Con distocia (o parto distocico) si indica un parto difficile dovuto al verificarsi di anomalie tra i fattori del parto che, solitamente, agiscono in maniera sinergica per far sì che il parto sia eutocico (parto fisiologico). In letteratura si parla di distocia nei casi, ad esempio, di contrazioni uterine inefficaci, travaglio protratto, arresto del travaglio o travaglio disfunzionale.
Cos'è la distocia, caratteristiche del parto distocico
Distocia, dal greco dystokía (dys- ‘difficile’ e tókos ‘parto’), è un termine al quale per molto tempo in ostetricia si è cercato di dare una definizione univoca con l’obiettivo di poter unificare il linguaggio scientifico, tuttavia, nonostante in molti abbiano provato a descriverla, ancora non esiste.
Nella considerazione comune la distocia è confusa con la progressione lenta del travaglio, altro concetto o meglio constatazione biologica che nel tempo ha decisamente cambiato forma e che segue nuovi criteri diagnostici.
In realtà sarebbe più corretto considerare la distocia come una sindrome (Ragusa, 2016) che contiene al suo interno numerose cause/malattie che ne stanno all’origine. In tal modo questa visione consente di effettuare la diagnosi causale della distocia, permettendo agli operatori, ove possibile, di agire in maniera eziologica.
Altra rivoluzione dovrebbe essere quella di considerare l’andamento della dilatazione cervicale e quindi le curve cervimetriche come test di screening e non come test diagnostico.
Il cambiamento del modo di approcciarsi alla distocia determinerebbe una diminuzione degli interventi iatrogeni in travaglio di parto che nel tempo sono aumentati notevolmente in modo del tutto ingiustificato.
I fattori del parto si influenzano tra di loro e agiscono in maniera sinergica per far sì che il parto sia eutocico; anomalie di tali fattori determinano quello che viene definito parto distocico.
Come detto in precedenza, questi fattori sono interconnessi e cooperano fra di loro, in particolare, le prime tre P danno luogo ai fenomeni del parto:
Meccanici | Dinamici | Plastici |
Modifica dei rapporti tra indici fetali e indici materni per effetto della progressione della parte presentata attraverso il canale del parto |
Modificazione del canale molle del parto sotto l'azione della forza |
Capacità di rimodellamento della testa fetale sotto l'azione della forza |
Le ultime due P sono determinanti fondamentali per l’armonia e il normale andamento dei fenomeni sopracitati; infatti, lo stato psicologico della donna e le relazioni che si instaurano con chi l’assiste e chi l’accompagna sono fattori importanti che gli operatori dovrebbero considerare quando si trovano di fronte ad un arresto del travaglio. Lo stato psicologico materno è strettamente connesso alla durata del travaglio.
Distocia dinamica e distocia meccanica
Anomalie nei fenomeni del parto determinano la classificazione nota in distocia dinamica e distocia meccanica.
I dati americani evidenziano che il 34%, cioè la quota maggiore dei tagli cesarei negli Stati Uniti ha come indicazione clinica l’arresto del travaglio.
In Italia, la distocia dinamica fa parte delle quattro indicazioni principali al taglio cesareo insieme a sofferenza fetale, presentazione podalica e pregresso taglio cesareo, rappresentando complessivamente il 70% dei tagli cesarei.
Attualmente non si riesce a stabilire precisamente la prevalenza della distocia, in quanto sia la definizione che i criteri diagnostici non sono univoci e questo è uno dei grandi problemi che la moderna ostetricia si trova a dover affrontare.
Infatti tale ambiguità contribuisce a far sì che i medici abbiano una propensione maggiore a diagnosticare la distocia in modo soggettivo rispetto a come facciano nelle altre indicazioni per il taglio cesareo, a sovra-diagnosticarla e di, conseguenza, a trattarla in modo inappropriato.
Una preoccupazione significativa è dovuta al fatto che molte donne con una normale progressione del travaglio possano subire un parto cesareo non necessario solo perché non c’è un consenso nella classificazione e nel trattamento della distocia.
