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Patologia

Scompenso cardiaco: indagini diagnostiche

di Redazione

Il numero dei pazienti affetti da scompenso cardiaco sta progressivamente aumentando nelle popolazioni occidentali. Il riconoscimento tempestivo ed appropriato di soggetti portatori della patologia può portare non solo ad una gestione terapeutica efficace, ma anche ad un notevole risparmio, dunque ad un miglioramento dell'efficienza.

Riconoscere tempestivamente lo scompenso cardiaco

Florence Nightingale

Il numero dei pazienti affetti da scompenso cardiaco sta progressivamente aumentando nelle popolazioni occidentali, principalmente per l'aumento della durata della vita ma anche per l'aumentata sopravvivenza dei pazienti affetti da patologie acute cerebrovascolari come sindromi coronariche acute ed ictus cerebrale.

Sono numerosi gli studi epidemiologici, sia in USA che in Europa, dai quali si può evincere una prevalenza media per la popolazione generale intorno al 2%, con un'età media dei pazienti tra i 70 ed i 75 anni.

Si comprende dunque facilmente come, a seconda dell'età delle popolazioni studiate, la prevalenza possa variare molto, fino a superare il 10% della popolazione generale oltre gli 80 anni. In Italia è possibile stimare in almeno un milione, il numero di cittadini con una forma clinicamente evidente di scompenso cardiaco. A fronte di questa larga fetta di popolazione generale sta un'altra, ancor più ampia, in cui lo scompenso cardiaco non è manifesto clinicamente, ma è comunque presente una forma di insufficienza cardiaca.

Il riconoscimento tempestivo ed appropriato di questi soggetti può portare non solo ad una gestione terapeutica efficace, ma anche ad un notevole risparmio, dunque ad un miglioramento dell'efficienza.

I costi progressivamente crescenti sono infatti uno dei nodi principali dello scompenso cardiaco, una condizione che, se non appropriatamente diagnosticata ed opportunamente trattata a domicilio, può portare ad un notevole assorbimento di risorse per ricoveri ospedalieri prolungati e ripetuti.

Spesso i termini di scompenso cardiaco, insufficienza cardiaca, disfunzione ventricolare sinistra vengo usati come interscambiabili; a questo si aggiunge un ulteriore possibile elemento di confusione, introdotto dalla recente individuazione, nella classificazione americana, di un stadio precoce, in cui rientrerebbero le patologie cosiddette "a rischio di scompenso".

Riteniamo invece opportuno focalizzare la nostra attenzione sugli aspetti clinici dello scompenso cardiaco, ricordando come questo si configuri come una sindrome clinica, con molteplici alterazioni funzionali, sistemiche o locali, che segue più o meno rapidamente la condizione fisiopatologica di insufficienza cardiaca. Si tratta dunque di un continuum fisiopatologico che parte dalla disfunzione del ventricolo sinistro, passa attraverso l'insufficienza cardiaca, ed arriva allo scompenso cardiaco quando si fanno evidenti certi segni clinici.

Prima di entrare nel merito delle specifiche indagini diagnostiche opportune per identificare una forma di scompenso cardiaco, è necessario premettere che lo spettro clinico dello SC si sta attualmente modificando per una serie di fattori:

  • l'eziologia coronarica in crescente aumento, tanto da costituire ormai il 70% circa dei casi
  • la possibile assenza di segni e sintomi di congestione, che invece contraddistinguevano lo scompenso cardiaco per definizione (il vecchio termine di "scompenso cardiaco congestizio" dunque può non identificare tutti i casi di insufficienza cardiaca)
  • la morte improvvisa, anche senza precedenti sintomi di congestione, incide ormai in circa il 50% dei casi
  • la funzione sistolica è conservata nel 30-40% dei casi quando vengono all'osservazione del cardiologo. In questi casi è possibile una disfunzione temporanea della pompa, oppure è presente una disfunzione diastolica (vedi, nella definizione soprariportata, il concetto di incapacità del cuore non solo a pompare, ma anche a "riempirsi" di sangue)
  • la stragrande maggioranza dei pazienti affetti da scompenso cardiaco è in classe funzionale NYHA I-II: se è vero che la mortalità relativa è molto più alta per i pazienti in classe avanzata (III e IV), ciò significa che in termini assoluti il numero di decessi è molto più alto in classi meno avanzate
  • per tutte queste ragioni si comprende come la precocità e la correttezza della diagnosi costituiscano un elemento cruciale per le successive scelte cliniche

Segni e sintomi di scompenso cardiaco

I meccanismi responsabili per l'intolleranza allo sforzo in pazienti con scompenso cardiaco cronico non sono stati chiaramente definiti. Pazienti con una frazione di eiezione molto ridotta possono essere asintomatici, mentre pazienti con preservata funzione sistolica ventricolare sinistra possono avere una disabilità severa. La discordanza apparente tra la severità della disfunzione sistolica e il grado di alterazione funzionale non è stata ben compresa nonostante ricerche approfondite.

