È tornato il silenzio. Quello delle notti della prima ondata. Ma il coprifuoco va a dormire alle sei, la mia sveglia è puntata prima dell'alba e c'è già troppo traffico in giro. In primavera non girava nessuno neanche di giorno, ora sono tutti fuori. È tanto buio, sono i giorni che precedono il solstizio d'inverno. Le montagne dell'Altopiano sono piene di neve e nessuno ci doveva andare. Si sono assembrati come nelle vie del centro. Per lo shopping, la lotteria degli scontrini, gli aperitivi. Sarà un bianco Natale, ma non ci saranno settimane bianche. Ci stiamo tingendo di rosso, almeno per le feste. Per rispetto dei morti e del dpcm. Siamo nel pieno della seconda ondata e già si aspetta la terza dopo l'Epifania che l'epidemia non porterà via.
Carol of the bells. Natale di Corona
Son venuti a prenderli ieri i nostri morti, su camion dell'esercito verso Pavia, perché qui sono tanti e nel nostro crematorio, che ha accolto ad aprile quelli di Bergamo, ci sono lavori in corso e i nostri morti non possono più aspettare nelle celle e nella cappelletta dell'obitorio. La notizia è passata di nascosto. C'è colonna, ma dove vanno tutti? Come facciamo in Veneto ad essere zona gialla?
La musica mi accompagna nei dieci minuti di tragitto verso Vicenza ovest. Carol of the bells. Sul sedile del passeggero tengo un alberello di abete incartato di rosso e un presepe. Ci ho appeso i miei angioletti fatti all'uncinetto. Siamo noi, gli infermieri. Non siamo angeli e non siamo eroi, stavolta no. Siamo finalmente soltanto infermieri. Però in fondo un pezzo di cuore di angelo lo abbiamo, anche se non vogliamo essere chiamati così.
Ho voglia di portare un po' di Natale nel freddo spogliatoio che prima era l'infermeria della Fiera. La fiera dell'oro e del tempo libero che a Vicenza è diventata la Fiera del Tampone.
Ho fatto posto accanto ai fogli dei turni di dicembre per un angolo tutto per noi, ci ricorda che è ancora Natale. Che è sempre Natale
Anche qui dentro che non ha un cielo d'inverno né un cielo alla finestra. Si sa che tempo lasci fuori quando timbri con l'App, ma non il tempo che trovi quando esci, non vediamo le nuvole che ci scorrono sopra mentre “tamponiamo”, le lasciamo fuori come i pensieri e i nostri figli a casa
Indosso la divisa della misura che trovo. Ho lasciato il mio armadietto nel reparto in ospedale più di un mese fa, ci ho attaccato un sorriso di carta al posto mio con un a presto
per me. Qui attorno, mentre ci cambiamo di buon mattino, i sorrisi sono veri, anche il mio che ho ritrovato oltre tutto quello che sto vivendo. Da sola quando sono in casa e insieme quando vengo qui.
Sono sorrisi di infermieri che credono in quello che stanno facendo nella serena consapevolezza del nostro mandato qui e di quello che sta capitando ormai da un anno. La gente è già arrivata, tutta infagottata. È irradiata di rosso per la luce del tabellone Punto Tamponi Ulss8 Berica.
Indossiamo camice, copriscarpe, cuffia, ffp3, doppi guanti, visiera. Ci aiutiamo ad allacciarci, non ci servono i nostri nomi scritti addosso, stiamo imparando a conoscerci dalla voce e a riconoscerci dagli occhi. Facciamo squadra. Ore sette, dodici ambulatori e dodici infermieri vestiti di azzurro, come il cielo fuori. O come una fata, mi ha detto una graziosa bimbetta. Mentre aspetto le prime persone guardo l'albero che la coordinatrice ha addobbato nell'angolo, fa Natale anche nell'anno terribile della pandemia. E mi ritorna in mente Carol of the bells.
Carol of the bells. Antigenici rapidi. Molecolari. Scartare. Etichetta sul device e sulla provetta tappo rosso. Buongiorno. Come si chiama. Data di nascita. È la prima volta che fa il tampone. Perché lo fa. Ha sintomi. Non fa male, è solo fastidioso. Può fare lacrimare. Lo facciamo anche in gola. Apra grande. L'esito arriva al medico di base e nel suo fascicolo sanitario elettronico. Questo è il numero con il quale sarà chiamato in sala di attesa per la consegna del referto.
Scrivere orario, esito in 20 minuti. Controllare. Negativo. Positivo. Consegnare per il referto. Imbustare in doppia busta. Cinque in ogni busta per la microbiologia. Esito in 48 ore, forse 72 ore sono tanti anche oggi. Buona giornata. Prego si accomodi. Buongiorno. Antigenico rapido. Molecolare. Scartare.
Carol of the bells. È un flusso continuo di giovani e vecchi, uomini donne bambini. Famiglie. Carrozzine e passeggini. I papà arrivano con un figliolo in braccio e uno per mano. Se ne hanno tre o quattro non si ricordano le date di nascita, le confondono. Mi fanno tenerezza, i papà. Sono più bravi delle mamme, certi papà.
Suvvia, non piangere, cosa vuoi che ti succeda in braccio al tuo papà. Adesso facciamo ridere il nasino, puoi fare le smorfie e starnutire. Bravo, adesso facciamo ridere anche l'altro mezzo nasino. Ecciuuu. Bravo campione, sei stato davvero un ometto. Adesso tocca al mio papà, posso tenergli la mano al mio papà? Mi fanno tenerezza certi bambini. Anche quelli che arrivano con Paperino preso per il collo e mi chiedono di farlo prima al papero.
