di un incontro urgente avanzata il 6 giugno scorso al Prefetto di Catania, la Fsi-Cni Sicilia, Coordinamento Nazionale Infermieri aderente alla Federazione Sindacati Indipendenti, per l'aggressione avvenuta al pronto soccorso dell'ospedale di Paternò, continua la sua battaglia a garanzia della sicurezza per il personale sanitario.
Presentata questa mattina una nuova richiesta di intervento e incontro al Prefetto di Palermo e al sindaco Leoluca Orlando per discutere sull’emergenza sicurezza negli ospedali palermitani, già presentata l’1 luglio 2014 scorso, andata senza esito.
Dal 2014 ad oggi, numerosi sono stati i casi di aggressione negli ospedali palermitani. Il 25 luglio 2014 al Pronto soccorso di Villa Sofia: a farne le spese furono un medico e un infermiere, aggrediti da un giovane di 23 anni arrivato nell'area di emergenza nella notte e poi bloccato dalla polizia. Il giovane, secondo la ricostruzione dei medici, era ubriaco e ha aggredito il personale: all'infermiere ha rotto gli occhiali, il medico ha riportato una contusione.
Il 5 maggio 2015, altro caso. Il paziente stanco di aspettare il posto letto, andò in escandescenze. Entrato nella sala visite, ribaltò la scrivania, distruggendo un computer e scagliandosi contro un medico, procurandogli ferite e contusioni. L'ospedale Villa Sofia - Cervello, a differenza del Civico, non ha un presidio fisso delle forze dell'ordine.
Ennesimo episodio accaduto il 18 maggio 2016 all'ospedale Di Cristina, in cui un pediatra è stato aggredito dal padre di un piccolo paziente in attesa di una visita in consulenza da fare in un altro reparto.
"Potremmo fare un dossier di centinaia di pagine - commenta Calogero Coniglio, segretario territoriale regionale Fsi-Cni Sicilia - senza considerare minacce verbali, spintoni e spallate che sono all’ordine del giorno e deteriorano lo stato psico-fisico degli operatori con le relative conseguenze per la loro salute. Senza dimenticare che, con un clima eccessivo di tensione, si rischia di commettere errori di malpractice. La dinamica è sempre la stessa: c’è il sovraffollamento, i pazienti restano a lungo sulle barelle, molti familiari protestano o si lamentano civilmente, una minoranza invece prova a picchiare gli operatori che ovviamente non hanno responsabilità. In altri casi invece sono pazienti con problemi di etilismo o di tossicodipendenza ad alzare le mani"
“Il nostro appello è rivolto anche ai rispettivi sindaci – continua Coniglio - In base infatti a quanto stabilito dagli artt. 3 e 14 del D.L.vo 229/99 che prevedono una Conferenza dei Sindaci per la Sanità, le istituzioni locali concorrono alla definizione degli indirizzi e della programmazione delle attività sanitarie e sociosanitarie al fine di soddisfare le esigenze dei cittadini”.
"Molti sforzi ha fatto la nostra organizzazione sindacale - commenta Antonio Di Martino dirigente sindacale FSI referente per Palermo - su tutto il territorio nazionale e livello regionale in Sicilia per descrivere e spiegare il problema delle aggressioni al personale sanitario, ma vi è ancora molto da fare. Per ridurre le aggressioni, sarebbe opportuno un programma di prevenzione valutando i rischi nei luoghi di lavoro, formando il personale con particolare attenzione alle competenze comunicative e informando l’utenza dell’esistenza di una politica aziendale di tolleranza zero alle aggressioni, che aziende sanitarie, assessorato regionale della salute e istituzioni competenti non adempiono".
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