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Articolo 49: un autogol per la professione infermieristica

di Carlo Leardi

Infermieri specialisti

"L'infermiere, nell'interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale".

MATERA. Alzi la mano chi non si è mai soffermato a riflettere su quanto affermato nell'articolo 49 del Codice Deontologico su citato, a detta di molti colleghi il più controverso e dibattuto tra gli articoli di quel Codice ahimé poco conosciuto alla maggior parte degli infermieri.

In una realtà che vede i tagli alla sanità come panacea per risollevare una situazione economica alquanto disastrata, l'infermiere si ritrova troppo spesso a dover compensare le carenze del sistema sanitario, offrendo se stesso al demansionamento e mettendo ancor più a repentaglio l'immagine della professione che già non gode, come tristemente noto, di quella stima professionale che meriterebbe.

demanionamento

Demanionamento

Ed è cosi che spesso ci si ritrova a vestire i panni dell'Oss, dell'ausiliario, del badante e di tutte quelle altre figure non professionali alle quali la nostra professione viene sempre abbinata dall'ormai traviata opinione pubblica.

In un contesto come quello su citato, l'articolo 49 sembra quasi voler "tendere una mano" a tutte quelle direzioni sanitarie che mirano a un maggiore risparmio delle risorse a discapito degli operatori sanitari che non ricoprono cariche dirigenziali, dato che l'importante è che i reparti e le unità operative continuino a produrre così come devono, e poco importa se ad un professionista viene imposto di improvvisarsi barelliere, ausiliario o altro, a maggior ragione se gli stessi principi a cui la sua professione è ispirata considerano tali "cambi di casacca" un dovere etico e morale.

Inutile appellarsi a quel "...documentandone le ragioni...", poiché basterebbe pensare a tutte quelle lettere che i colleghi per svariate ragioni presentano alle direzioni sanitarie delle varie aziende e che rimangono a prendere polvere chissà dove senza che nessuno le prenda in considerazione, per non parlare poi di quanti pochi infermieri sono disposti a denunciare carenze o disservizi, come riportato proprio pochi giorni fa in un articolo che l'AADI ha pubblicato sulla nostro giornale.

Il Codice Deontologico attualmente in vigore, è datato 2009, ed in questi anni passi da gigante sono stati fatti nella nostra professione, anche se ci duole dover constatare che la maggior parte di essi sono ancora oggi solo scritti sulla carta e attendono una vera attuazione (Ordine Professionale, competenze avanzate) e tanti altri traguardi aspettano di essere ancora raggiunti sulla scia della evoluzione del nursing europeo (si pensi alla prescrizione, alla figura dell'infermiere di famiglia, alla possibilità di effettuare prestazioni intramoenia ecc.).

Ci uniamo quindi alla marea di colleghi che chiedono quantomeno una revisione di tale articolo (anche se una sua abolizione sarebbe maggiormente auspicabile), e chiediamo alla Presidente IPASVI, Barbara Mangiacavalli, che in pochissimo tempo ha già portato una ventata di freschezza e di speranza tra gli infermieri italiani, di ascoltare la voce dei colleghi che ella rappresenta attuando tutte quelle misure volte a rimuovere tutte quelle barriere che ancora oggi ci costringono a rimanere "dietro le quinte", affinché gli infermieri italiani possano davvero diventare protagonisti di quella sanità che oggi (anche se qualcuno finge di non accorgersene) continua ad essere efficiente soprattutto grazie al loro lavoro e alla loro professionalità.

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