Siamo strumenti di relazione che possono anche andare in crisi, soprattutto quando vi è un conflitto che nasce da un contrasto tra “Bisogni”
FIRENZE. Come ricorda uno studioso americano, Alan Christensen, il ruolo di paziente implica, anzi richiede la perdita di molte libertà comportamentali e la cessione di esse al medico o all'ospedale. Ai pazienti viene chiesto di abbandonare il controllo su molti aspetti centrali della vita quotidiana per dei lunghi periodi.
Nel caso di pazienti ambulatoriali le richieste includono restrizioni della dieta, dell'attività fisica; cancellazione di viaggi già pianificati, di programmi di lavoro, di impegni sociali; e in più vengono prescritti farmaci oltre a numerose sgradevoli o dolorose indagini diagnostiche.
Nel caso del paziente ospedalizzato le restrizioni delle libertà comportamentali sono ancora peggiori: gli viene detto quando e cosa deve mangiare, che indumenti deve o non deve indossare, quando deve dormire, che medicine deve prendere, quando può uscire dalla stanza, con chi deve condividerla, quando può socializzare, quando può tornare a casa.
In realtà sono convinto che l'ampiezza e l'importanza delle restrizioni alla libertà e la perdita di controllo, a cui un tipico paziente è sottoposto, presentino poche analogie nell'esperienza umana.
Chi si trova in un ospedale è tenuto a seguire tempi che non sono i suoi ma che si strutturano in base alle esigenze dell'istituzione, anche gli spazi non gli appartengono, persino lo spazio intimo del proprio corpo diventa manipolabile da estranei ed esposto a pratiche che possono essere dolorose o umilianti.
Le parole poi possono diventare un formidabile strumento di potere: non capire quello che l'altro ci sta dicendo, senza avere lo spazio per chiedere spiegazioni; non essere messi nelle condizioni di scegliere in modo consapevole, specialmente se queste scelte riguardano la nostra salute e il nostro futuro; percepire disinteresse verso le nostre difficoltà da parte di chi si sta occupando di noi quando ci troviamo in un momento di fragilità, sono tutti risultati possibili di una comunicazione che non tiene conto del contesto in cui avviene e dei bisogni delle persone che in essa sono coinvolte.
Quanto può essere doloroso essere trattati come oggetti non senzienti, di fronte ai quali si può dire qualsiasi cosa senza preoccuparsi di loro, e quanto invece può sollevare l'animo e aiutare a guarire sentire che le persone che ci stanno curando rispettano, per quanto possibile, i nostri tempi, i nostri spazi e le parole, che dovrebbero sempre essere trattate con attenzione e pensate come un bene comune.
Le caratteristiche della comunicazione che possiamo definire quindi “diseguale” sono legate alla sproporzione di potere che si determina tra i comunicanti in un determinato contesto.
Medico-Infermiere VS Paziente
I linguisti la chiamano diseguale perché in certi ambienti (ospedali, caserme, scuole etc etc) le persone non hanno lo stesso potere, e tutto ciò che accade ne risente; anche ciò che viene detto e fatto. Molti malati quindi vivono questa situazione di forte Svantaggio..oltre a stare male, oltre a non essere nel suo ambiente, oltre a subire alcune perdite personali (parliamo di perdita di identità e quindi di poter dire e fare ciò che mi pare, tu hai il camice la divisa a me hanno tolto tutto sono in piagiama!! Non conosco gli spazi… io sto male e sono debole, sono spaventato e spesso confuso) vi è questa disuguaglianza, anche il fatto che il personale mi guarda dall’alto verso il basso, e io malato dal basso verso l’alto - serve una riflessione sul potere. Il malato è la nostra ragione d’essere - è il nostro “pane quotidiano” - come lo trattiamo come ci approcciamo a lui?
La buona comunicazione, il rispetto dell'altro, perfino la semplice educazione sembrano essere un “optional” rispetto alla preparazione tecnica; in realtà non è così: un professionista che sia preparato sul piano clinico ma risulti scadente su quello relazionale non è un buon medico o infermiere, ma un medico/infermiere incompleto (dal libro “ La comunicazione diseguale – Lucia Fontanella ed. il pensiero scientifico 2011).
Dobbiamo fare riflessioni sulla comunicazione che vanno al di là del contesto sanitario e riportano in primo piano termini come "ascolto" o "rispetto": elementi relazionali tanto spesso citati quando scarsamente praticati e dimenticati.
E’ importante ribadire che “non si può non comunicare”, ogni nostro Atto - Comportamento - o non Comportamento è una comunicazione.
Noi come professionisti siamo “Srumenti di Relazione” Aspecifici (ad esempio essere in grado di passare da un reparto all’altro, gestire le situazioni in diversi contesti) e Specifici (unici nell’assistenza e nell’erogare un assistenza personalizzata).
Siamo strumenti di Relazione che possono anche andare in crisi, soprattutto quando vi è un conflitto che nasce da un contrasto tra “Bisogni”.
Vi sono quindi i bisogni dell’utente: di riconoscimento, sicurezza, fisici e psichici, comunicativi, etc. E i bisogni del professionista: questi sono bisogni lavorativi e personali etc etc. Questi bisogni sono all’interno di una “Relazione” inevitabile, anche con persone “non gradite”.
Con questo tipo di relazione/comunicazione spesso noi ci scontriamo e se non riusciamo a risolvere tali conflitti possono nascere le Criticità e quindi le comunicazioni si fanno difficili e generano stress, conflittualità e frustrazione che come sappiamo, e numerosi studi confermano, portano al burn out lavorativo con tragiche conseguenze in diversi settori.
Ci può essere una "Relazione di Servizio" quindi una semplice relazione distaccata e molto formale, non empatica non comunicativa.. una difesa personale all’interno della relazione.
Alcune parole chiave sulla Criticità alla luce di alcuni casi:
- contro la mia volontà.. spesso le persone si sentono sopraffatte e private della libertà di esprimersi ma soprattutto di essere ascoltate e comprese.. sembra che manchi un canale di Ascolto e comprensione ruolo che è da sempre dell’Infermiere
- le parole dell’altro, le richieste, non sono ascoltate ne percepite ma semplicemente by-passate per una specie di “Ruolo” che pensiamo di avere e quindi autorizzati a fare “Oltre” le richieste altrui;
- discontinuità comunicativa: dei GAP tra i vari canali di comunicazione, questo porta alla “ non rintracciabilità dell’evento” critico
- alcuni meccanismi di difesa: -auto difensività ovvero trovare delle “non colpe” su alcuni atteggiamenti palesi
- instaurarsi di “maschere difensive” che non fanno verità… in ambito lavorativo, in ambito personale, e relazionale con gli altri
L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Ecco da dove dobbiamo ripartire.. dall’inizio (Profilo dell’infermiere: DECRETO 14 settembre 1994, n. 739)
Darti risposte chiare e comprensibili - fornirti informazioni - ascoltarti con attenzione (Patto infermiere cittadino)
Se sapremo Ascoltare e continuare a interrogarci su gli eventi Critici della nostra comunicazione allora possiamo ben sperare per il Futuro di questa nostra professione tanto necessaria quanto indispensabile per il contesto Sanitario e per tutta la nostra popolazione.
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