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Il vuoto dentro: Indagine su fenomeno suicidario e prevenzione

di Redazione

L'incremento del tasso dei suicidi e delle condotte suicidarie soprattutto nei giovani è veramente allarmante. La persona che tenta il suicido è mossa da una grande disperazione, che sia questa momentanea o duratura nel tempo e usare l'agito suicidario per chiedere aiuto dimostra quanta sofferenza ci sia alla base del gesto. Intorno a questo si articola l’elaborato di tesi di laurea della collega Sara Baldassi - pubblicata anche sulla rivista Obbiettivo professione infermieristica del collegio Ipasvi di Firenze - che ha condotto un’indagine sui fattori di rischio, prevenzione e trattamento di questa particolare tipologia di pazienti.

Suicidio e condotta suicidaria: Le caratteristiche del fenomeno

Tra le metodiche di agito suicidario vi è l'overdose da farmaci

Il suicidio è un fenomeno attuale e ricorrente oggi più che mai; molte sono le teorie elaborate per cercare di capire e spiegare tale gesto che rimane comunque un grande mistero.

Mi sono interessata di questo argomento per la mia tesi di laurea colpita da un caso particolare di tentato suicidio; fu il mio primo paziente nel mio primo tirocinio del primo anno di infermieristica, era una ragazzina di 14 anni che si era gettata dal tetto di casa sua. La ragazza sopravvisse con non pochi danni muscolo scheletrici che furono con il tempo trattati e risolti, ma il danno più importante lo portava dentro.

La condotta suicidaria viene interpretata come il sintomo più tragico di una profonda sofferenza interiore, di un disagio e dell'inquietudine giovanile ovvero la condizione esistenziale di un'intera generazione che spesso questa società si ostina a rimuovere dalla propria coscienza a causa della complessità del tema, delle incomprensibili ragioni che stanno spesso alla base del gesto. Ogni anno si affacciano nuovi segnali di inquietudine, si creano reti di servizio della quale non si conosce l'efficacia, gli operatori hanno difficoltà ad affrontare e gestire tale fenomeno.

Negli ultimi 20 anni la crescita dei suicidi nei ragazzi italiani è aumentato del 100%, le condotte autolesive rappresentano la seconda causa di morte dei giovani precedute solo da incidenti stradali e a pari merito con la morte per overdose da eroina.

La clinica psichiatrica ci insegna che uno dei principali sintomi della depressione è la perdita di speranza; questa perdita di speranza deriva da una morte interiore, da un soffocamento. Il suicidio di un giovane non nasce da grandi problemi, ma da piccole scosse inavvertite, piccole sconfitte quotidiane, che galleggiano come chiazze di petrolio sul mare dell'indifferenza degli adulti. La condotta suicidaria è diventata secondo vari punti di vista un prodotto del cambiamento sociale, l'esplosione di un'anomalia comportamentale o l'atto che cela una vulnerabilità caratteriale.

Il suicida sfugge alla prevedibilità e alla razionalizzazione, il suo comportamento è imprevedibile per chiunque gli sia stato vicino, chi lo ha seguito, chi lo ha avuto in cura, per la famiglia stessa.

L'indagine sul fenomeno suicidario e sulle modalità di prevenzione

Le ricerche condotte per l'analisi del fenomeno sono state svolte attraverso interviste semi-strutturate agli operatori dell'ospedale San Giuseppe di Empoli e agli operatori dei servizi di salute mentale, indagando sulle metodiche di centralizzazione, presa in carico, stabilizzazione organica e mentale, della continuità terapeutico assistenziale fino al loro reintegro sociale.

Ulteriore materiale di indagine sui fattori di rischio, prevenzione e trattamento di questa particolare tipologia di pazienti è stata raccolta durante il congresso di suicidologia e salute pubblica, tenutosi all'università la Sapienza di Roma, in occasione della giornata mondiale della prevenzione al suicidio.

L'analisi dei dati

Se analizziamo la frequenza di suicidio nelle varie classi di età vedremo che l'incidenza del suicidio nei paesi occidentali tende ad aumentare con l'invecchiamento:

Florence Nightingale

Ma rappresenta comunque per i giovani una delle cause più frequenti di morte; mentre la percentuale delle morti per incidente stradale diminuisce con l'età, quella dei suicidi cresce.

Nelle persone fra 20 e 29 anni il suicidio rappresenta la quarta e tendenzialmente la terza causa di morte dopo i disturbi cardiocircolatori; nel 1989 i suicidi compiuti da persone con meno di 29 anni sono infatti il 12,4% della totalità del fenomeno.

