Siamo senza tempo, noi infermieri
Clessidra e il tempo che gli infermieri non hanno
“Il tempo di relazione è tempo di cura ” recita il nuovo Codice Deontologico all’articolo 4. Difficile ricordarlo quando hai la sala d'attesa del Pronto soccorso piena di gente , peraltro di pessimo umore e devi correre, essere lucido, attento.
Difficile ricordarlo in reparto quando quello che fai viene interrotto mille volte dal telefono che strilla, dal medico che ti ricorda di fare cose che hai già fatto mentre fa svolazzare nel corridoio il suo camice da supereroe, dal coordinatore che mentre stai parlando con un paziente non può aspettare a chiederti il cambio per il giorno dopo. D'altra parte anche lui non ha tempo , anche lui corre e non torna mai a casa in orario.
Il tempo sfreccia veloce, brucia la vita che non riesci più ad ascoltare
Ma un giorno, la corsa si arresta . Alla porta di casa si presenta, senza bussare, un codice di esenzione, un numero stampato sulla richiesta che il tuo medico ha preparato per un tuo caro, per la persona più importante della tua vita.
Tutto si ferma, anche i rumori e le voci non si odono più. Anche le emozioni che prima non avevi il tempo di ascoltare adesso si nascondono dentro la nebbia in cui sei immerso. Abbassi lo sguardo confuso e vedi una linea grigia, sfumata; qualcuno alle tue spalle che ti spinge oltre.
Sei dall'altra parte
Il tempo si ferma . Guardi attonito la persona che tu ami mentre lentamente si asciuga le lacrime, prende l’armatura, si veste di fierezza e dignità e inizia a lottare, conduce la battaglia. Quasi provi vergogna nel cercare in quel lottatore la forza per te stesso , per reggere una sofferenza che non sai ancora se riuscirai a sostenere.
Guardi il mondo che corre, tanto che sfuggono le forme, persino i colori. Apri gli occhi e mentre guardi un tuo collega che infila un ago nel braccio del tuo amato, ti chiedi perché ha quell'espressione così dura sul viso, perché i suoi occhi non si alzano mai.
Che strano: parole che hai pronunciato mille volte e mille volte hai tentato di spiegare a persone che giudicavi incapaci di capire ora non riesci a farle entrare nella tua testa, hai paura. Improvvisamente il linguaggio “medichese” che hai tradotto centinaia di volte, ogni giorno, ora è incomprensibile anche a te .
Cerchi di far ripartire il tempo che ostinato resta sospeso, come in bilico tra due mondi che seppur fatti della stessa materia, sono cosi lontani. L'uno attaccato alla vita con un filo fragilissimo che recupera la vista sul proprio essere Persona e l'altro accecato e affascinato dalla velocità che lo porta a considerarsi come una macchina invincibile ed eterna.
Non abbiamo tempo, siamo senza tempo noi infermieri
Però l'ospite, inatteso e sgradito, la malattia, cruda, sfrontata, maleducata, tesse una tela, una rete, un crocevia affollato di individui che si incontrano dentro una intimità forzata che svela l’essenziale, nel bene e nel male , emozioni primordiali che rifiutano regole e strutture: la paura, la speranza, la sofferenza.
Con l’ospite in casa apri gli occhi sui malati che lottano nel dolore , sui loro cari che come te imparano a “restare… restare accanto”, imparano a perdonarsi la colpa di non sentirsi mai forti abbastanza.
Apri gli occhi sui tuoi colleghi , che coraggiosi si immergono nelle vite degli altri, senza tempo, sorridono, toccano, curando i corpi e le anime dei loro pazienti, senza tempo, accompagnano e fanno del loro meglio per restituire ciò che le persone temono di aver perduto. Perché non sempre gli ammalati si aspettano di guarire, ma sempre si aspettano di non perdersi .
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