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Boom di casi di violenza ai danni di infermieri, medici e Oss

di Redazione

Il personale sanitario italiano è nel mirino e va al lavoro come andasse in guerra. Continua infatti ad essere vittima di episodi di violenza. È diventata purtroppo un'allarmante quotidianità. Soltanto in Toscana si sono registrate l'anno scorso oltre duemila aggressioni, sia fisiche che verbali, rivolte ad infermieri, medici ed operatori sanitari. Secondo il sindacato dei medici Anaoo Assomed, si tratta di un fenomeno che rappresenta ormai una vera e propria emergenza che si ripete ogni anno mediamente con le stesse cifre. Le aggressioni denunciate sono decuplicate, passando dalle 239 del 2019 alle 2356 del 2023. Sebbene tra il 2022 e il 2023, dopo il brutale assassinio della dottoressa Barbara Capovani compiuto da un ex paziente, sia significativamente aumentato il numero degli operatori sanitari che decidono di denunciare, i dati delle aggressioni sono ampiamente sottostimati. Ormai questi episodi sono all'ordine del giorno, solo che il personale non li denuncia tutti, puntualizza il segretario regionale di Anaao, il dottor Gerardo Anastasio. Sono molto aumentate le aggressioni fisiche, soprattutto a danno degli infermieri, denuncia.

Professionisti sanitari nel mirino: oltre duemila aggressioni l'anno

Un frame del video "La violenza ferma tutto", prodotto da Nurse24.it in collaborazione con Opi Bologna

L'ultimo caso si è verificato a Massa, nel parcheggio dell'ospedale Noa, ai danni di una dottoressa in servizio presso il Pronto soccorso che smontava dal turno poco dopo la mezzanotte. È stata insultata e minacciata, davanti a testimoni, da alcuni parenti di un paziente ricoverato a tal punto da dover ricorrere per lo shock subito alle cure dei colleghi che hanno fatto intervenire le forze dell'ordine prontamente giunte in ospedale.

Un altro grave episodio è accaduto nella notte tra giovedì e venerdì scorso nella sala d'attesa del Pronto soccorso ,dove un giovane di 25 anni è stato accoltellato mentre era in attesa di cure ed il suo aggressore, che si era dato alla fuga, si è fatto poi rivedere attorno alla zona dell'ospedale nei giorni successivi. Venerdì i carabinieri sono stati chiamati anche all'ospedale di Livorno dove i parenti di un paziente avevano alzato i toni verso i sanitari diventando talmente minacciosi da richiedere l'intervento delle forze dell'ordine.

La direzione dell'Asl Toscana Nord ovest ha fatto sapere che purtroppo gli episodi di violenza nei confronti del personale ospedaliero non accennano a diminuire nonostante la presenza di una guardia giurata 24 ore su 24, di telecamere nascoste nei parcheggi e le numerose azioni messe in atto dal servizio di prevenzione e protezione aziendale. In una nota in cui esprime solidarietà e vicinanza nei confronti della dipendente aggredita, l'Asl assicura che farà quanto in suo potere per tutelare la sicurezza, la salute e la dignità professionale del personale.

L'unico deterrente per cercare di arginare le aggressioni è la presenza di un posto fisso di polizia dentro in ospedale, tornano a chiedere i sindacati dei medici e degli infermieri che per discutere della questione hanno chiesto alle autorità, al presidente della commissione e all'assessore regionale alla sanità un incontro urgente che è stato convocato per settembre.

Si parla anche di attivare il pulsante rosso nei reparti più a rischio che permette, schiacciandolo, di chiamare le forze dell'ordine che tuttavia, se non sono già in ospedale, arrivano quando il fatto si è già consumato, fa notare il segretario di Anaao. Ci sono poi i pazienti incapaci di intendere e di volere ricoverati in ospedale, precisa delineando quest'altro elemento di rischio la cui gestione è scoraggiante. Essi necessitano in primo luogo di custodia ma di solito se ne occupano gli infermieri.

Esprime disappunto e scoramento anche il segretario regionale del Nursind, Giampaolo Giannoni, diffondendo le stime relative alle mancate denunce. Sono pari al 50% di quelle effettive, precisa ricordando che Nursind ha attivato azioni di sostegno psicologico per quegli infermieri che arrivano persino ad abbandonare il lavoro dopo aver subito minacce e pedinamenti da parte di pazienti e dei loro familiari.

L'unica possibilità di maggiore sicurezza è la presenza del posto di polizia in ospedale - ribadisce -. I vigilanti non bastano, inoltre non possono nemmeno intervenire ma soltanto chiamare le forze dell'ordine. Qualora esse siano veloci ad arrivare, può essere già tardi, precisa. Servirebbe personale di vigilanza anche all'ingresso del Pronto soccorso, non come all'ospedale di Prato dove la sbarra è sempre alzata ed entra chiunque perché nessuno vigila, conclude il Nursind suggerendo che distribuire alcuni accessi di Pronto soccorso in altre strutture potrebbe essere la soluzione per evitare le lunghe attese, fattore predisponente all'insofferenza che può degenerare in violenza contro gli operatori sanitari.

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