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Tesi di laurea

Competenze dell'Infermiere nel percorso di cura del paziente autistico

di Angelo

L'autismo per tantissimo tempo è stato sottovalutato e considerato come una semplice psicosi dovuta a fattori relazionali. Da un po' di anni si è cercato di approfondire questo "disturbo" e anche dal punto di vista infermieristico si è cercato di capire come assistere i pazienti che ne sono affetti.

Su tale argomento e con una tesi su "Competenze dell'Infermiere nel percorso di cura del paziente autistico" si è trattenuta a lungo Camilla Vicini, già psicologa e da qualche giorno neo-infermiera, nel corso della discussione del suo elaborato, svoltasi presso l'aula "Smeraldo" del cosiddetto "Colosseo" di Rimini, dove ha sede la direzione dell'Azienda Unità sanitaria Locale. Il suo lavoro è stato relato dal docente Massimo Borghesi dell'Università degli Studi di Bologna.

Nella sua introduzione al suo studio di ricerca la Vicini ha cercato di tracciare il quadro della situazione contingente. Vediamo cosa dice.

di Camilla Vicini

L’Autismo è stato, per anni, considerato un disturbo psichico, una psicosi causata da fattori relazionali e ciò per interpretazioni totalizzanti dovute alla cultura psicodinamica dominante.

Valutare solo da un punto di vista ed in modo esclusivo il disturbo ha prodotto un notevole ritardo nella conoscenza della vera natura dell’Autismo. Grazie anche al contributo dei genitori dei bambini con Autismo si è riusciti ad uscire dalle interpretazioni errate e colpevolizzanti le madri sull’eziologia dell’Autismo, consentendo così il diffondersi di un serio lavoro neuropsicologico per la ricerca delle cause e delle migliori strategie di intervento utili per il recupero di queste persone.

Oggi sappiamo che l’Autismo non può essere considerato un’affezione psichiatrica classica, ma si tratta di una disfunzione del sistema nervoso centrale che produce varie forme di disabilità.

Per queste disabilità sono state messe a punto alcune tecniche di recupero utili a migliorare la vita di queste persone e, naturalmente, anche dei loro familiari. Esistono tuttavia ancora molte lacune da un punto di vista assistenziale per quanto riguarda il percorso dei pazienti con Autismo.

E’ ciò che emerge anche da una ricerca del CENSIS del 2012, che evidenzia da un lato, un ritardo nella diagnosi di Autismo da parte dei pediatri, questione che incide profondamente nella precocità degli interventi e trattamenti e dunque nella loro efficacia: il percorso che porta alla diagnosi è spesso lungo e complesso.

In circa l’80% dei casi i primi sospetti sono stati formulati dalle madri, perlopiù nel corso del secondo anno di vita del bambino (41,2%). La quota più ampia del campione di famiglie (45,9%) ha dovuto attendere tra 1 e 3 anni per ottenere la diagnosi, il 13,5% addirittura più di 3 anni. Mediamente sono 2,7 i centri e gli specialisti a cui le famiglie si sono rivolte prima della diagnosi definitiva. Dall’altro lato si evidenzia una carenza dei servizi socio-assistenziali: la tipologia e la gravità dei sintomi che caratterizzano i disturbi dello spettro autistico comportano per le famiglie un carico assistenziale estremamente gravoso. Le ore di assistenza e sorveglianza ammontano in media a 17,1 al giorno.

L’assistenza rimane nella grande maggioranza dei casi un onere esclusivo della famiglia, con un impatto rilevante non solo sulla qualità della vita, ma anche sui progetti e le scelte a lungo termine. La disabilità della persona con autismo ha avuto un impatto negativo sulla vita lavorativa del 65,9% delle famiglie coinvolte nello studio. In particolare, il 25,9% delle madri ha dovuto lasciare il lavoro e il 23,4% lo ha dovuto ridurre.

In questo elaborato si vuole sottolineare come il lavoro dell’infermiere, professionista dell’assistenza alla persona, il cui profilo prevede anche competenze educative, potrebbe essere implementato per contribuire a colmare le lacune di cui si è parlato.

L’infermiere attraverso una specifica formazione potrebbe essere in grado di riconoscere i segni precoci di tale sindrome, in special modo se lavora in area materno-infantile, e dunque contribuire alla diagnosi precoce; potrebbe essere figura di riferimento presso ambulatori medici specializzati, strutture residenziali e semi-residenziali, centri diurni, reparti ospedalieri, servizi domiciliari, essendo egli specializzato nella pianificazione e attuazione di un’assistenza centrata sul paziente, del quale va capita a fondo la natura delle abilità e disabilità, trattandosi di una sindrome le cui manifestazioni sono estremamente caso-specifiche.

L’infermiere può occuparsi degli aspetti di cura che gli competono, integrando quelle capacità educative imprescindibili nel contesto dei pazienti con Autismo.

Analizzando la realtà della Provincia di Rimini si può notare come gli infermieri rivestano un ruolo marginale rispetto a questa realtà: tre infermieri presenti nell’Unità di Neuropsichiatria infantile, nessun infermiere presente nell’équipe del Centro per l’Autismo, nessun infermiere con una formazione specifica a livello di assistenza domiciliare.

Si va a considerare quali competenze dell’infermiere potrebbero essere messe in campo e quanto quindi potrebbe essere funzionale un incremento della presenza di questa figura professionale nell’area dell’Autismo.

Per saperne di più http://www.reteimprese.it/psicoterapiacognitiva

Commenti (1)

Costantino costanzo

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1 commenti

molto interessato alla lettura completa della tesi

#1

Dove posso trovare la tesi completa?