BARLETTA. Con il passare degli anni l’infermiere ha assistito a una notevole crescita delle proprie competenze professionali, passando dal “mansionario” all’essere un vero e proprio professionista della salute capace di operare in autonomia e assumendosi la responsabilità del suo operato e allo stesso tempo valutare se le prestazioni erogate siano in regola con gli standard di assistenza.
Dalle più note evidenze scientifiche si è visto che in Italia su 8 milioni di ricoveri annui si sviluppano un numero di errori clinici e malattie infettive pari al 4%. Nei casi peggiori si è notato che gli errori clinici possono portare alla morte nel 6% dei casi.
In questa particolare epoca storica il carico di lavoro clinico-assistenziale al quale l’infermiere deve rispondere è aumentato notevolmente e di contro ad esso si è assistito a un crescente calo delle risorse umane. Nelle tante realtà assistenziali molto spesso a un singolo infermiere vengono affidati molteplici compiti amministrativi e di coordinamento oltre all’assistenza del paziente; tutto questo porta alla riduzione del tempo di assistenza e di conseguenza insorgenza di errori.
Cosa molto grave − a mio avviso − perché in Italia le istituzioni non adottano un welfare basato su una efficiente programmazione sanitaria e questo causa dei danni che hanno un effetto a cascata dove a farne le spese è prima di tutto il paziente e poi, come se non bastasse, anche i costi sanitari aumenterebbero in modo sproporzionato perché per ogni errore causato da poco personale, si è stimato che farebbe aumentare i costi tra 2.500 e 5000 euro in più per ogni ricovero.
Di frequente quando accade un evento drammatico parte la “caccia” a chi ha sbagliato e non si fa mai un ragionamento a monte nel quale ci si chiede: ma quali sono stati gli elementi che hanno indotto all'errore? Perché non si impiegano più risorse per evitare che tutto questo accada?
Sulla scorta di quanto detto è stata stilata una classificazione delle cause che portano agli errori clinici : “Le cause remote e Le cause immediate”
Nella prima categoria particolare risonanza ha l’eccessivo carico di lavoro accompagnato al calo di personale, e poi la comunicazione inefficace tra gli operatori, ambiente di lavoro logorante e tecnologie inadeguate.
Nella seconda classificazione trovano spazio la negligenza, inesperienza in una procedura diagnostica o terapeutica, deficit di conoscenze.
A mio avviso la creazione di protocolli, l’istituzione della cartella infermieristica e una efficace presa in carico del paziente (basata sulle linee guida nazionali) e l’istituzione di nuovo personale, porterebbe se non ad abolire gli errori quanto meno ad evitare gli eventi catastrofici. Un’altra soluzione alternativa alla riduzione degli errori potrebbe essere quella di istituire una commissione che valuti tutti i rischi che possono insorgere nella pratica clinica e nello stesso modo creare protocolli e procedure per poterli evitare.
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