Le immagini di Farida stanno facendo il giro del mondo, in una eco delle grida sulla colpevole responsabilità delle scelte politiche che hanno portato ai disastri sanitari delle scorse settimane, con centinaia di vittime per Covid-19 in tutto il pianeta. È noto a tutti che unicamente la determinazione, la forza d’animo – e la disperazione qualche volta – la preparazione e la relazione e la solidarietà sono state le eccellenze attivate dai sanitari per sopperire la carenza di risorse umane, strumentali e strutturali dei sistemi sanitari. Se il coronavirus ha potuto causare drammi e lutti lo si deve alla sua virulenza, veicolata e amplificata dall’agire di chi ha sacrificato il benessere e la salute in nome di interessi e profitti. Come già detto, nei prossimi anni sicuramente si produrranno studi sociologici ed epidemiologici che permetteranno di capire ciò che è accaduto. Per colpe e responsabilità la storia, ed ancor più la storiografia, già da ora possono sollevare il loro dito indice accusatore.
Farida, un bel nome da infermiera
Il suo nome è Farida, 52 anni e in testa un casco di capelli ricci, bruni e ribelli. Non è molto alta, un metro e 55 cm, e soffre d’asma. Farida è infermiera e lavora all’Ospedale Paul Brousse di Villejuif, periferia Sud-Est di Parigi.
Farida con la sua divisa bianca martedì scorso è scesa lungo i boulevard di Parigi per rivendicare il mantenimento delle promesse fatte dal governo durante le settimane più drammatiche della pandemia di Covid-19. In molti sono arrivati davanti al Ministero della Salute Francese, che si affaccia sulla Esplanades des Invalides, il museo di storia dell’esercito francese che un tempo fu un ospedale per i reduci di guerra.
Decine di migliaia di persone hanno poi riempito le piazze della capitale e, come spesso accade, la rabbia è esplosa, forte di una voglia di libertà troppo repressa dal confinamento domestico, troppo disattesa da promesse non mantenute, troppo di tutto. I media in buona parte hanno seguito il solito schema nel commentare la giornata di protesta, poco spazio alle ragioni della lotta, molto a quella dei casseurs, i distruttori, quelli che rovinano sempre tutto e che alla fine vengono considerati i veri responsabili se la protesta viene duramente repressa.
Un copione noto sin dalle lotte per le otto ore lavorative del Primo maggio o da Genova 2001. Ciononostante la narrazione filmica che vuole triturare in una marmellata mediatica proteste e ragioni di sorta, come purtroppo spesso accade, questa volta inciampa nel volto disperato di Farida. L’infermiera è accerchiata da qualche gigante, che la ferma brutalmente, la trascina per terra prendendola per i capelli e l’ammanetta come il più pericoloso dei criminali.
Lei grida che ha bisogno della sua ventoline, lo spray per l’asma. Il suo corpo scompare dietro un muro di giganti. La figlia denuncia sui social l’accaduto e ricorda come sua madre non meriti tutto questo, perché non solo non ha fatto nulla durante la manifestazione, ma per tre mesi ha lavorato per 12–14 ore per fronteggiare l’emergenza sanitaria della pandemia.
È vero, Farida non merita tutto questo. Al pari di tutti gli infermieri e i medici e tutti gli altri operatori sanitari scesi in piazza nella capitale francese; scesi in piazza in Italia o nel resto del mondo
Le immagini di Farida stanno facendo il giro del mondo, in una eco delle grida sulla colpevole responsabilità delle scelte politiche che hanno portato ai disastri sanitari delle scorse settimane, con centinaia di vittime per Covid-19 in tutto il pianeta. È noto a tutti che unicamente la determinazione, la forza d’animo – e la disperazione qualche volta – la preparazione e la relazione e la solidarietà sono state le eccellenze attivate dai sanitari per sopperire la carenza di risorse umane, strumentali e strutturali dei sistemi sanitari.
Se il coronavirus ha potuto causare drammi e lutti lo si deve alla sua virulenza, veicolata e amplificata dall’agire di chi ha sacrificato il benessere e la salute in nome di interessi e profitti. Come già detto, nei prossimi anni sicuramente si produrranno studi sociologici ed epidemiologici che permetteranno di capire ciò che è accaduto. Per colpe e responsabilità la storia, ed ancor più la storiografia, già da ora possono sollevare il loro dito indice accusatore.
Nei giorni scorsi si sono riempite non solo le piazze francesi. In Italia gli infermieri hanno continuato la loro denuncia. Molti i flash mob messi in campo: da CGIL, CISL e UIL, dal Nursind e da Nursing-Up e dal Movimento Nazionale Infermieri, fino alla Cub sanità e all’USB. Le rivendicazioni, nelle loro articolate differenze, hanno avuto il comune denominatore nel rifiuto di mandare persi i sacrifici fatti.
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