Valutando poi la differenza fra i sessi troveremo notevoli differenze, nonostante infatti la crescita dei tassi di suicidio tra i ragazzi sia stata tra il 1960 e il 1981 non molto più evidente di quella fra le ragazze, il rapporto fra questi due valori continua a marcare una netta disuguaglianza (quattro suicidi maschili per un suicidio femminile).

Florence Nightingale

Le donne hanno due volte più probabilità di tentare il suicidio rispetto agli uomini, ma questi ultimi riescono nel loro intento due volte di più delle donne. Le fonti statistiche offrono una stima per difetto del fenomeno, ovvero non tengono conto per esempio delle morti per overdose da eroina, almeno un terzo di questi secondo l'Oms sono da ritenersi veri e propri suicidi; né delle cause di morte per ingestione di sostanze tossiche classificate come ''indeterminate'' o ''accidentali''.

I dati relativi ai tentativi di suicidio nel mondo non sono univoci come quelli riguardanti il suicido, in quanto non esiste un unico organismo come l'OMS deputato al monitoraggio dei tentativi suicidari che avvengono ogni anno in tutte le nazioni.

Per quanto riguarda il tentato suicido dobbiamo fare una distinzione fra:

  • Ideazione suicidaria: cognizioni che possono variare da pensieri fugaci che la vita non meriti di essere vissuta a progetti ben concreti e meditati di auto-soppressione, situazione in cui l'individuo ha l'idea di auto-sopprimersi senza arrivare però alla messa in atto dell'agito suicidario.
  • Comportamento autolesivo: serie di atti direttamente ripetuti dall'individuo, su se stesso con risultato di un danno fisico e psichico, che possono causare una cessazione prematura della vita, si includono sia metodi attivi come l'automutilazione o l'ingestione di sostanze estranee che passivi come rifiutarsi di mangiare e/o bere o di assumere medicamenti necessari.
  • Parasuicidio: atto ad esito non fatale in cui un individuo mette in atto deliberatamente un comportamento non abituale che, senza l'aiuto di altri, danneggia se stesso; oppure ingestione in eccesso di una sostanza generalmente riconosciuta come terapeutica che gli è stata prescritta in dosaggio terapeutico, mirando ad ottenere in diretta conseguenza di ciò un danno fisico.

Suicidio e fattori di rischio

Quali sono i fattori di rischio e correlazione per il suicidio? L'espressione effetto Werther si riferisce al fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione di massa provoca nella società una catena di altri suicidi.

Altri significativi indicatori di rischio e fattori precipitanti per il comportamento suicidario sono la familiarità suicidaria e psichiatrica, traumi infantili quali un’esperienza di affidamento, sentimenti di hopelessness, l’isolamento sociale, uno status socioeconomico basso o la disoccupazione (soprattutto se prolungata), la mancanza di un legame affettivo stabile (stato di single, separato o divorziato), un recente cambiamento nella situazione abitativa (soprattutto tra gli anziani è frequente il cambio di domicilio nei 12 mesi precedenti un tentativo di suicidio), una storia di comportamenti criminali o di episodi di violenza familiare negli ultimi 5 anni, una storia di trattamento psichiatrico.

La presa in carico del paziente con condotta suicidaria

Ma come avviene la presa in carico di pazienti che hanno messo in atto tentativi di suicidio in base alle tipologie dell'agito suicidario e di lesioni riportate? Quanto sono realmente preparati gli operatori a fronteggiare questo fenomeno?

Dall'indagine descrittiva svolta da me attraverso interviste semi-strutturate agli operatori della struttura ospedaliera presa in esame, al fine di conoscere le modalità di presa in carico e le metodologie di continuità terapeutico assistenziale, si evince che le principali metodiche di agito suicidario sono:

Florence Nightingale

  • Impiccagione
  • Ingestione di caustici
  • Overdose da farmaci
  • Precipitazioni
  • Arma da fuoco

Gli infermieri e i medici del 118 sono i primi operatori ad intervenire su questi pazienti, identificando la tipologia dell'agito, effettuando una prima valutazione dell'intento (se finalizzato alla ricerca della morte o alla ricerca di attenzione) attraverso l'osservazione dell'ambiente, dei presidi utilizzati per compiere il gesto e valutando se il paziente prima di commettere il tentato suicidio ha allertato qualche conoscente affinché potesse soccorrerlo.

