Un giorno ti svegli e improvvisamente la tua routine di vita cambia, ciò che ti sembrava lontano ahimè te lo ritrovi li, vicino a te. Da professionista cerchi di conoscere, studiare e capire. Inizialmente, nella fase acuta, il personale ospedaliero viene sottoposto ad una mole di lavoro non indifferente e tuttora si è costretti ad un forsennato ritmo lavorativo. In tutto ciò nessuno ha pensato come questo virus ha cambiato le abitudini di una RSA/casa di riposo?
In RSA abbiamo visto tutta la potenza del virus SARS-CoV-2
Abbiamo capito che il virus SARS-CoV-2 esiste e sfortunatamente può decimare gli ospiti, anziani pluripatologici e debilitati
Dentro queste strutture abbiamo capito che il virus SARS-CoV-2 esiste e sfortunatamente può decimare gli ospiti, anziani pluripatologici e debilitati. Si sono viste donazione molteplici, dagli alimentari ai tablet per far sentire il ricoverato vicino ai propri cari; scritte su cartelloni, elogi sui social con parolone come “eroi”, “salvatori”.
E noi? Non eravamo in prima linea, lo ammetto, ma lavoravamo in emergenza per poter contenere e limitare che il virus possa entrare. Da coordinatore infermieristico devo ammettere ahimè che siamo stati dimenticati. Ci si ricorda ora dove il problema sta prendendo piede.
Eppure, abbiamo completamente chiuso al pubblico il 9 marzo, nessun parente ha più messo piede in struttura, nemmeno nelle fasi finali di vita del proprio caro. Non avevamo mascherine o presidi in caso di sospetto contagio, eppure ci siamo arrangiati nel migliore dei modi, finché l’Ulss non ci ha rifornito.
Abbiamo adibito stanze d’isolamento in caso di contagio. Operatori che si sono improvvisati parrucchieri ed estetisti per permettere all’anziano una routine di vita, lontana da ansie e preoccupazioni. Videochiamate impostate a calendario per gestire relazioni, ansie e timori tra il famigliare e il proprio caro ricoverato.
Educatrici che a turno ridotto portavano avanti attività come se esternamente nulla succedesse. Operatori preoccupati, disinformati su ciò che accadeva e che poteva accadere dentro quelle mura. Mi sono prima formato io con due corsi su Covid-19 per poi formare loro , per avere almeno la certezza di poter contare su un’équipe preparata.
E poi arriva la temuta febbre , lieve distress respiratorio gestibile in struttura, il paziente viene messo in isolamento. E se ne aggiunge un altro 24 ore dopo, ci si prepara a gestire la situazione, arrivano i primi risultati positivi dei tamponi. Successivamente i tamponi positivi degli operatori sanitari ed è così che cambia l’assetto organizzativo. Saltano ferie e riposi.
Si cerca di salvaguardare i rimanenti ospiti da un probabile contagio, le attività, i servizi come è ovvio, continuano come se nulla fosse. Il personale è carente e fa quel che può tutelandosi con i DPI a disposizione.
Tutto ciò è stato messo in secondo piano, non siamo infermieri di seconda categoria , abbiamo solo scelto diverse strade di crescita professionale. E, nonostante tutto, siamo contenti così.
Giovanni Dal Zotto , Infermiere
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?