Il timore di vedere, dietro gli elogi del momento, che una volta rientrata l’emergenza Covid-19 nulla cambierà. È questo che ha portato un infermiere a scrivere una lettera indirizzata al presidente del consiglio: Semmai questa lettera La raggiungerà - scrive - sarei tentato di parlarLe delle condizioni scandalose degli infermieri in Italia ; di contratti bloccati da anni, di condizioni di lavoro che vanno ben oltre il contratto stesso, degli stratagemmi utilizzati negli anni per applicarceli, di come siamo stati svenduti da chi ci ha rappresentato ai tavoli delle contrattazioni nazionali e delle tutele che poco alla volta ci sono state tolte, oltre che al reale diritto di sciopero. Tuttavia, non sarebbe neanche questo il punto .
Eravamo in emergenza anche prima del coronavirus
Temo che dopo l'emergenza tutto torni come prima
Esimio Presidente, sono uno degli infermieri impegnati in uno dei più grandi ospedali lombardi, investiti da questa catastrofica emergenza. La ragione che mi ha spinto a rivolgermi a Lei in questo momento così difficile per il Paese è la percezione di un pericolo che credo incomba su noi tutti. Parlo di un fenomeno mediatico che sta vedendo noi sanitari coinvolti in prima linea, raccontati e descritti come eroi.
Forse di primo acchito la cosa è gratificante, lo ammetto. Vedere in questa triste occasione sforzi immani compiuti da persone – prima ancora che da professionisti – riconosciuti pubblicamente, su due piedi sembra rendere giustizia a gente che ha sacrificato non solo il momento, ma l’intera vita al servizio della salute di tutti.
Il tema però è esattamente questo: sembra . Il riconoscimento pubblico sembra una bella medaglia che i media ci stanno dando. Probabilmente ognuno di noi, impegnato in ospedale o sul territorio, sarebbe in grado di raccontare la tragicità del momento e le scene che vanno talvolta oltre il limite del sopportabile umano, alle quali abbiamo assistito e che ancora viviamo e che probabilmente non ci lasceranno mai più.
Per me stesso devo per onestà riconoscere di avere avuto colleghi a cui davvero andrebbe tributata una medaglia e non solo in termini allegorici. Colleghi che hanno visto la prima linea prima di me, il cui racconto e i cui consigli sono stati determinanti nel preservare la salute di noi che, subito dopo loro, abbiamo affrontato direttamente questo virus, sebbene molti di noi si siano comunque ammalati e alcuni muoiano.
Io un eroe? No . Ho tremato quando dal Pronto soccorso ho preso la telefonata in cui la collega mi diceva “cominciamo a mandarveli”. Ho avuto paura, tanta. Ad ogni buon conto, Le scrivo per dirLe che l’emergenza che viviamo e il bel racconto intorno alle nostre figure rischia seriamente di oscurare il vero problema che ha caratterizzato questa situazione e che ora più che mai va affrontato e risolto, vale a dire che eravamo in emergenza anche prima del coronavirus .
Semmai questa lettera La raggiungerà, sarei tentato di parlarLe delle condizioni scandalose degli infermieri in Italia ; di contratti bloccati da anni, di condizioni di lavoro che vanno ben oltre il contratto stesso, degli stratagemmi utilizzati negli anni per applicarceli, di come siamo stati svenduti da chi ci ha rappresentato ai tavoli delle contrattazioni nazionali e delle tutele che poco alla volta ci sono state tolte, oltre che al reale diritto di sciopero. Tuttavia, non sarebbe neanche questo il punto.
Non Le scrivo per parlarLe della mia categoria, sebbene l’abbia già fatto in modo esaustivo una collega sui social e credo che abbia avuto la Sua attenzione (a tal proposito posso confermare che i cento euro promessi non sono più arrivati).
Le scrivo perché temo che dietro l’elogio, possa nascondersi il fatto che dopo l’emergenza tutto torni come prima, se non peggio . Mi rendo perfettamente conto che per lo Stato la Sanità possa essere la spesa più gravosa, che fino ad ora Lei in prima persona e il governo che rappresenta stava tentando di portare il PIL sopra livelli di crescita economica sostenibile e che tutto ciò, ahimè, mal si concerta con le spese sanitarie che un paese che invecchia comporta, oltre al fatto che tutta questa emergenza avrà purtroppo un forte costo per noi nel prossimo futuro.
