Attraverso una lettera formale coordinata dall’organizzazione sanitaria Global Nurses United, i sindacati infermieristici di 28 paesi in tutto il mondo, tra cui il NurSind in Italia, chiedono la liberalizzazione dei brevetti del vaccino anti Covid. L’obiettivo della richiesta è duplice: uscire dalla crisi pandemica e scongiurare l’insorgere di nuove varianti più trasmissibile di quelle già note.
Lettera dei sindacati infermieristici alle Nazioni Unite
C’è il NurSind per l’Italia tra i firmatari dell’appello formale lanciato dai sindacati di infermieri, appartenenti a 28 paesi nel mondo, alle Nazioni Unite. La richiesta è chiara: liberalizzare i brevetti dei vaccini anti Covid non solo per uscire dalla crisi pandemica ma anche per scongiurare l’insorgere di nuove varianti (come l’Omicron, la variante dell’orrore) maggiormente trasmissibili di quelle note fino a oggi. Una lettera – coordinata dall’organizzazione sanitaria Global Nurses United – scritta a seguito del rifiuto del Regno Unito, dell’Ue e di altri Stati a rifiutare temporaneamente i brevetti per i vaccini Covid, evidenziando che tale atteggiamento è già costato un numero imponente di vite umane nei paesi in via di sviluppo.
Inviata a nome delle sigle sindacali che rappresentano oltre 2,5 milioni di operatori sanitari a livello mondiale, la missiva riporta che il personale del comparto in questione ha assistito, in prima linea e senza retrocedere di un passo, al numero impressionante di decessi e all’imponente sofferenza provocata dall’inerzia della politica
. Lo scorso maggio, in merito alla liberalizzazione “temporanea” dei brevetti dei vaccini anti Covid, interpellato alla Camera durante un question time, il premier Mario Draghi si è detto favorevole al semaforo rosso temporaneo della proprietà intellettuale per le case farmaceutiche. A condizione, appunto, che sia limitato nel tempo, come indicato dagli esperti del settore
, così da non disincentivare la ricerca
. Prima di approdare alla liberalizzazione, dunque, secondo Draghi occorre compiere dei passi più semplici: in primis rimuovere il sostanziale blocco alle esportazioni che alcuni paesi continuano a mantenere
. E, al contempo, incrementare la produzione, sia attraverso il trasferimento tecnologico, sia con l’individuazione di nuovi siti
per la produzione dei vaccini anti Covid.
Apartheid vaccinale
Occorre rimarcare che il diniego, da parte di taluni paesi, a modificare le regole che riguardano i diritti di proprietà intellettuale per i vaccini ha contribuito a dare il là a quello che è stato definito un “apartheid vaccinale”, in cui le nazioni più benestanti si sono garantite almeno 7 miliardi di dosi, mentre quelle a basso reddito ne hanno circa 300 milioni, si legge nella lettera. Stiamo parlando, pertanto, di una distribuzione “ingiusta”, come sostengono – ad esempio – l’India e il Sudafrica, che hanno fatto pressioni sull’Omc (l’Organizzazione mondiale del commercio) per contribuire al miglioramento dell’accesso vaccinale declinando l’accordo multinazionale inerente gli aspetti sul commercio dei diritti di proprietà intellettuale (i cosiddetti Trips).
I sostenitori ritengono che una deroga, seppur temporanea, alle disposizioni dei Trips permetterebbe una produzione più ampia dei vaccini, migliorando la distribuzione nel mondo. Ed ecco che imboccare la strada della sospensione dei diritti di proprietà intellettuale per vaccini, test, nonché trattamenti Covid-19 detenuti dall’industria farmaceutica, permetterebbe sia di incrementare la produzione mondiale di vaccini sia di soddisfare la domanda di dosi, in paesi che sono impossibilitati a pagare i prezzi che vengono applicati dall’industria farmaceutica. Insomma, la tutela dei brevetti non dovrebbe mai costituire un ostacolo ai governi a tutelare la salute dei propri cittadini.
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