È implicito il concetto che, in assenza dei classici sintomi e segni di congestione, saranno le indagini strumentali a guidarci verso la diagnosi di scompenso cardiaco. Ma è anche vero che il Medico di Medicina Generale (MMG) deve saper sospettare uno scompenso cardiaco anche in presenza di quadri clinici sfumati, o atipici, o precoci, per poter indirizzare il paziente verso quelle indagini strumentali che poi confermeranno o meno il sospetto clinico.

In generale, pazienti con disfunzione ventricolare sinistra si presentano al medico in uno dei tre modi seguenti: con una sindrome da ridotta tolleranza allo sforzo; con una sindrome da ritenzione di liquidi; oppure i sintomi sono del tutto assenti, e la scoperta della disfunzione ventricolare sinistra è accidentale.

Diagnosi dello scompenso cardiaco: indagini di laboratorio

Per quanto riguarda le indagini diagnostiche, quando vi sia un sospetto clinico di scompenso cardiaco i test emato-chimici di laboratorio possono fornire elementi molto importanti. In particolare, è necessario conoscere emocromo, es. urine, elettroliti serici (incluso Ca e Mg), azotemia, creatininemia, glicemia, test epatici, TSH.

Una volta stabilita la diagnosi, gli elettroliti serici e la funzione renale dovranno essere oggetto di un monitoraggio seriato. Sebbene la noradrenalina, la renina, l'angiotensina II e l'aldosterone siano correlati con la severità e la prognosi dello scompenso cardiaco, nel singolo paziente le indagini laboratoristiche per la valutazione neuroendocrina risultano di difficile interpretazione. Si raccomanda di destinare la determinazione dell'acido vanilmandelico e delle catecolamine a pazienti selezionati.

Dato che le concentrazioni dei peptici natriuretici (ANP e BNP) aumentano precocemente in corso di disfunzione cardiaca, prima del manifestarsi dei sintomi, il loro impiego dovrebbe progressivamente estendersi, di pari passo con la maggior disponibilità di strumenti di misurazioni semplici, ripetibili, affidabili e a basso costo.

In particolare, l'ANP è rinvenuto principalmente negli atri e rilasciato nel sangue come risposta ad un incremento della distensione striale, mentre il BNP viene prodotto nei ventricoli. Il suo livello plasmatico correla con il grado di disfunzione ventricolare, ma è sensibile anche ad altri fattori biologici quali l'età ed il sesso.

La sua determinazione può risultare utile come guida all'ottimizzazione della terapia, ma è soprattutto nella fase iniziale della diagnosi che può risultare estremamente utile, specialmente per il suo elevato valore predittivo negativo. Di fatto, in presenza di sintomi o segni fisici suggestivi per scompenso cardiaco, un elevato valore di BNP rende molto probabile lo scompenso stesso, e dunque il paziente può essere avviato alle indagini strumentali cardiologiche per la definitiva conferma; se invece il BNP risulta normale, è molto probabile che il quadro clinico non sia secondario a scompenso cardiaco, ed è dunque opportuno ricercare altre cause, risparmiando indagini strumentali cardiologiche superflue e dunque inappropriate.

Conclusioni

L'inquadramento diagnostico dello scompenso cardiaco deve tener conto:

  1. Del quadro multiforme della sindrome, a cominciare dalle fasi precoci, per passare via via, secondo un continuum fisiopatologico e clinico, alle fasi più avanzate.
  2. Della eventualità che la sindrome clinica si associ, nel 30-50% dei casi, ad una normale funzione sistolica e quindi possa essere inquadrata come "scompenso diastolico".
  3. Delle diverse possibilità eziologiche, fra le quali la cardiopatia ischemica gioca un ruolo prevalente (circa il 70% dei casi).
  4. Delle metodiche diagnostiche a disposizione, sia in fase di screening (in cui si assiste al ruolo emergente del BNP), sia in fase di quantificazione della disfunzione ventricolare sistolica e/o diastolica, in cui l'ecocardiografia occupa la posizione di gold standard.
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