Lei prima di me si è trovato in una situazione che non avrebbe mai voluto affrontare. Ma è giusto che Le dica che la possibilità di far fronte a questa emergenza è stata notevolmente tagliata insieme con i tagli fatti in questi ultimi anni in nome di spending review, efficientamento dei servizi e definizioni simili, che di fatto hanno fatto sì che personale e servizi sanitari venissero ridotti nel corso degli anni.
L’associazione nazionale dei dirigenti sanitari ha recentemente pubblicato che solo negli ultimi 5 anni nel nostro Paese il sistema sanitario ha visto un taglio di oltre 50.000 medici, altrettanti infermieri, più di 750 reparti ospedalieri. Personalmente sono convinto che stime come questa siano di molto approssimate per difetto; basti pensare alle liste d’attesa, che solo in poche realtà italiane sono in linea con gli standard non di “efficienza” ma di efficacia.
Nel dirglielo non attribuisco a Lei tutto questo; è evidente che tutti i suoi predecessori hanno lavorato in questo senso e Lei ha ereditato una macchina sanitaria che in mancanza di “benzina” di liquidità va a devozione e abnegazione di personale sanitario. L’emergenza c’era già prima .
Oggi Le avrebbe fatto comodo probabilmente avere un farmaco disponibile ed efficace contro il COVID-19 . Faccio ora appello al Suo retaggio accademico e Le chiedo, in onestà, di dirmi se conosce cosa comporta oggi accedere ad una borsa di studio per dottorato di ricerca, quanto sia difficile ottenere un posto pur avendone i requisiti, cosa comporta vivere durante il dottorato con tale borsa e quali aspettative lavorative ci si può aspettare dopo il conseguimento di un PHD.
Si raccoglie quello che si semina
Chi ha investito nel tempo in ricerca, per restare nell’esempio, oggi può offrire sul mercato farmaci in via sperimentale ad uso compassionevole a cifre tutt’altro che compassionevoli per il compratore.
Non si può contare sempre sul fatto che tanto gli italiani sono un popolo che nell’emergenza dà il meglio di sé. Non si può vivere ricostruendo sempre dalle macerie. Sarà anche commovente, ma non si può vivere con lo slogan andrà tutto bene se prima non si fa tutto bene.
Oggi la polemica sui giornali riguarda quanti vorrebbero far causa alle strutture sanitarie per le cure mancate. In un paese dove la salute è un diritto riconosciuto costituzionalmente (art.32), costoro probabilmente hanno diritto di chiedere i danni; ma se un diritto esiste, dovrebbero avere il diritto di chiederli a chi davvero li ha danneggiati, tagliando servizi fino ad ora.
Io non sono in grado di dire se quello che facciamo sia la cosa migliore; posso assicurare che è il meglio possibile. Ma voglio chiederLe: quanto saremmo riusciti a fare di più in queste settimane se avessimo avuto un sistema sanitario più coerente con le reali esigenze della popolazione? Forse il coronavirus era imprevedibile; la qualità e l’efficienza del sistema sanitario no.
Finora noi italiani siamo stati quelli che per i prodotti alimentari dovevamo sapere l’esatta provenienza e il processo della filiera tracciabile in ogni suo minimo dettaglio; per i servizi e i processi sanitari invece si basavano su stime di variabili misurate con meno dedizione.
La mia collega - a cui va tutto il mio rispetto – Le ha scritto che avrebbe fatto a meno di cento euro in più in busta paga. Io rilancio e Le dico che posso fare volentieri a meno anche del titolo di eroe, ma solo se ristruttura il sistema sanitario (tornando a investirvi piuttosto che a tagliarlo) come prima cosa quando questa emergenza finirà.
So che costa, ma consideri quello che ci è costato ora. Può succedere di nuovo e allora il chiamarci di nuovo eroi potrebbe suonare come insincero. Gli eroi fanno spesso una brutta fine e la gratitudine, tra le virtù umane, per qualche strana ragione è la meno onorata. I vigili del fuoco deceduti nell’11/9 hanno un memorial annuale e molti figli di quelli caduti per quella circostanza sono diventati a loro volta vigili del fuoco.
Io sto per diventare padre . Con tutto il cuore prego Dio di poter crescere mio figlio, ma se nulla cambia gli dirò che il Paese che prima ha chiamato eroe suo padre ha lasciato che altri suoi colleghi morissero senza imparare nulla dai propri errori.
Con deferenza,
Michele Castello , Infermiere
Simona Barchi
1 commenti
Covid-19 il pericolo della medaglia
#1
Cosa dire di più!
Grazie Michele