Dopo l’ennesimo caso di violenza contro gli operatori in servizio, il sindacato chiede il potenziamento del posto di polizia e accessi controllati al Pronto soccorso dell’ospedale Versilia a Lido di Camaiore: Chiunque può entrare perché la porta non si chiude
. Dalla Toscana al Veneto, dall’Emilia Romagna alla Campania alla Puglia, la situazione è fuori controllo. Gli Opi di Forlì-Cesena e di Foggia: Gli infermieri sono al limite della sopportazione umana
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Infermieri aggrediti su lavoro, è un bollettino di guerra
Il direttore del Pronto soccorso dell’ospedale Versilia a Lido di Camaiore (Lucca), Giuseppe Pepe, l’ha definita una notte infernale
ma, allo stesso tempo, non vuole sentire parlare di centri da “militarizzare” (non servono i parà, né più guardie armate
).
Eppure quanto è avvenuto poche ore fa nella struttura sanitaria, dove due infermieri hanno riportato lesioni giudicate guaribili in 30 e 25 giorni – sono stati malmenati da un turista tedesco di 59 anni, che ha preso a pugni uno dei sanitari, causandogli la frattura del naso, sbattendo contro il muro l’altro – è l’ennesimo caso di violenza contro gli operatori sanitari.
Ovviamente il turista è stato denunciato (lesione personale, violenza a un incaricato di pubblico servizio ed interruzione di pubblico servizio le accuse nei suoi confronti), con l’Azienda sanitaria Toscana nord ovest che, per voce del direttore generale Maria Letizia Casani, ha precisato di aver intrapreso le opportune iniziative di tutela presso l’attività giudiziaria competente
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Eppure ai sindacati tutto ciò non può bastare. Poiché, appunto, episodi del genere oramai non si contano più. Spiega Daniele Soddu, segretario provinciale di Fials: Sono tre anni che ci battiamo per la sicurezza del personale e da un anno e mezzo siamo riusciti a ottenere due unità della vigilanza (anziché una) che siano in servizio anche nelle ore notturne. Il personale della vigilanza, però, non può intervenire a tutto tondo, ecco perché riteniamo che sia necessario potenziare il posto di polizia dell’ospedale
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Ragione per cui, dopo l’aggressione ai due professionisti sanitari, Fials ha chiesto un incontro al prefetto. Chiediamo che l’accesso venga messo in sicurezza attraverso interventi strutturali che assicurino un ingresso controllato mediante accessi provvisti di apri porta azionabili dall’interno del reparto
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Dalla Toscana al Veneto: qui all’ospedale di Rovigo, pochi giorni fa, una donna ha quasi staccato a morsi il dito di un infermiere. E ancora, in Emilia-Romagna, dove il dato allarmante reso noto in questi giorni, delle 591 violenze denunciate in cinque anni (dal 2017 al 2021) presso gli ospedali Maurizio Bufalini di Cesena e “Morgagni-Pierantoni” di Forlì, ha riacceso il confronto – non solo a livello locale – sull’annoso problema.
La situazione più grave riguarda l’ospedale cesenate, dove nei cinque anni sono state denunciati 385 atti di violenza. Aggressioni verbali, fisiche e alle cose. Presi di mira tutti i sanitari: dagli infermieri agli Oss ai medici. Che, purtroppo, non sempre denunciano: nel 2017 sono state denunciate 29 aggressioni, 102 nel 2018, 136 nel 2019, 55 nel 2020, e 63 nel 2021. A questo proposito il presidente dell’Opi Forlì-Cesena, Marco Senni, ribadisce: È importante segnalare le aggressioni e mettere in pratica le tecniche di escalation necessarie per ridurre il livello di tensione che si viene a creare
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Ed è proprio per di fornire ai sanitari ulteriori strumenti utili a stabilire empatia con il paziente – anche con quello più “complicato”, per evitare che il terrore, la frustrazione il dolore possano sfociare in violenza – che l’Opi Caserta ha inserito nel piano formativo 2021-2022 il corso in tecniche di comunicazione preventive a manifestazione di aggressioni verbali e fisiche, che si declina tra empatia e karate. Situazione caldissima (e l’arrivo dell’estate non c’entra) anche in Puglia, dove per i sanitari del Pronto soccorso del policlinico Riuniti il momento storico è sempre più complesso (e riguarda sia l’esercizio delle loro funzioni sia il rapporto con l’utenza). Una situazione insostenibile che rischia di mettere in ginocchio il servizio di Pronto soccorso
, spiega l’Opi Foggia. Ed il pericolo di abbandono della professione o di richiesta di trasferimento in altro reparto, ammonisce l’Ordine, è tutt’altro che vano.
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