Processo da rifare, la corte di cassazione annulla l’assoluzione in appello per Romero Fresneda Maria Belen e Nouira Hamdi, condannati in primo grado. Le motivazioni della sentenza muovono profonde riflessioni.
ROMA. Quali sono le reali responsabilità degli Infermieri? In pronto soccorso, al triage quali responsabilità abbiamo? E il Medico? Cerchiamo di fare luce sulla vicenda.
In primo grado:
Il Tribunale di Milano dichiarava Romero Fresneda Maria Belen e Nouira Hamdi, entrambi infermieri addetti al triage presso il pronto soccorso della Clinica Santa Rita di Milano, responsabili del reato di omicidio colposo in danno di Masserini Vittorio, deceduto per sindrome coronarica acuta.
La prima colpevole di aver assegnato un codice verde per un dolore sternale atipico, poi per non aver rivalutato il paziente e infine per non aver segnalato al collega la presenza di un paziente con dolore toracico al momento delle consegne.
Al secondo imputato era addebitato di non aver ripetuto il monitoraggio del paziente in sala di attesa ogni 30 - 60 minuti.
Dai referti autoptici il Masserini 76 anni senza precedenti clinici di rilievo, era stato accettato presso il Pronto Soccorso con codice verde ed era inviato in sala d'attesa, dove, seduto sulla sedia da circa sei ore si era accasciato improvvisamente per arresto cardiaco. Sottoposto ad angioplastica coronarica, era deceduto a seguito di progressive complicanze.
Dai sintomi del paziente dai referti autoptici indicativamente l’inizio d'infarto risaliva almeno a 6-8 ore prima del suo decesso, il Tribunale riteneva che all'arrivo al pronto soccorso l'infarto miocardico acuto fosse già iniziato e che una diagnosi tempestiva avrebbe consentito di eseguire lo stesso intervento con esito differente. Riconosceva, pertanto, la sussistenza del nesso di causalità tra l'omissione e l'evento.
Il Tribunale riconosce il profilo di colpa sia per l'erronea assegnazione del codice verde, ma anche perché nonostante il protocollo in uso presso il Pronto Soccorso non prevedesse l'esecuzione di un ECG, il paziente aveva in ogni caso manifestato una sintomatologia degna di considerazione che, anche in ragione dell'età del soggetto, meritava l'attribuzione del codice giallo.
Quindi emerge una responsabilità dell’Infermiere che supera il rispetto dei protocolli, dove dunque la discrezionalità ha la sua importanza.
Il Tribunale sostiene che non era credibile che il paziente fosse rimasto stazionario durante tutta l'attesa, perché in quel lasso di tempo, oltre a un peggioramento dei sintomi, doveva essere intervenuta anche una variazione dei parametri registrati inizialmente, così da condurre alla modifica del codice.
Nella sentenza si sottolinea anche “posto che neanche i medici erano a conoscenza della presenza di un paziente ancora da valutare” ne deriva la massima responsabilità per l’ infermiere di Triage.
In appello:
La Corte escludeva l'erronea assegnazione del codice d'ingresso in forza della documentazione sanitaria resasi disponibile.
Quanto alla omissione del monitoraggio, pur ritenendola sussistente, evidenziava che dalle risultanze processuali, tutte univocamente concordanti, era dato di evincere che il giorno dell'evento nel pronto soccorso si erano verificate numerose urgenze che avevano impedito di procedere alla rivalutazione delle persone presenti.
Sembrava quindi che la coesistenza di una maxi afflusso con la valutazione “erronea” del paziente attenuasse la responsabilità dell’ Infermiere.
In cassazione:
La Corte d'Appello è giunta a differenti conclusioni limitandosi a fare riferimento alle risultanze del "bollettone" di Pronto Soccorso, dal quale si evinceva che il Masserini si era presentato "non pallido, eupnoico, non sudato" e con parametri vitali normali. La corte di cassazione ritiene insufficienti queste motivazioni anche in virtù del fatto che nello stesso giorno un secondo paziente con sintomi simili sia stato codificato come codice rosso.
Inoltre si legge nella sentenza, a fronte di un eccezionale afflusso di pazienti in pronto soccorso, non si può invocare alcuna eslusione di responsabilità, basando la stessa sul rapporto tra numero di personale e numero di prestazioni da erogare. Nel caso di maxi afflusso spetta al personale di pronto soccorso allertare il personale dei reparti, qualora si verifichino situazioni di emergenza tali da determinare la compromissione grave della salute dei cittadini bisognosi di cure di primo intervento”
La corte di cassazione non riconosce quindi l’eccezionalità dell’evento, ma apre a poteri organizzativi attributi al personale di pronto soccorso in qualità di “posizione di protezione” nei confronti del cittadino.
Un processo da rifare alla luce della sentenza della corte di cassazione, che stabilisce confini che fin ora non erano ancora ben chiari al personale sanitario.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?