Ipotesi di truffa aggravata ai danni dello Stato e falso. C’è chi timbrava il cartellino per poi recarsi a fare la spesa, sbrigare commissioni o rientrare a casa per alcune ore. Nell’indagine sono coinvolti alcuni dipendenti dell’AO “Civico Di Cristina e Benfratelli” di Palermo. Anche due infermieri tra gli indagati.
Assenteismo, anche due infermieri coinvolti nell'inchiesta Caffè lungo
Ci sarebbero anche due infermieri del poliambulatorio dell’ospedale specializzato pediatrico “Di Cristina” di Palermo tra i “furbetti del cartellino” scovati dai carabinieri della compagnia piazza Verdi di Palermo.
È quanto emerge dall’inchiesta “Caffè lungo” dei militari, che ha permesso di scoprire nove presunti furbetti del cartellino, adesso indagati – a vario titolo – per truffa aggravata ai danni dello Stato e falso.
Per quali ragioni timbravano il cartellino per poi allontanarsi dal posto di lavoro? Per recarsi al bar (da qui, il nome dell’operazione “Caffè lungo”), sbrigare commissioni, fare la spesa presso il vicino mercato di Ballarò, telefonare oppure rientrare nelle proprie abitazioni per alcune ore. Le indagini sono state svolte mediante l’osservazione di riprese video dalle quali si evincerebbe la responsabilità degli indagati che nel periodo monitorato – dal 22 ottobre al 22 novembre del 2019 – si sarebbero allontanati dall’ospedale per diverse ore.
Coinvolti nell’indagine alcuni dipendenti dell’azienda ospedaliera “Civico Di Cristina e Benfratelli”: si tratterebbe di tre dipendenti dell’Ospedale dei Bambini di Palermo (due infermieri e un tecnico di laboratorio) e di cinque ex Pip (lavoratori del bacino dei precari) – due giardinieri, un manutentore e due impiegati – impegnati all'interno della struttura. I due infermieri e il tecnico di laboratorio sono stati sospesi dal servizio per dodici mesi, mentre agli altri cinque lavoratori precari ex Pip è stato imposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’unico indagato a piede libero è un dirigente medico del pronto soccorso pediatrico, che si sarebbe allontanato per poco più di 4 ore in un mese di controlli, intascando in maniera indebita 183,95 euro pur non risultando realmente in servizio (i carabinieri hanno documentato che il dirigente medico si sarebbe allontanato a bordo di una moto dal “Di Cristina” per recarsi al policlinico e poi anche a casa sua).
Occorre precisare che l’indagine ha preso il via a seguito della denuncia del padre di un bimbo ricoverato al “Di Cristina”. Ad insospettirlo erano state le reiterate assenze di alcuni infermieri del pronto soccorso pediatrico, che dovevano occuparsi di suo figlio e di altri pazienti. L’uomo, pur cercandoli più volte, non li aveva trovati nonostante risultassero regolarmente in servizio. Sdegnato dalla situazione, si è rivolto ai carabinieri. Quindi sono partite le indagini – coordinate dal pool guidato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis – che hanno portato all’esecuzione di otto ordinanze di misure cautelari per assenteismo.
E proprio un infermiere si sarebbe allontanato dal posto di lavoro, senza motivazione alcuna, per sette volte tra il 24 ottobre e il 18 novembre del 2019, per un totale di 5 ore e 17 minuti, truffando 80,78 euro. Una somma non particolarmente rilevante, ma risulta esplicativo quanto sottolineato dal Gip nell’ordinanza di custodia cautelare, secondo cui le singole condotte, pur riguardando a volte pochi minuti oppure poche ore di assenza – con poche centinaia di euro di stipendio incassate in modo indebito dagli indagati – risulterebbero sintomatiche di condotte diffuse.
Nello specifico, l’infermiere indagato (subito dopo avere timbrato il cartellino in entrata, senza raggiungere il proprio reparto) si sarebbe intrattenuto fuori dall’ospedale a giocherellare con lo smartphone. E il Gip rimarca che, pur trattandosi di allontanamenti brevi, il numero degli episodi accertati induce a ritenere che si tratti comunque di comportamenti abituali, espressivi di una disaffezione nell’ottemperare ai propri doveri di lavoratore
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Una prassi illecita con ricadute anche sui servizi di assistenza
, la dichiarazione del comandante del Gruppo carabinieri di Palermo, il colonnello Angelo Pitocco. Non è un caso, infatti, che l’attività abbia avuto inizio proprio dalla denuncia di un cittadino scoraggiato – aggiunge – anche se il caso in esame, che fa registrare percentuali di assenteismo minori rispetto ad altre indagini, rimane certamente grave per la ricaduta che ha in termini di compensi economici non dovuti versati dalla sanità pubblica e, soprattutto, per i disservizi e i disagi arrecati all’utenza e ai colleghi che invece rispettano con rigore sia l’orario sia i doveri di servizio
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