Doppia assoluzione per l’ex professionista sanitaria imputata per l’omicidio di due pazienti morti in corsia all’ospedale di Lugo. La Corte di Assise di appello di Bologna ha infatti assolto la donna perché il fatto non sussiste nell’appello ter per la morte di Rosa Calderoni (deceduta l’8 aprile 2014) e di Massimo Montanari (spirato il 12 marzo 2014). Poggiali: Sono felice, adesso mi godo la famiglia
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Morti in corsia, assolta l'ex infermiera Daniela Poggiali
Sono molto felice dell’esito, poteva finire solo così. Da domani? Mi godrò la mia famiglia
. Sono le prime parole di Daniela Poggiali, subito dopo aver appreso di essere stata assolta e scarcerata. La Corte di assise di appello di Bologna, infatti, ha assolto l’ex infermiera di Lugo (Ravenna) poiché il fatto non sussiste
nell’appello ter sia per la morte di Rosa Calderoni, 78enne deceduta l’8 aprile 2014 all’ospedale Umberto I di Lugo dopo poche ore dal ricovero, sia per il decesso del 94enne Massimo Montanari, avvenuto il 12 marzo dello stesso anno.
Intervista da Nurse24.it nel luglio 2017, quando la Cassazione bocciò l’assoluzione rinviando ad un appello-bis, Poggiali aveva rimarcato di essere stata fin da subito colpevolizzata dai suoi colleghi infermieri, che non avevano mai preso le sue difese. E aveva affermato: Non sono un mostro
. Oggi la Corte di assise di appello le dà ragione.
Dunque, il 25 ottobre 2021 si è concluso il terzo processo di secondo grado per l’imputata, ex infermiera, condannata dalla Corte di assise di Ravenna all’ergastolo in primo grado: in due successivi appelli a Bologna era stata assolta – e al termine del primo (siamo nel luglio 2017) scarcerata dopo 1.003 giorni di cella – ma con entrambe le sentenze che sono state sconfessate da altrettante Cassazioni a Roma.
Poche ore fa, insieme alle due assoluzioni, la Corte di assise di appello di Bologna ha ordinato anche l’immediata scarcerazione per l’imputata. La donna raggiungerà Forlì, dove si trova in custodia cautelare, e poi – una volta presi i suoi effetti personali – sarà di nuovo libera. L’udienza dell’appello-ter si è aperta con sette minuti di dichiarazioni spontanee attraverso le quali Poggiali ha respinto le accuse, negando la sostituzione del campione di sangue di Rosa Calderoni, il cui decesso aveva innescato le indagini sulla 49enne all’epoca in servizio all’ospedale Umberto I, imputata anche per la morte di Massimo Montanari, ex datore di lavoro del compagno.
All’interno dell’aula – dove erano presenti la sorella e il cognato – l’ex infermiera ha chiosato rigettando le accuse secondo le quali avrebbe ucciso entrambi somministrando dosi di potassio. Ed il verdetto si è chiuso, è bene puntualizzarlo, per tutti e due i filoni processuali. Dopo due ore di camera di consiglio, il procuratore generale Luciana Cicerchia aveva chiesto la conferma dell’ergastolo per Poggiali.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Lorenzo Valgimigli e Gaetano Insolera, aveva invece chiesto l’assoluzione, come poi è avvenuto. Ripercorrendo l’intera vicenda processuale di Daniela Poggiali, ci si rende conto che di “giorni del giudizio” ne ha conosciuti altri cinque prima di quello di ieri: primo grado, appello, cassazione, e ancora appello e cassazione.
Si tratta di una situazione che non vede numerosi precedenti a livello nazionale, nessuno in rapporto all’intero territorio ravennate. Ieri è giunto l’esito del sesto processo che coincide con il terzo appello. Ciononostante, il processo potrebbe tornare al terzo grado. Le decisioni di poche ore fa, entrambe con la formula «perché il fatto non sussiste», rappresentano certo un momento importante, ma non definitivo poiché sono sempre possibili ricorsi in Cassazione che, qualora si presentassero, potrebbero prolungare ulteriormente un (già) infinito iter giudiziario.
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