Diario del pronto soccorso
Il pronto soccorso lo odiavo. Ai tempi del tirocinio, al terzo anno tutti fremevano per essere assegnati al pronto soccorso, io restavo lì tra le ultime file a sperare nell'ennesimo tirocinio in qualche medicina.
Pronto soccorso, odi et amo
Ero indifferente a quel mondo, indifferente al pronto soccorso. E.R. non mi aveva mai convinto con le sue scene da urgenza pura.
Nella mia testa il pronto soccorso non era un luogo di cura, piuttosto una zona di passaggio, una sorta di stazione di arrivo sempre affollata. Ma la cura no, quella veniva fatta nei reparti.
Anche i pazienti quando arrivavano su in reparto ti raccontavano di scene raccapriccianti vissute in quel posto.
Tutti in reparto ce l'avevamo su col ps: ricoveri negli orari di consegna, pazienti sempre con gli accessi venosi nella piega del gomito, pannolini non sempre lindi e puliti, medicazioni lesioni mai perfette… Insomma, li odiavamo un po' questi infermieri del ps.
Di loro però invidiavamo le storie: Quelli del ps hanno ottenuto questo, gli infermieri del ps hanno lottato e fatto quest'altro, quelli del ps sono i preferiti, quelli sono uniti, si fanno rispettare, mica come noi…
Gli infermieri del PS erano gli eroi, ma spocchiosii! Quelli che se la credono, insomma, ma poi in realtà noi eravamo meglio, perché - si sa - nessuno sa curare meglio degli infermieri che lavorano nelle medicine.
Poi il trasferimento in Pronto Soccorso, una normale evoluzione dopo qualche anno in medicina d'urgenza.
Non è stato amore a prima vista. Neppure alla seconda
Per un infermiere nato in una medicina non è facilissimo adattarsi alla realtà di un pronto soccorso. Ti mancano i tuoi pazienti, le lunghe chiacchierate durante l’assistenza, ti manca vedere l'evoluzione del paziente e quella grande soddisfazione di quando tornavano a trovarti.
C'era una paziente che ad ogni visita di controllo ci teneva a regalarmi un gratta e vinci. Se osavi dir di no era la fine... Un po' come le nonne meridionali quando tenti di rifiutare il terzo piatto di pasta al forno.
Mi sembrava di essere finita in un vortice che girava senza una ragione apparente, tutto si muoveva così velocemente.
L'amore per il pronto soccorso è nato per caso, una notte in astanteria, grazie ad una donna. Una di quelle che aveva raccontato di esser caduta dalle scale e che invece poi, chissà perché, mi ha voluto raccontare di quell'amore violento.
Davvero, non so perché l'abbia raccontato proprio a me dopo che altri in cinque le avevano già chiesto qualcosa in merito.
Avevo trovato il mio posto, avevo trovato il senso del pronto soccorso. L'ospedale è una cosa, il pronto soccorso un’altra. Una sorta di rifugio per anime in pena, dico io. A partire dal personale.
Combatti contro il sonno, la fame, il freddo, il caldo, il territorio che non c'è, la giustizia che non c'è, il senso civico che non c'è... l'amore che non c'è. E quelle battaglie non le dimenticherai mai
Prova a chiedere a qualsiasi infermiere di pronto soccorso se lascerebbe quel posto. Inizialmente si affretterebbe a dirti di sì, poi però lo vedresti incupirsi un po' in volto, colto dall'ansia del "e dove vado?".
Un infermiere che lascia il ps rimane sempre un po' orfano, come quei militari che lasciano il fronte: certo che son felici in zone più tranquille, ma il fronte manca sempre. Dopo il fronte, in ogni reparto ci si sente un po' tristi, svuotati e i discorsi son sempre quelli: quando io lavoravo in pronto soccorso...
Se lavori in pronto soccorso hai sempre delle belle storie da raccontare agli amici e puoi accontentare tutti i generi. Si va dal macabro, con la storia di certi incidenti stradali che a Grey's Anatomy gli fai un baffo, al divertente, con le storie di certe ritenzioni di corpi estranei, al romantico, parlando dei due anziani vicini di letto, sociale e politico, con le storie dei senza fissa dimora e via dicendo.
Insomma: se vuoi, puoi intrattenere tutti per ore e ore. La gente pensa che tu veda sangue dalla mattina alla sera, sempre impegnato in questa o quest'altra urgenza, sempre col defibrillatore in mano e invece il più delle volte gestisci le emozioni dei pazienti, dei parenti e anche dei colleghi.
In certi momenti si arriva ad odiarlo quel posto. Ah, a proposito: ovviamente gli infermieri di ps odiano quelli di reparto: loro di notte non fanno nulla, guadagnano quanto noi, ma lavorano meno, i ricoveri vanno fatti a qualunque ora, io ricevo pazienti 24 ore su 24 perché loro no? Loro sono più uniti, hanno più vantaggi...
Alla fine la verità è che uno non conosce l'altro.
La verità è che il ps è sì una stazione di arrivo, ma non solo di persone. È il rifugio di tanti che non trovano riparo fuori, è il luogo di cura delle paure, delle ansie.
Un esercito schierato in battaglia contro la morte: a volte vinci tu, a volte vince lei.
E combatti contro il sonno, la fame, il freddo, il caldo, il territorio che non c'è, la giustizia che non c'è, il senso civico che non c'è... l'amore che non c'è. E quelle battaglie non le dimenticherai mai.
Io amo il pronto soccorso.
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