La celiachia è una malattia antica ma tuttora significativa e presente tanto che oggi è riscontrabile un caso su 100 e che con buona probabilità non sa di esserlo. Già nel primo sec a.C. si inizia a documentare una sindrome da malassorbimento.
Celiachia
Molto piu avanti nel 1888, il pediatra Samuel Gee, affermò che la cura della celiachia consisteva in una dieta alimentare perché capì che la celiachia era dovuta a un alimento non ancora precisato.
Successivamente nel 1944 a causa di una carestia in olanda, e quindi alla carenza di farina si notò che il tasso di mortalità dei bambini diminuì drasticamente e proporzionalmente lo stesso tasso aumentò quando la farina venne reintrodotta perciò attribuì alla farina la causa della malattia.
Oggi è definita come un’enteropatia autoimmune geneticamente determinata definita come un’intolleranza permanete al glutine, o per meglio dire a una specifica classe di proteine, le prolammine.
La grande peculiarità della celiachia rispetto ad altre patologie autoimmuni è indubbiamente la conoscenza del fattore causale-ambientale: la gliadina, una frazione del glutine.
Gli attivatori chiave della malattia celiaca sono la presenza sul cromosoma 6 degli aplotipi HLA-DQ2 e HLA-DQ8.
L’epidemiologia della celiachia, quindi può essere rappresentata, come proposto da Richard Logan nel 1992, come un iceberg, la cui punta è costituita dai soggetti diagnosticati ed il sommerso da quelli non riconosciuti. Per fortuna con la scoperta dei test anticorpali si ha avuto un incremento esponenziale della diagnosi.
Fino ad un paio di anni fa e per 20anni il protocollo di diagnosi prevedeva l’indagine sierologica con determinati marcatori anticorpali (aga,ema, ttg) seguiti in caso di positività dalla biopsia intestinale. Il test genetico hla veniva e viene tuttora eseguito solo in caso di dubbia sierologia.
Le due maggiori società scientifiche europea (naspghan) e americana (espghan) di gastroenterologia pediatrica indicano che oggi è possibile concludere una diagnosi di celiachia senza sottoporre il paziente alla biopsia ma solo in determinati casi e condizioni, ossia: bambini con età inferiore ai 2 anni,dosaggio degli anticorpi anti-transglutaminasi e se questi sono superiori di 10volte il valore normale si esegue un altro prelievo, sugli anticorpi anti-endomisio, per confermare la patologia.
Chi è celiaco potrebbe avere anche dei deficit degli anticorpi IgA perciò vengono dosati anche gli anticorpi
Antigiadina deaminata (dpg). Ultimo test, è quello genetico che se è positivo,come dicevo prima, ci sarà la possibilità di non effettuare la biopsia intestinale.
L’antigliadina, a causa della sua poca specificità non viene piu eseguito
Essendo una malattia cronica è opportuno che l’infermiere sappia cosa fare. Ce lo dice il DM 739/94. Deve sapere e saper essere per svolgere appieno il ruolo contemplato anche nel codice deontologico dal punto di vista terapeutico, psicologico ed educativo.
Infatti, nasce il counselling, un metodo grazie al quale,la famiglia e il loro figlio, acquisiscono la consapevolezza della malattia. Essi devono affrontare una serie di cambiamenti che saranno metabolizzati col tempo. Hanno bisogno di informazioni, di essere ascoltati, formati ed educati fino a raggiungere il passo successivo dell’empowerment dove l’infermiere delega la famiglia del bambino a gestire la malattia rendendolo il protagonista della cura affinchè si creino le condizioni giuste per l’adesione alla dieta.
Per capire la problematica mi è sembrato interessante soffermarmi su questo progetto, In Fuga dal Glutine, eseguito in Lombardia a cura della dietista dell’AIC Lavinia Cappella. Il progetto ha visto partecipare le scuole dell’infanzia, i genitori dei bambini e le loro maestre. Gli incontri si sono basati sulla formazione della malattia celiaca , l’aderenza alla dieta e l’aspetto psicologico del bambino celiaco.
Ci sono stati dei riscontri che hanno permesso di mettere in evidenza i cambiamenti positivi nei confronti del bambino celiaco che inizialmente veniva allontanato con l’etichetta di malato o che egli stesso si allontanava perché diverso; adesso invece si sentono coinvolti e interrogati sulla propria malattia, integrati e accettati non più per la loro diversità ma per quello che sono.
A questo progetto hanno inoltre partecipato gastroenterologi, pediatri, psicologi e assistenti sociali quindi si è assolto appieno il ruolo dell’infermiere.
Però l’infermiere non deve assistere solo dal punto di vista psicologico ma anche durante l’ ospedalizzazione infatti dev’essere in grado di riconoscere i principali disturbi gastrointestinali e alimentari. Deve monitorare segni e sintomi di squilibrio idroelettrolitico , deve saper valutare lo stato di nutrizione, garantendo piccoli pasti piu volte al giorno, rendere piacevole l’ambiente e assicurarsi la presenza della madre per i più piccoli; deve inoltre monitorare tutti i parametri auxologici e la comparsa di malattia associate alla celiachia come il diabete, la sindrome di Sjogren o il mordo di Addison.
Una volta all’anno verranno effettuati i follow up innanzitutto per mantenere controllata la malattia e successivamente per ridurre l’esperienza dell’ospedalizzazione,descritta come negativa.
I celiaci iniziarono ad avere dei Diritti quando l’AIC, nel 1979, nacque per tutelare le famiglie che richiedevano l’erogazione gratuita dei prodotti confermata poi dal decreto Veronesi attraverso la Legge 123/05 che definisce la celiachia come una malattia sociale e stabilisce i suoi punti fondamentali:
Effettuare la diagnosi precoce, migliorare le modalità di cura, agevolare i celiaci attraverso un adeguato accesso di ristorazione, migliorare l’educazione sanitaria della popolazione sulla celiachia, organizzare aggiornamenti per il personale sanitario.
Spero che con le mie osservazioni non si arrechi più quel disagio di una volta riguardo la biopsia e l’accettazione sofferta della prima diagnosi di celiachia anche se il comune denominatore è lo stesso, quello di una vita senza glutine.
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