Volevo entrare nella vita delle persone nel momento più buio e aiutarle e vedere di nuovo la luce ed ero convinta di poterci riuscire. Quando mi sono laureata, però, sono cambiate tante cose: sono finita a lavorare in un posto in cui non era importante il contatto umano, non era importante svolgere bene il proprio lavoro. Ciò che contava era riuscire a fare il maggior numero di cose nel minor tempo possibile.
Ammiro chi tra gli infermieri lotta anche per chi è deluso come me
Capii che non era per niente semplice essere l’infermiera che avevo tanto sognato di essere
Fin da bambina ho sempre avuto le idee chiare su quello che volevo fare nella mia vita. Sono sempre stata dell’idea che ogni tipo di lavoro è un aiuto al singolo e alla società, niente è fine a sé stesso: dal contadino al pilota d’aereo ogni lavoro offre un servizio all’altro .
Ma io cercavo il contatto umano , il poter aiutare sfiorando le mani di chi riceveva il mio aiuto , avendo in cambio molto, molto di più. Così ho scelto di essere infermiera e ho amato questo lavoro ogni giorno di più fin dal primo giorno di università.
Il percorso di studi per diventare infermiere mi ha permesso di capire che questa è l’espressione massima d’aiuto. Io volevo essere quell’infermiera che fa la differenza , volevo sentirmi dire “per fortuna c’è lei oggi”.
Volevo entrare nella vita delle persone nel momento più buio e aiutarle e vedere di nuovo la luce, ed ero convinta di poterci riuscire. Quando mi sono laureata, però, sono cambiate tante cose ; ecco perché sono qui a scrivere.
Al mio paese sono stata contattata per lavorare in una struttura privata, ma dopo aver firmato il contratto sono stata catapultata a fare la badante a casa della proprietaria della struttura e poi licenziata, perché sono state messe in dubbio le mie capacità dall’altra badante (parrucchiera).
Ho così deciso di andare via dalla mia regione e mi sono trasferita al nord. Nella struttura dove sono finita a lavorare non importava a nessuno dei valori che volevo trasmettere, non era importante il contatto umano, non era importante svolgere bene il proprio lavoro.
Ciò che contava era riuscire a fare il maggior numero di cose nel minor tempo possibile, non lasciare nulla al collega del turno successivo e soprattutto senza mai soffermarsi a pensare se tutto si stesse facendo bene.
Se non correvo, se non arrivavo a fine turno che avevo fatto tutto senza tralasciare nulla, non ero una buona infermiera. Non potevo scambiare due parole con un anziano, non potevo soffermarmi ad ascoltare un parente, dovevo solo concludere il mio lavoro senza pensare che tutto ciò di umano non aveva più nulla.
Il peggio doveva ancora arrivare
Io non ero ancora sconfitta e cambiai struttura, ma non avevo visto ancora il peggio. Nella nuova struttura era tutto molto confusionario, mi sono ritrovata a fare igiene e a cambiare pannoloni mentre nel frattempo dovevo somministrare la terapia , fare una medicazione o cambiare una flebo.
Non era bello attribuire compiti agli Oss, loro avevano il loro da fare e non volevano essere disturbati. Un giorno avevo ancora molto lavoro da svolgere e gli Oss avevano invece concluso il loro. Chiesi gentilmente se potessero andare a cambiare un paziente e loro mi risposero male.
Sentii la loro conversazione: “gli infermieri di prima erano più bravi, ti toglievano il lavoro dalle mani, questi che sono venuti ora non vogliono lavorare, i prossimi che arrivano li metto subito in quadro”. Rimasi senza parole . Non commentai, ma capii che non era per niente semplice essere l’infermiera che avevo tanto sognato di essere .
Lì ho dovuto subire anche il demansionamento . Mi ritrovavo ogni giorno col grembiule e la cuffietta, a dispensare colazione, pranzo e cena. Preparavo i vassoi e li ritiravo a fine pranzo. E la cosa più imbarazzante erano i parenti che venivano a chiedere dell’infermiera; quando rispondevo loro “l’infermiera sono io, dica pure”, non ero molto credibile con grembiule, cuffietta e mestolo in mano .
Sono passati tre anni dalla mia laurea e sono bastati per distruggere tutto ciò che volevo essere. Mi chiedo ogni giorno se ho sbagliato tutto nella mia vita e la risposta il più delle volte è un sì, forte e chiaro, che mi risuona nel cervello. Sto cambiando nuovamente lavoro, colleghi e città, ma questa sarà la mia ultima possibilità.
Probabilmente cercherò un lavoro dove avrò a che fare con le macchine e lì non avrò delusioni, non sarò demansionata, non sarò giudicata dalla macchina stessa e purtroppo non sarà importante il calore delle mani.
A tutti i colleghi che continuano a lavorare nonostante questo paese non riconosca il nostro valore : vi ammiro, perché continuate a lottare anche per chi come me è troppo deluso per farlo ancora.
RaschiNina
1 commenti
Desidera con il cuore e troverai le stelle
#1
Cara collega, ho una “certa” e sono quasi al termine della mia carriera, il tuo racconto mi ha molto turbato. Se potessi ti abbraccerei e ti ascolterei. Mi pare di capire che hai bisogno propio di questo. La vita professionale stupisce spesso in tutti i sensi. Ti auguro di continuare nella ricerca della tua strada, di seguitare con passione a porti delle domande e ad avere dubbi. Non darti risposte certe ma abbi la certezza che continuando a desiderare (etimologicamente significa interrogare le stelle) potrai trovare il lavoro che ami.
Ti auguro soprattutto di aver cura di te. Un caldo abbraccio da una vecchia caposala.