Carol of the bells. Sono positiva. E adesso chi lo dice a mio marito che deve stare in isolamento e non può andare a lavorare. E adesso che mi succede, che devo fare. Adesso va a casa, si sceglie la stanza più bella e confortevole della sua casa e ci passa i prossimi dieci giorni, proteggendo i suoi affetti più cari e affrontando un giorno alla volta. Senta il suo medico che la prenderà in carico. Poi tornerà qui da noi per ripetere il tampone ed uscire dall'isolamento. Grazie infermiera. Ora mi è tutto più chiaro. Un uomo torna indietro, Posso farle un'altra domanda? Qual è il suo nome. Monica. Grazie Monica. Questo è il mio dono di Natale, penso cambiandomi il doppio guanto per accogliere il prossimo già sull'uscio della porta che non c'è.
Carol of the bells. Mio padre è morto stanotte. Di Covid. Sono qui con mia madre, eravamo in casa con lui fino a quando lo hanno ricoverato. Condoglianze. Mia madre è salita sull'ambulanza da sola cinque giorni fa, è morta ieri. Non l'ho più vista. Perché infermiera la gente non capisce finché non ti capita in casa una cosa del genere? Mio fratello è ricoverato da qualche giorno in sub intensiva, può cavarsela?
Carols of bells. Polizia. Locale. Di Stato. Di Finanza. Dell'Arma. Siamo uomini pronti con la pistola in mano e ci spaventiamo per un tampone nel naso, ci perdoni siamo anche fragili. Vigili del fuoco. Il fuoco mi fa paura a volte, alcuni di noi dopo aver affrontato incendi da paura e per tanto tempo piangono sa a bordo prima di arrivare sul posto. Voi siete in uno stato di stress continuo da quasi un anno. Ci vuole coraggio ad affrontare così qualcosa che non si vede, grazie per quello che state facendo per tutti noi. Vi ammiro. Lei come sta, è stanca?
Carol of the bells. Mi rendo conto di vederlo in faccia il coronavirus. Lo cerco in gola e nel rinofaringe. Per stanarlo. Lo tengo tra le mani, nella provetta con il reagente. Lo mescolo insieme alle secrezioni nasali, lo schiaccio nella pipetta di gomma. Qualche volta mi si appiccica sulla visiera sputato da un colpo di tosse. Il Covid 19 è in quelle gocce che diventano una linea viola. Lo vedo. Positivo. Positivo. Lo cerchio con la penna rossa. Beccato.
Carol of the bells. Da ogni ambulatorio si alzano le stesse parole. Per dodici ore, tutti i giorni. Si sentono che sono pazienti e gentili, le voci passano oltre i divisori di tela beige e l'impalcatura di legno. Spiegano, informano, educano. Ognuno ci aggiunge del suo, ci mette quello che è. Ci mette del buono. Per alleggerire un momento di tensione, di ansia, di capriccio. Di fragilità difronte a qualcosa che non si capisce del tutto, che si vuole negare o non si è capaci di accettare. Non ci si capacita ancora che capiti nel 2020. Ormai 2021. E che il virus sia sempre in mezzo a noi e che possa attaccarci se abbassiamo la guardia. Ho abbassato la mascherina, mangiavamo assieme, era un amico mi fidavo, stava bene. Non vedevo mio fratello da mesi, l'ho abbracciato.
Carol of the bells. Buon Natale giovanotto. Felice Natale signorina. I soldati dell'esercito oggi dispensano all'uscita piccoli panettoni. Quelli con l'uvetta e i canditi. Un altro bel gesto che fa Natale italiano. È rassicurante e familiare questa presenza in tuta mimetica, come il loro pulmino verde militare ben parcheggiato davanti all'ingresso della fiera. Stanno con noi, lavorano con noi. È bello sentire la voce del capitano di fanteria chiamare le persone per la consegna dei referti. Certamente ricorda che siamo in guerra ma i nostri soldati sono famosi nel mondo per le missioni di pace. Per riportare la pace. Fa tanto un bell'augurio per l'anno nuovo.
Carol of the bells. Stasera sono l'ultima ad andarsene. Mi sono attardata a chiudere gli alipack. Dentro è rimasto solo l'uomo della ditta di pulizie. Uno straniero, viene dall'oriente, forse dal Bangladesh. Oggi pomeriggio, prima di iniziare il turno, aspettava in un angolo della sala di attesa con il figliolo venuto a fare il tampone per un contatto a scuola. Negativo. Lo ha affidato alla madre con un sorriso, poi ha indossato la sua casacca gialla. Ora tirandosi dietro il suo carrello sta disinfettando sedie pavimenti e suppellettili così che domani sia tutto decontaminato. Resto a respirare fuori nel parcheggio pieno di vento. Mi piace la pioggia.
La burrasca mi mette di buon umore. Il freddo mi fa stare bene. Non c'è più anima viva adesso, per oggi sono venuti tutti. Poi saluto l'uomo della Protezione civile, che ha parcheggiato l'auto accanto alla mia, con un buon ritorno a casa. Si è rimesso il cappello da alpino in testa, al posto del nostro caschetto con visiera da Covid. Sta meglio con la penna. Stanotte, forse. Ora vado a fare sacchi di sabbia. È critica in centro. Ad est sono già alluvionati. A domani, infermiera. Dorma stanotte.
Sta ritornando il silenzio.
Carol of the bells. Il Natale è qui. Le campane sembrano dire butta via le preoccupazioni ai giovani e agli anziani ai docili e agli audaci... din don din don
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