Il paziente viene stabilizzato valutandone lo stato di coscienza ed effettuando una valutazione secondo l'algoritmo ABCDE e stabilizzando le lesioni riportate; gli operatori raccolgono una veloce anamnesi e procedono ad un rapido trasporto in ospedale secondo criteri di centralizzazione specifici. Nella presa in carico del pronto soccorso il paziente che ha tentato il suicidio viene trattato come un politrauma, a causa delle possibili lesioni occulte e dei danni sistemici riportati.

Metodica dell'agito suicidario Lesioni evidenti Lesioni occulte
Impiccagione Lesioni esterne del collo Frattura osso ioide, ipossia cerebrale, lesioni dei vasi, aritmie cardiache, arresto cardiaco
Arma da fuoco Foro di entrata e uscita, emorragia esterna Lesione dei vasi interni con emorragia interna, lesioni multiple degli organi interni
Ingestione di caustici Lesioni della mucosa gastrica ed esofagea con sanguinamento e necrosi Danno multiorgano causato dalla molecola tossica, in particolare danno cardiaco, epatico, polmonare e renale
Precipitazione Lesioni degli arti, fratture esposte, lacerazioni tessutali, ematomi, ecchimosi Frattura ed esplosione dei corpi vertebrali, lesioni mieliniche, lesioni dei nervi, lesioni degli organi interni, emorragia interna

Lo psichiatra effettuerà già in questa fase un primo colloquio diagnostico con il paziente o se non è in grado di sostenerlo con la famiglia. La continuità assistenziale viene garantita a questi pazienti in 5 modalità:

In rianimazione vengono ricoverati solitamente quei pazienti che riportano lesioni multiple e sviluppano un'insufficienza multi organo, hanno quindi bisogno di un trattamento intensivo per le lesioni organiche e per il ripristino della funzionalità compromesse. Successivamente il paziente verrà ricoverato in reparti di minor intensità di cura, come in reparti di ortopedia e medicina.

Nei reparti ortopedici il paziente verrà sottoposto a interventi riabilitativi da parte dell'ortopedico e del fisioterapista con collaborazione infermieristica, rivolti alla riconquista dell'autonomia, della funzionalità delle parti lesionate e all'educazione dell'utilizzo di presidi per la deambulazione. Dopo la stabilizzazione delle lesioni organiche più complesse il paziente continua il suo percorso riabilitativo ed assistenziale nel Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura (Spdc). La scelta del ricovero secondo le informazioni da me ottenute tramite l'intervista, dipende dalla valutazione psichiatrica.

Al momento del ricovero viene effettuato un colloquio con il paziente e la famiglia dallo psichiatra e dall'infermiere di area psichiatrica al fine di comprendere le reali situazioni e problematiche del paziente e della famiglia, parte integrante dell'assistenza.

L'infermiere si occupa di promuovere un adattamento funzionale al progetto di cura per la persona ponendo basi per una relazione terapeutica, cercando di instaurare un rapporto di fiducia con il paziente, cercando di integrare il paziente stesso nel suo progetto di cura come parte attiva. Molto importante è il momento della terapia utilizzato come setting, ovvero l'insieme delle situazioni che ospitano delimitano e sostengono l'intervento, la terapia è il mezzo attraverso il quale l'infermiere entra in contatto con il paziente e mette questo in condizioni favorevoli per cominciare il processo di cura.

Successivamente la continuità terapeutica viene garantita attraverso:

  • servizio per l'assistenza diurna, come il Csm
  • servizi semi residenziali
  • servizi residenziali distinti in strutture terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative.

Per la dimissione di un paziente che si è confrontato con il problema della morte viene utilizzata una dimissione protetta, dove viene stabilita con il paziente una data di dimissione per valutare la sua capacità di lasciare questo luogo protetto ed entrare nuovamente a far parte del mondo esterno. Durante gli ultimi periodi di degenza in Spdc vengono effettuate visite e controlli da parte dello psichiatra di pertinenza territoriale e degli infermieri dei servizi di salute mentale territoriali, che si occuperanno della continuità assistenziale, cominciando ad instaurare con il paziente un rapporto di confidenza e fiducia, viene registrato per tanto in cartella orario e giorno in cui incontrerà gli operatori del servizio territoriale.

Viene inoltre fornita al paziente e alla famiglia una relazione di degenza promemoria in cui è indicato il giorno e l'ora delle visite domiciliari o ambulatoriali in base alla tipologia di dimissione e i recapiti telefonici di riferimento da chiamare in caso di necessità.

