RIMINI. Le malattie psichiatriche e la visione moderna dell'assistenza. Di questo e di altro si è occupata Jessica Barbieri una una tesi sul tema "Schizofrenia: interazione gene–ambiente e assistenza infermieristica", relata dalla docente Ilaria Tarricone, detentrice della cattedra in Psichiatria presso il Corso di Laurea in Infermieristica dell'Università "Alma Mater Studiorum" di Bologna (Polo di Rimini). Barbieri nella sua lunga introduzione ci fa il punto sui bisogni di cura, di rispetto e di affetto degli utenti del Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura dell'Ausl riminese. Vediamo cosa scrive.
di Jessica Barbieri
Durante gli anni del mio percorso di studio, sono stata spesso attratta da temi differenti. Quando poi ho assistito alle lezioni di psichiatria, sono stata colpita in modo particolare da questo ambito, e dall’importanza e dalla particolarità che ha l’infermiere psichiatrico. Ho avuto la fortuna di fare l’esperienza di tirocinio all’ SPDC dell’ospedale Infermi di Rimini, in cui ho potuto conoscere meglio e “toccare con mano” la sofferenza e il bisogno di assistenza che hanno i pazienti psichiatrici. Ho vissuto in prima persona, la difficoltà di relazionarsi con questo tipo di paziente. Mi sono trovata a “non sapere cosa dire”, a capire che spesso l’intervento migliore è restare in silenzio, a non avere paura degli accessi di aggressività che hanno alcuni pazienti e che spesso in fondo sono solo una richiesta di aiuto. Nel mio elaborato, ho deciso di trattare i disturbi psicotici e in modo particolare la schizofrenia, perché volevo capire meglio le dinamiche di questa patologia che interferisce con la capacità del paziente di relazionarsi, di percepire in modo idoneo la realtà e di gestire le emozioni. Soprattutto ero interessata ai vari fattori che interagendo insieme, potrebbero aumentare il rischio di sviluppare disturbi psicotici. Per questo, quando la mia relatrice mi ha proposto di presentare il progetto EU-GEI (European Network of National Schizophrenia Networks studying Gene – Environment Interactions), ne sono stata subito colpita, perché si propone proprio di studiare l’interazione gene - ambiente, nello sviluppo dei disturbi psicotici. Inserendolo nel mio elaborato, ho voluto dare la possibilità anche ad altri di venirne a conoscenza. Inoltre trattando l’assistenza infermieristica in psichiatria, ho cercato di approfondire questo tema per essere eventualmente più preparata ad affrontare in futuro questa realtà, e per offrire una maggior conoscenza di questo campo anche ai lettori.
Nella parte iniziale del primo capitolo, mi sono concentrata sulla definizione dei disturbi psicotici in generale. Ho illustrato quali sono le principali manifestazioni sintomatologiche di questi disturbi mentali, per poi affrontare in modo più specifico, la schizofrenia: il quadro clinico, l’epidemiologia, la prognosi e la classificazione in sottotipi. Infine si è fatto un accenno anche ad altri disturbi psicotici.
Nel secondo capitolo mi sono invece concentrata sull’eziologia della schizofrenia, trattando le varie teorie a riguardo. Le teorie biologiche, che attribuiscono l’origine di questa malattia a fattori biochimici, genetici, neuro –anatomici e neuro funzionali. Le teorie sociali, che focalizzano la loro attenzione sulle relazioni familiari e sociali del paziente con schizofrenia. Le teorie psicodinamiche, che riguardano l’interiorità del paziente, e infine la teoria della vulnerabilità che unisce in un unico processo eziopatogenetico, fattori biologici sociali e psicologici. Da qui l’interazione gene – ambiente.
Nel terzo capitolo ho affrontato i fattori ambientali che causano la schizofrenia e la loro interazione con i geni. Tra questi, mi sono particolarmente concentrata sull’urbanizzazione, la migrazione, l’uso di cannabis e i traumi infantili. Ho quindi presentato il progetto EU-GEI che appunto studia l’interazione gene – ambiente nello sviluppo della schizofrenia. Ho spiegato di che cosa si occupa, da chi è diretto, i criteri di inclusione ed esclusione dei soggetti che partecipano allo studio, quali sono gli strumenti utilizzati e alcuni risultati raggiunti da questo progetto.
Nel quarto capitolo, ho descritto quali sono i trattamenti del disturbo psicotico, evidenziando l’importanza per la prognosi, di un riconoscimento e quindi un trattamento precoce delle psicosi. Ho affrontato la terapia farmacologica costituita dai neurolettici o antipsicotici convenzionali o di prima generazione e da quelli atipici o di seconda generazione, e i loro effetti collaterali. Infine ho parlato del trattamento non farmacologico: i tipi di riabilitazione psicosociale, le tecniche psicoterapeutiche, la terapia famigliare e gli interventi sull’ambiente in cui vive il paziente.
Nel quinto e ultimo capitolo, ho parlato della storia dell’assistenza psichiatrica, dal Medioevo alla nascita del DSM: il Dipartimento di Salute Mentale. Ho quindi descritto le componenti organizzative del DSM: il CSM (Centro di Salute Mentale), l’SPDC (i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura), i Day Hospital (DH), i Centri Diurni (CD) e le Strutture Residenziali. In seguito ho trattato l’assistenza infermieristica in generale, affrontando alcuni principi di base, e focalizzando un’attenzione particolare alla relazione. Dopo di che ho descritto l’assistenza infermieristica psichiatrica e le funzioni dell’infermiere psichiatrico, evidenziando anche il ruolo del case manager per il paziente con esordio psicotico.
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