Prevenire taglio cesareo primario nelle nullipare a termine gravidanza
Al fine di prevenire il taglio cesareo primario nelle nullipare a termine di gravidanza, molti autori hanno proposto diverse strategie.
Jeremy L. Neal et al. nella revisione “Labor Dystocia: A Common Approach to Diagnosis” affermano che, per prevenire i tagli cesarei primari, occorre diminuire drasticamente la soggettività nel diagnosticare la distocia in travaglio, proponendo criteri diagnostici basati sulle evidenze scientifiche e oggettivi, considerando i recenti progressi nella conoscenza dell’andamento del travaglio nella popolazione contemporanea.
Ragusa et al., in uno studio pubblicato nel 2016, ritengono sia inoltre necessario modificare l’approccio nella gestione della distocia in travaglio e propongono un “Comprehensive Management” che si esplica in diverse modifiche della pratica clinica con gli obiettivi di far prevalere la diagnosi causale prima della terapia e di ridurre gli interventi iatrogeni.
I risultati dello studio dimostrano che dal confronto del nuovo modello di cura con quello vecchio, caratterizzato da una rigorosa aderenza alla curva di Friedman e da un’accelerazione del travaglio al momento del raggiungimento della linea d’azione, si verifica una riduzione del tasso di uso di ossitocina (da 33.3% a 13.8%, p <0.0005), del tasso di uso di amnioressi (da 41.7% a 7.4%, p<0.0005) e del tasso di tagli cesarei primary (da 41.7% a 7.4%, p=0.001), mantenendo buoni outcome neonatali.
Numerosi dati epidemiologici confermano che l’interventismo in travaglio è complessivamente alto ed emerge che addirittura più della metà delle donne che partoriscono è sottoposta ad infusione ossitocica in travaglio.
Tuttavia la letteratura scientifica è concorde nello stabilire che in una popolazione a termine, in travaglio spontaneo, l’applicazione di infusione ossitocica non dovrebbe eccedere il 5-10% dei parti e che il travaglio prolungato è presente nell’8-10% delle nullipare (5), quindi, dal punto di vista evolutivo è improbabile che la necessità di accelerare più della metà dei parti sia reale, cioè che sia una necessità biologica.
Il mancato riconoscimento dell’ampia variabilità della conformazione del bacino materno, la non conoscenza della semeiotica ostetrica, la pratica diffusa di non formulare una diagnosi di posizione fin dall’inizio del travaglio ma, soprattutto, il mantenimento di linee d’allerta e d’azione nei partogrammi, strumento la cui utilità non è stata confermata dai dati di letteratura, hanno portato ad un utilizzo improprio della perfusione ossitocica.
Bugg, in una revisione Cochrane, ha dimostrato come un vantaggio nell’utilizzo dell’ossitocina potrebbe essere la modica riduzione della durata del travaglio, ma non vi è modificazione nell’incidenza del ricorso a taglio cesareo.
Nel report ISTAT “Gravidanza, parto e allattamento al seno” del 2013, il 72.7% delle donne intervistate hanno riferito almeno una delle seguenti procedure assistenziali:
Amnioressi | 32% |
Episiotomia | 34.7% |
Monitoraggio cardiaco fetale continuo | 45.2% |
Manovra di Kristeller | 22.3% |
Somministrazione di ossitocina | 22.3% (ma il 14.2%, quota affatto trascurabile, dichiara di non sapere se le sia stata o meno somministrata) |
Uso di forcipe o ventosa | 4.3% |
In tutti gli interventi che vengono messi in atto durante il travaglio e il parto, soprattutto il taglio cesareo non pianificato e l’utilizzo dell’ossitocina, è necessario considerare l’interferenza di questi interventi con il benessere della diade madre/bambino e le conseguenza sulla fertilità futura.
È dimostrato infatti che la sensazione di stress provata durante l’esperienza di un taglio cesareo urgente si associa ad una sensazione di ansia nei confronti di gravidanze future.
Dunque, un ruolo cruciale lo hanno gli operatori presenti durante il travaglio di parto poiché una gestione attenta degli interventi è di fondamentale importanza nel mantenere l’esperienza del travaglio/parto “normale”.
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