Il periodo post dimissione è il più delicato; nel paziente infatti il rischio di suicidio aumenta drasticamente nelle prime 4 settimane post dimissione, le ragioni del rischio sono dovute dall'impatto del soggetto con il mondo reale che può far emergere pensieri disfunzionali sopiti spingendolo in un profondo stato di disperazione e solitudine.

Infermieri e medici dei servizi territoriali pongono particolare attenzione a questi soggetti, monitorizzando in modo molto ravvicinato le condizioni psicopatologiche e l'ideazione suicidaria del paziente nel suo non sempre facile reinserimento sociale. Per valutare il rischio suicidario nei pazienti ospedalizzati e non solo, vengono utilizzate delle scale di valutazione specifiche oltre ad un'indagine accurata sui comportamenti disfunzionali all'interno delle famiglie.

È importante valutare la reale possibilità di mettere in atto un tentativo di suicidio, la possibilità che la persona ha di ottenere e raggiungere i mezzi per togliersi la vita, minacciare il suicidio è una chiara richiesta di aiuto da parte della stessa persona.

Come prevenire o arginare il fenomeno suicidario

Il suicidio non è necessariamente la manifestazione di un disturbo mentale, per la maggior parte delle persone può essere utile l'indicazione di rivolgersi ad un numero verde del progetto di prevenzione della propria regione. Si è visto infatti che di solito le persone trovano giovamento al loro disagio potendo parlare in qualche ora della giornata con un operatore formato capace di dare ascolto,sostegno e orientamento alle difficoltà espresse.

Se a volte può essere sufficiente avere l'appoggio di una specie di telefono amico, altre volte può essere utile invece incontrare una figura esperta, soprattutto se la persona in questione non si è mai rivolta ai servizi socio-sanitari territoriali, per reticenza, vergogna, per timore dello stigma o semplicemente per assenza di conoscenza. Per la maggior parte delle persone è sufficiente ricevere un aiuto che permetta di approfondire le motivazioni delle loro difficoltà e orientarli verso il sostegno di reti di competenza.

Il medico di medicina generale ha il compito di dare spiegazioni chiare ed esaustive sulla sua decisione di inviare il paziente alla rete dei servizi specializzati (Csm), per alleviare i timori relativi allo stigma e all'eventuale assunzione di farmaci psicotropi, chiarire che le terapie farmacologiche e psicologiche possono essere molto efficaci, è importante che il medico riesca a trasmettere alla persona che inviandolo ad una rete di servizi non lo abbandona, ma anzi che rimarrà in contatto con il collega psichiatra, assicurando una continuità terapeutica.

Altre volte invece può essere necessario un intervento d'urgenza da parte del medico di medicina generale che contatterà immediatamente i servizi di emergenza e urgenza o invocare lo stato di necessità ed inviare il paziente in Spdc.

Nel 2013 l’Assemblea dell’Oms ha adottato il Mental health action plan 2013–2020 che indica tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2020 la riduzione del 10% del tasso di suicidio. Le azioni efficaci per la prevenzione, ribadite anche nel report Preventing suicide: a global imperative, contemplano la restrizione della disponibilità e accesso ai mezzi utilizzati per attuare i suicidi (in primo luogo le armi da fuoco), la predisposizione di barriere che impediscano la caduta da luoghi elevati (quali viadotti, ponti, ecc) e l’implementare di politiche per la riduzione dell’abuso di alcool e droghe.

L’Oms rimarca anche l’importanza di promuovere un atteggiamento responsabile da parte dei media per ciò che concerne le informazioni sui casi di suicidio e a questo riguardo sottolinea che maggiori sforzi andrebbero fatti per migliorare le strategie comunicative, evitando per esempio l’uso di un linguaggio sensazionalistico e la presentazione dell’atto suicida come la soluzione di un problema, ma anche evitando di mostrare immagini e di descrivere il metodo utilizzato.

Inoltre è importante porre particolare attenzione alla rete internet e ai siti che gli adolescenti visitano, ne è un chiaro esempio la situazione che stiamo vivendo a causa di giochi come il Blue Whale e altri giochi mortali che utilizzano internet per diffondersi.

Sarebbe invece utile in questi casi, fornire informazioni su dove trovare aiuto in caso di bisogno. Fondamentale è anche il follow-up e la presa in carico delle persone che hanno in passato tentato il suicidio, perché soggetti ad alto rischio di ripetizione dell’atto con esiti letali; nell’ambito della programmazione di politiche d’intervento occorre poi tener conto che il decesso per suicidio si ripercuote con effetti destabilizzanti sulle persone con le quali il soggetto era in relazione, quindi particolare attenzione andrebbe posta anche alle azioni di supporto dirette alla rete familiare e affettiva delle persone decedute per suicidio.

