Infermieri: cosa non è successo negli ultimi 30 anni?
Ciò che non viene valorizzato, non resta immutato: è bene ricordarlo. Forse dovremmo partire da qui, se vogliamo curare il Mal d'Infermiere .
Nel 2024 festeggeremo trent'anni dall'individuazione del nostro profilo professionale : cosa è successo negli ultimi trent'anni, ma soprattutto: cosa non è successo?
Mentre gli infermieri conquistavano la loro pietra miliare, ovvero la 739/94, i medici acquisivano la possibilità di svolgere la libera professione intramuraria o extramuraria con la 502/92 e la 662/96.
Da allora, il dirigente medico o sanitario che decide di svolgere la sua attività privata nella propria azienda ospedaliera pubblica, riceve un'indennità di esclusività: il rapporto che lega il dipendente pubblico all’Ente, si fonda sulla “immedesimazione organica” del dipendente con la Pubblica Amministrazione stessa; si voleva evitare, anche potenzialmente, un possibile conflitto di interessi che il dirigente potesse avere con la propria Amministrazione.
Questo emolumento aggiuntivo, introdotto dall’art. 15 quater del D. Lgs. 502/92, ha decretato per i medici ciò di cui ancora sono deficitari gli infermieri a 30 anni dell'individuazione del loro profilo professionale: non parlo dell'indennità, ma di un meccanismo automatico e progressivo di valorizzazione economica delle loro competenze .
Intanto, quest'indennità di esclusività aumenta col passare degli anni : aumenta l'anzianità di servizio e quindi l'esperienza del dirigente medico o sanitario e, in maniera direttamente proporzionale, aumenta questa indennità.
In teoria un medico o un chirurgo appena assunto non ha l'esperienza di un medico o un chirurgo strutturato già da 15 anni; più acquisisce esperienza, più il SSN valorizza economicamente questa esperienza con l'aumento dell'indennità di esclusività, perché maggiore potrebbe essere la propensione o la tentazione di valorizzare le competenze acquisite in ambulatori/cliniche private.
Nonostante ciò, ci sono state oltre 11mila dimissioni di medici dal SSN tra il 2019 e il 2022, perché molto probabilmente i motivi per "restare" sono sempre meno rispetto a quelli che spingono a "lasciare".
La deroga al vincolo di esclusività ottenuta dalle professioni sanitarie circa un annetto fa, previa autorizzazione del datore di lavoro, è stata sicuramente un importante passo in avanti: avere più impieghi di lavoro non significa solo avere più opportunità di guadagno, ma permette al professionista che ha investito tempo e denaro in formazione post-base, di ottenere il dovuto riconoscimento sia professionale che economico.
La libera professione è libera competizione tra professionisti: incentiva la concorrenza tra i migliori e per essere tra i migliori c'è bisogno della formazione migliore (ciò può promuovere la formazione di qualità).
Ma soprattutto chi ha acquisito 20/30 anni di esperienza in uno specifico setting assistenziale, è giusto che possa far valere quell'esperienza anche in contesti diversi dai suoi abituali: l'infermiere, alla stregua di tutti gli altri professionisti, finalmente potrà (o potrebbe?) guadagnare ciò che merita.
Tuttavia, tra i determinanti del "Mal d'Infermiere" , abbiamo sicuramente il fatto che il punto di partenza della propria carriera, per la quasi totalità di qualche centinaio di migliaia di Infermieri, molto spesso coincida con il punto d'arrivo e quindi di fine carriera.
Non è solo una questione di ambizioni o aspettative mancate: non è possibile che ad esempio in una Terapia Intensiva, ovvero in un'area dall'alto livello di specializzazione professionale, un infermiere neoassunto guadagni solo qualche centinaio di euro in meno rispetto ad un infermiere con 30 anni di esperienza in quello specifico setting.
Quel meccanismo, implicito ma automatico, di valorizzazione economico-professionale progressiva esistente per i medici, non si è mai realizzato per la professione infermieristica: noi professionisti sanitari, non dirigenti, abbiamo ottenuto le cosiddette "fasce", oggi differenziali economici di professionalità , ma non abbiamo ottenuto che scattino automaticamente col trascorrere degli anni.
I passaggi ad una fascia/differenziale superiore sono a discrezione dei nostri datori di lavoro e della consistenza di fondi economici specifici: ciò ha significato in tanti casi e per tanti colleghi, lavorare anche più di 10 anni nel SSN senza alcun tipo di variazione economica rilevante della propria situazione reddituale e questo genera frustrazioni e risentimenti verso le proprie aziende sanitarie e il sistema di cui fanno parte.
Noi infermieri dobbiamo partecipare a dei bandi, a delle procedure di selezione interna, dobbiamo sperare di collocarci in una buona posizione in graduatoria per ottenere ciò che un medico ottiene con una richiesta alla sua amministrazione.
Duole ricordare che l'argomento "indennità di esclusività" è a dir poco un tabù anche per gli Infermieri Dirigenti: mentre due anni fa anche i Dirigenti Sanitari del Ministero della Salute hanno ottenuto l'indennità di esclusività, a 24 anni dalla 251/2000 per i Dirigenti delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica, ciò resta ancora un obiettivo mancato.
Ciò che non viene valorizzato , non resta immutato: è bene ricordarlo. Forse dovremmo partire da qui, se vogliamo curare il “Mal d'Infermiere”.
Articolo a cura di Alessandro Serrano | Infermiere Istituto Nazionale Tumori IRCCS Pascale
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