Un infermiere di 36 anni dell'Aquila, in servizio presso l'ospedale di Senigallia, in provincia di Ancona, dovrà sostenere a dicembre un processo con l'accusa di truffa ai danni dello Stato e falso materiale commesso da un pubblico ufficiale. Secondo le indagini condotte dal sostituto procuratore della Repubblica dell'Aquila e dal Giudice delle Indagini Preliminari dello stesso Tribunale, l'imputato, convinto no vax, avrebbe creato un falso certificato vaccinale. Il documento falsificato dell'avvenuta vaccinazione contro il Covid, che ha indotto in errore sia il proprio Ordine professionale che il datore di lavoro, l'Azienda sanitaria unica regionale (Asur), gli avrebbe permesso di tornare impropriamente a lavorare, dopo che l'Opi al quale il professionista era iscritto, lo aveva inizialmente sospeso dalla professione per non avere ottemperato all'obbligo di legge previsto per i sanitari durante la pandemia. L'indagato non risultava infatti in possesso di “Green Pass”.
Per lavorare l'infermiere avrebbe prodotto documentazione vaccinale falsa
Secondo la ricostruzione dei fatti condotta dagli agenti della Digos, dopo circa una ventina di giorni dal provvedimento disposto dall'Ordine professionale l'infermiere avrebbe prodotto un certificato vaccinale rilasciato dall'autorità sanitaria della Repubblica di Santo Domingo, dove si sarebbe trovato in vacanza, che attestava l'avvenuta doppia somministrazione del vaccino Pfizer.
Il documento attestava che le due dosi previste erano state effettuate in data 16 dicembre 2021 e 6 gennaio 2022. Alla luce del certificato presentato, l'infermiere aveva ottenuto la revoca della sospensione ed era tornato regolarmente al lavoro.
Da ulteriori indagini condotte dagli inquirenti per approfondire la vicenda, è emerso invece che nel periodo indicato sul certificato vaccinale straniero l'infermiere risultava presente in servizio presso il suo posto di lavoro, pur non dovendoci essere, e non poteva pertanto trovarsi in viaggio a Santo Domingo.
Lo dimostrano le visure dei tabulati telefonici e la consultazione degli archivi della Polaria, la polizia di frontiera aerea. Il passaporto dell'indagato, preso in esame, non presentava altresì timbri né firme in entrata e in uscita dal paese caraibico. Inoltre, gli investigatori hanno evidenziato che in nessun caso l'infermiere avrebbe potuto trovarsi realmente all'estero in quanto per volare, secondo le disposizioni internazionali di quel periodo, avrebbe già dovuto essere in possesso della certificazione verde.
Le prove sinora raccolte hanno convinto il procuratore e il Gip che la falsa certificazione prodotta dall'indagato sarebbe stata strumentale alla revoca della sospensione dall'attività lavorativa e prodotta soltanto a distanza di tempo dalla notifica del provvedimento cautelare da parte dell'Ordine professionale
Gli agenti della Digos hanno pertanto provveduto, in attesa del processo in cui l'Asur risulta parte danneggiata, a notificare all'imputato l'ordinanza applicativa della misura interdittiva dalla professione infermieristica e il sequestro della somma di 8mila euro derivante dagli stipendi percepiti indebitamente, visto che non poteva lavorare non essendo vaccinato.
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