Infine va menzionato che, come indicato anche dall’Oms, la malattia psichiatrica non è l’unico fattore di rischio per il suicidio, pertanto le politiche di prevenzione del suicidio non possono essere confinate al solo ambito sanitario ma devono tener conto anche dei potenziali fattori di rischio a livello di contesto sociale e relazionale.

È possibile utilizzare diverse scale di valutazione per valutare il rischio di suicidio, che quantificano lo stato di ''mancanza di speranza'', depressione e intenzione suicidaria; ma è certamente più efficace un buon colloquio clinico per arrivare ad un'ampia conoscenza dei problemi del paziente e quindi ad una più accurata valutazione del rischio.

Tra le scale di valutazione più utilizzate ricordiamo:

  • BHS (Beck Hopelessness Scale): Misura la gravità degli atteggiamenti negativi nei confronti del futuro, percepiti da adolescenti e adulti, originariamente sviluppata per misurare il pessimismo in pazienti considerati a rischio di suicidio, è valida per essere utilizzata sia con adolescenti che con adulti;
  • la scala di valutazione MAST, per la valutazione dell’atteggiamento verso la vita e la morte.

L'ospedale nel quale ho svolto le indagini ha adottato per tutta la struttura parte del protocollo di sicurezza e prevenzione del suicidio che era stato elaborato inizialmente in modo specifico per il reparto di psichiatria.

Non sottovalutare quel vuoto dentro che porta a tentare il suicidio

La persona che tenta il suicidio è mossa da una grande disperazione

L'incremento del tasso dei suicidi e delle condotte suicidarie soprattutto nei giovani è veramente allarmante; la persona che tenta il suicido è mossa da una grande disperazione che sia questa momentanea o duratura nel tempo e usare l'agito suicidario per chiedere aiuto dimostra quanta sofferenza ci sia alla base del gesto. I numerosi fattori di rischio e le problematiche alla base di questo sono molteplici, a volte si tratta di patologie non riconosciute, altre volte di una profonda perdita di speranza e di una fragilità interiore.

Prendersi cura di un paziente fragile che si trova all'interno delle strutture sanitarie richiede grande attenzione e grande empatia, è necessario cercare di entrare in relazione con il paziente e con la propria famiglia, valutare i gesti i comportamenti, il linguaggio verbale e ancora più il non verbale, indagare nella rete famigliare cercare di capire la fonte della disperazione e quanto il paziente sia intenzionato a ripetere il gesto. Il fenomeno suicidario rimane sempre un mistero, non ci sono inoltre percorsi specifici di trattamento da seguire per questa tipologia di pazienti fragili e questo rende ancora più difficile il ruolo dell'infermiere che deve trovare da solo il giusto metodo di lavoro, le giuste strategie da attuare e il proprio modo per superare i sentimenti di dolore, frustrazione e demoralizzazione che prova quando un paziente riesce a togliersi la vita.

Prima ancora di prevenire e trattare il fenomeno in ospedale dovremmo cercare di arginarlo nei contesi di vita della persona: la famiglia, tra gli amici e i parenti. Importante è cercare di scorgere la disperazione e il disagio che si nasconde dietro le parole e i gesti nei nostri cari.

La fondazione internazionale Menarini ha realizzato nel corso della sua vita oltre 300 conferenze internazionali su argomenti e tematiche di specifico interesse medico fra le quali ''il suicidio'' e organizza ogni anno nelle due giornate dedicate alla prevenzione del suicidio, un congresso dove vengono trattati con infermieri, psichiatri e psicologi argomenti riguardanti il fenomeno, i fattori di rischio, le strategie di prevenzioni possibilmente realizzabili, come interagire con i pazienti a rischio prima che si manifesti il comportamento suicidario, come interagire con il paziente che ha tentato il suicidio, come reintegrare questi pazienti nella società e nella vita di tutti giorni dove si troveranno a dover fare i conti con il giudizio della gente, con le loro debolezze e fragilità.

Molti professionisti operano singolarmente e in team per studiare il fenomeno suicidario, consapevoli del fatto che non si riesce mai a capire davvero quanto siano grandi le dimensione del vuoto che ognuno ha dentro di sé.

Sara Baldassi, Infermiera

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