Un'esperienza che non avrei mai pensato di dover vivere
Il racconto di un'infermiera positiva al Covid-19
Ho 44 anni, sono infermiera presso il Policlinico Tor Vergata di Roma e sono positiva al Covid-19 . Fino al 4 marzo ho lavorato al Pronto soccorso, ci lavoro da ben 16 anni. Il posto più incredibile del mondo, non vorrei lavorare altrove.
Il 4 ho fatto il turno del mattino, c'erano i primi casi sospetti, a qualcuno veniva fatto il tampone a qualcuno no; ci chiedevano di indossare semplicemente la mascherina chirurgica , anche perché le maschere ffp3 già iniziavano a scarseggiare .
Il giorno 5 ero di riposo; mi sveglio con un lieve malessere addosso, dolori muscolari, dolori alle articolazioni. Nel pomeriggio febbre a 38.7 .
Ho subito pensato che fosse il caso di chiamare i numeri di emergenza . Il primo che ho chiamato è stato il 1500; un simpatico signore allegrotto mi ha risposto che dai sintomi che raccontavo avevo semplicemente un'influenza stagionale, sebbene gli avessi ben spiegato che ero un'infermiera, che lavoravo in Pronto soccorso e che probabilmente ero stata a contatto con dei positivi.
Ho attaccato, non mi sono certamente rassicurata. La febbre continuava a salire e cominciava un po' d'affanno. Ho chiamato il 112 . Questa volta la telefonata è stata deviata ai sanitari, i quali hanno ben capito la situazione e mi hanno inviato un'ambulanza.
Trasferita allo Spallanzani, ovviamente tamponi positivi
Sono in isolamento da 15 giorni non vedo mio marito e i miei figli dal 4 di marzo. Mi ritengo fortunata? Sì, molto . Poteva andare molto peggio vista la mia immunodepressione .
La TAC ha documentato un versamento pericardico e un ispessimento pleurico. Niente polmonite interstiziale, ma vi garantisco che questo virus mi ha annientata lo stesso
A tutt'oggi ho ancora la febbre, faccio fatica a parlare al telefono, perché il fiato si fa corto immediatamente, mi sento tanto debole, ho ancora dolori addominali e l'isolamento mi sta offuscando la mente.
Sono stata trasferita da qualche giorno presso il centro Olimpico sportivo militare della Cecchignola. Sono al mio quinto tampone positivo e non vedo luce . Fortunata a poter raccontare questa incredibile storia di isolamento in cui ho solo visto gli occhi degli operatori sanitari, bardati come astronauti con enormi tute gialle cappucci occhiali doppia mascherina e tripli guanti, che se li dovessi incontrare per strada non potrei mai riconoscerli.
Qui i contatti con il personale sono minimi , ti lasciano tutto fuori in un'anticamera, le medicine, i ROT che ti devi chiudere da sola, il cibo. Quando hai finito di mangiare devi disinfettare tutto e rimettere tutto fuori.
Le giornate sono infinite, sembrano fatte di 100 ore e la paura è tanta. In fondo questo virus non lo conosce nessuno e non vedendo miglioramenti, non sai mai cosa accadrà il giorno dopo.
Terribile questa sensazione che non ti entri mai abbastanza aria nel petto , nemmeno quando fai la videochiamata ai tuoi figli a cui manchi molto. Quando e con chi ho preso il virus? Non lo so, in quei giorni era tutto un po' confuso. I primi positivi, i primi sospetti.
A casa mia ovviamente tutti in quarantena aspettando i miei tamponi negativi. Che esperienza assurda, incredibile, che non avrei mai pensato di dover vivere. Ma ho scoperto anche una forza in me che non sapevo di avere.
Sono in costante contatto con i miei colleghi del Pronto soccorso che mi scrivono: Sere, qui c'è la guerra . E Dio solo sa quanto vorrei guarire in fretta e tornare ad aiutarli, perché hanno bisogno anche di me.
Ed è questa la promessa che mi faccio: combatto, vinco e torno nel mio pronto soccorso. Un in bocca al lupo a tutti i miei colleghi del Pronto soccorso e dell'OBi del Policlinico di Tor Vergata. Siete forti ragazzi, proteggetevi e vinceremo
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?