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La classe infermieristica nostrana è da oltre un decennio mortificata da impegni lavorativi troppo eccessivi, da demansionamenti e dall'impossibilità di ricambi che si traducono, nei fatti, in una impossibilità contingente di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza attraverso l'appropriatezza, l'efficacia, l'efficienza e il contenimento dei costi.
È quanto emerso nei giorni scorsi a Roma al termine di un'apposita audizione della FNC Ipasvi presso la V Commissione "Bilancio, tesoro e programmazione economica" e la XII Commissione "Affari generali" della Camera dei Deputati. L'iniziativa, spiega la presidentessa nazionale dell'Ipasvi, Annalisa Silvestro, rientra nell'ambito di una indagine conoscitiva sulla "tutela del diritto alla salute e la garanzia sull'accesso alle cure", che è di rilievo per i cittadini italiani e stranieri nel suolo italiano, ma anche per i tanti professionisti della sanità che operano quotidianamente con pazienza e abnegazione nell'ambito del SSN.
Rimanendo strettamente nel campo infermieristico, attualmente nello stivale italico operano 412.073 unità, di cui 320.309 di sesso femminile e 91.764 di sesso maschile. Di questi 26.656 sono stranieri, mentre si contano oltre 30.000 inoccupati o disoccupati. La proposta dell'Ipasvi al Governo per conto delle su citate commissioni è stata chiara; occorrerebbe, infatti:
1) riempire i vuoti derivati dal blocco del turn-over o dai tagli sul personale sanitario in generale e infermieristico in particolare;
2) prepararsi a sostituire gli oltre 10.000 infermieri che nel giro di pochi anni usciranno dal sistema lavorativo e andranno in pensione;
3) "ringiovanire" le compagini assistenziali infermieristiche sia per mantenere alti i livelli di qualità assistenziale, sia per mantenere e migliorare le attuali risposte sanitarie infermieristiche nell'immediato futuro;
4) riorganizzare i servizi assistenziali ospedalieri anche ridefinendo ruoli e responsabilità diverse per gli infermieri, superando la concezione vetero-ideologica della esclusiva centralità delle attività diagnostiche e terapeutiche a scapito delle attività e dei processi assistenziali;
5) implementare i servizi territoriali e, soprattutto, l'assistenza domiciliare infermieristica (qualità assistenziale e contenimento dei costi derivanti dall'inappropriatezza di numerosi ospedalieri);
6) muoversi nella logica della medicina d'iniziativa anche attivando in maniera omogenea in campo nazionale punti di presenza infermieristica sul territorio e l'infermiere di comunità, dando corpo a interventi di natura preventiva, informativa e di accompagnamento ad azioni di auto-cura e di mantenimento della maggiore autonomia possibile.
Al termine dell'audizione la rappresentanza infermieristica, conclude la Silvestro, ha sottolineato l'importanza della migliore utilizzazione dell'ormai comunemente e oggettivamente riconosciuto "up grading" formativo degli infermieri, valorizzandone le competenze e dando corso all'evoluzione delle stesse verso specifiche aree assistenziali (dell'area medica, dell'area chirurgica, dell'emergenza-urgenza, della salute mentale, dell'area pediatrica e dell'assistenza territoriale), con contenuti fortemente coerenti con le necessità demografiche, epidemiologiche e di estensività ed intensività assistenziale.
Qui in basso l'intero testo del messaggio indirizzato alle due commissioni, che potete scarica in formato "pdf".
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