Vaccini obbligatori per lavorare nei reparti ospedalieri più a rischio. Dopo aver fatto da apripista sull'obbligo dei vaccini nei nidi, l'Emilia-Romagna prova a ridurre il rischio di contagio nelle sue strutture sanitarie.
Misura per 4mila operatori dei reparti ospedalieri più a rischio
Rendendo obbligatorie le vaccinazioni a morbillo, parotite, rosolia e varicella ai circa 4.000 operatori sanitari che lavorano in oncologia, ematologia, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, nei pronto soccorso e nei centri trapianti della regione.
Senza i vaccini a infermieri e medici verrà in sostanza vietato di lavorare in questi reparti dal medico del lavoro.
Nelle intenzioni della Regione c'è quella di ampliare le immunizzazioni richieste (per ora ci sono circa 500.000 euro a disposizione) e di inserire l'obbligo vaccinale anche nei bandi di concorso per infermiere.
Non si potrà impedire l'assunzione di chi non è vaccinato, ma vincolare il lavoro in alcuni reparti meno a rischio contagio sì. L'idea è che la misura possa essere imitata come è successo per la legge sull'obbligo vaccinale nelle scuole, che ha dato l'input alla norma nazionale.
Se mi aspetto resistenze? No, ma ci può essere qualche fastidio.
È comprensibile ma confidiamo che questa misura venga vista per quella che è, cioè una tutela anche per i lavoratori.
Anche in questo caso ci auguriamo che possa rappresentare qualcosa di utile anche per altre regioni o anche un indirizzo generale per il paese.
Le novità sono nel documento "Rischio biologico e criteri per l'idoneità alla mansione specifica dell'operatore sanitario", redatto dalle Ausl regionali, da infettivologi e da esperti dell'Università e della Regione e approvato dalla giunta regionale con una delibera dopo un confronto con i sindacati.
Per quanto riguarda morbillo, parotite, rosolia e varicella il documento individua come aree "ad elevato rischio" per l'operatore e i terzi l'oncologia, l'ematologia, la neonatologia, l'ostetricia, la pediatria, le malattie infettive, i pronto soccorso e i centri trapianti.
Si tratta di aree del servizio sanitario regionale dove operano circa 4.000 persone, di cui un migliaio sono medici, 2.500 infermieri e 500 ostetriche. In Emilia-Romagna, dal 2012 al 2016, su 464 casi di morbillo 61 hanno interessato operatori sanitari: troppi secondo la Regione. Sono stati 76 i focolai in tutto, di cui 20 hanno coinvolto operatori sanitari.
Per quanto riguarda il virus dell'epatite, B e C, e l'Hiv, è previsto che l'operatore in condizioni di infettività non possa svolgere le procedure invasive "ad alto rischio" (come chirurgia generale, chirurgia generale del cavo orale, chirurgia cardiotoracica, neurochirurgia, procedure ortopediche, chirurgia dei trapianti).
fonte Agenzia DIRE
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