Legge 194/78 e infermieri tra diritto alla salute e diritto all’obiezione di coscienza, l'Italia ancora una volta fuori legge sulla questione
REDAZIONE. Ci vollero anni prima che il diritto all'aborto venisse riconosciuto e tante manifestazioni in tutta la penisola fino ad arrivare alla Legge 194/78 che consentì alla donna di abortire per motivi di salute, economici, sociali o familiari entro i primi 90 giorni di gestazione.
Oggi in Italia il 70% di infermieri e medici sono obiettori di coscienza come riconosciuto dall'art. 9 della suddetta normativa e nelle regioni meridionali la percentuale sale fino a sfiorare il 90%.
Numeri che mettono in risalto un problema nella tutela della salute e dei diritti della donna venendo meno anche alla normativa europea in tale materia.
Tutto questo ha visto prosperare attività illecite, in luoghi pericolosi per la salute. Purtroppo esistono delle situazioni davvero drammatiche che riguardano le donne che vengono trattate in maniera poco convenzionale dal personale sanitario e che hanno ripercussioni fisiche e psicologiche che si protraggono nel tempo solo perché pretendono un diritto riconosciuto dalla legge.
Nel nostro paese, movimenti etici, religiosi e politici (radicali e movimento per la vita su tutti) per anni si sono dibattuti pubblicamente, chiedendo in alcuni casi l’opinione dei cittadini attraverso il referendum abrogativo del 1981 che fu un plebiscito a favore del mantenimento dell’interruzione volontaria di gravidanza. Movimenti che ancora oggi continuano a discutere sulla questione dell’aborto che rimane un diritto acquisito da tante decadi.
Ma l’infermiere in questo contesto che ruolo ha?Ci viene in aiuto il codice deontologico in diversi articoli:
-dobbiamo garantire il diritto alla salute principalmente (art.6);
-orientare l’azione al bene dell’assistito e quindi attivare tutte le risorse per raggiungere quest’obiettivo (art.7);
-trovare soluzioni attraverso il dialogo nel caso di diverse visioni etiche (art.8).
Ma l’infermiere non è un automa ed ha delle visioni etiche, religiose, prova dei sentimenti. Inoltre l’aborto è un intervento chirurgico vero e proprio e siamo noi i professionisti di prossimità, i più vicini ai bisogni delle donne che devono essere accompagnate in tutte le fasi di questo delicato processo, attivando tutte le figure coinvolte, il case manager che segue e coordina tutte le fasi.
Altra funzione della nostra professione riguarda la contraccezione, per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili, ma soprattutto per evitare in alcune donne, la difficile scelta dell'interruzione di gravidanza.
Far conoscere i metodi contraccettivi ai più giovani ma anche agli adulti, nelle scuole, nei centri ricreativi, nelle farmacie e parafarmacie, negli ambulatori infermieristici, medici e quelli che riguardano la riabilitazione. Organizzare campagne pubblicitarie, educando sia donne che uomini di tutte le età soprattutto in quelle regioni e in quelle famiglie dove discutere di questi temi rappresenta ancora un tabù, per usi e costumi o per l’ignoranza in tale tema.
L’infermiere obiettore di coscienza che si rifiuta di prestare un’opera professionale per motivi religiosi, che ricordiamolo ha un rilievo pubblico, può causare disagio e dolore a donne che con quel credo religioso non hanno nulla in comune, ponendo il dilemma etico del rifiuto all'assistenza. Assistenza che dovrebbe essere riconosciuta in maniera universale in uno Stato laico a tutti.
L’aborto è un diritto e un diritto non può essere altro. O lo è o non lo è. Un diritto non toglie, ma aggiunge. Non separa ma unisce.
Una proposta che vada in direzione del rispetto di tutti gli attori potrebbe essere la modifica della legislazione che riguarda l’obiezione di coscienza nel senso di inserire una percentuale soglia per ogni azienda pubblica che garantisca le ragioni dei sanitari da un lato e quelle delle tante donne e famiglie dall'altro.
Nurse24.it è vicino alle donne e agli infermieri per scegliere e far scegliere. E voi come la pensate? Scrivete a: direttore@nurse24.it.
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