Sapere di entrare in un vortice in cui tutto si muove velocemente, in una trincea dalla quale ci si deve difendere da tutti. A volte anche da sé stessi. Ma lottare comunque con tutte le forze per lavorare proprio lì, in Pronto soccorso . Dove comunque gli infermieri rappresentano un'opportunità per i pazienti: l’opportunità di comprendere, di sfruttare tutti gli strumenti ed i mezzi per affrontare la malattia e talvolta la morte, la possibilità di uscire dalla solitudine e di trovare conforto .
Sono infermiera e il Pronto soccorso è la mia trincea
Pronto soccorso
Mi è sempre piaciuta l’area critica . Quand’ero studente aspettavo con trepidazione l’assegnazione dei tirocini sperando in un Pronto soccorso o in una rianimazione , tanto che, al terzo anno, ho chiesto di frequentare il DEA di un Centro Traumatologico innamorandomene.
Ero rimasta attratta dagli scenari d’urgenza, dalle conoscenze e dalle competenze dei sanitari che avevo conosciuto, nonostante i ritmi lavorativi e l’impegno, sia fisico che emotivo, fossero tutt’altro che “sobri”.
Una passione che è andata di pari passo con quella per la sala operatoria , che però non mi apparteneva del tutto: da infermiera neo-laureata avevo voglia di spendermi, di imparare e di crescere. Così, quando è venuto il momento di entrare nel mondo del lavoro, mi sono battuta per lavorare in Pronto soccorso.
Sapevo che avrei dovuto mettermi quotidianamente in discussione, fare delle scelte e compiere altrettante rinunce, ma allo stesso tempo ero felice di poter imparare ed entrare in quella realtà che tanto mi affascinava.
All'inizio non è stato affatto semplice
Mi sembrava di entrare in un vortice in cui tutto si muoveva velocemente , in una trincea dove sopravvivere ai colleghi, alle persone e agli eventi. Non sono mancati momenti di sconforto, tristezza e frustrazione che mi hanno portata più volte a voler abbandonare tutto, ma poi ho finito per assumere la consapevolezza del mio ruolo.
Siamo portieri, segretari, centralinisti, aggiusta-tutto… Per qualcuno siamo una spalla su cui piangere, per altri solo un pungiball su cui riversare le proprie paure.
Siamo confessori di storie di vita, mediatori, custodi di forza e speranza. Strizzati di entusiasmo ed impoveriti di energie, non lavoriamo per un “grazie” (anche se vorremmo riceverlo). Ognuno di noi lavora per un suo perché
Io l’ho trovato nello sguardo riconoscente di una madre , nei racconti di un anziano dei suoi affetti, nelle lacrime di un bimbo che ha paura dell’ospedale e molti altri.
Tutte queste storie hanno in comune una cosa: l’opportunità. Noi rappresentiamo un’opportunità per i pazienti : l’opportunità di comprendere, di sfruttare tutti gli strumenti ed i mezzi per affrontare la malattia e talvolta la morte, la possibilità di uscire dalla solitudine e di trovare conforto.
Per questo tutti i giorni indossiamo la divisa , la nostra armatura: ci armiamo di pazienza ed affrontiamo un fiume in piena di persone, ciascuna con la propria storia e il proprio bagaglio esperienziale.
Sara Lentini , Infermiera
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