Il disegno di legge AS 2224 è un provvedimento necessario per ridurre ricorsi, accuse e contenziosi verso chi lavora nella Sanità. Il testo è stato già migliorato alla Camera rispetto alla sua versione originale con modifiche come quella sul ruolo di coordinamento del risk management che potrà essere svolto oltre che dai medici di diversa disciplina anche da altro personale dipendente delle strutture sanitarie con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale.
ROMA. Settimana di audizioni in commissione Igiene e Sanità a Palazzo Madama sul Ddl 2224 e connessi (responsabilità professionale del personale sanitario). E dopo le società scientifiche, oggi è stata la volta delle Federazioni e del medici di famiglia.
“Il disegno di legge AS 2224 – ha detto la presidente Ipasvi Barbara Mangiacavalli alla XII commissione - è un provvedimento necessario per ridurre ricorsi, accuse e contenziosi verso chi lavora nella Sanità. Il testo è stato già migliorato alla Camera rispetto alla sua versione originale con modifiche come quella sul ruolo di coordinamento del risk management che potrà essere svolto oltre che dai medici di diversa disciplina anche da altro personale dipendente delle strutture sanitarie con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale. In questo modo emerge che la gestione del rischio clinico è d’équipe. Ma alcuni ulteriori ritocchi tuttavia sono ancora possibili, ma il Ddl è comunque un passo essenziale proprio per la crescita del sistema salute, composto da professionisti”.
In questo senso Mangiacavalli ha ripreso le osservazioni già segnalate nel Dossier del Servizio Studi del Senato che riguardano la nozione di documentazione clinica, eventualmente relativa anche alle forme di assistenza domiciliare, la valutazione sulla colpa lieve e l’opportunità delle valutazioni da parte del Giudice in caso si escluda la responsabilità penale, gli estremi e gli ambiti per la conciliazione e i riferimenti alla partecipazione alle procedure concorsuali.
Ma ha segnalato anche ulteriori argomenti su cui porre l’accento: linee guida, giurisdizione delle azioni di rivalsa, assicurazioni, modalità con cui i professionisti possono essere chiamati in giudizio, nomina del CTU (consulenti tecnici d’ufficio) e CTP (consulenti tecnici di parte).
Linee guida
Le linee guida sono comparse la prima volta nella legge Balduzzi (Legge 8 novembre 2012 n. 189). “E’ evidente – ha detto Mangiacavalli - che la tutela del professionista non può essere garantita solo da regole scritte sulla “carta”, ma è altrettanto evidente che per codificare percorsi e principi uguali per tutti, si debba necessariamente far riferimento a qualcosa che per tutti sia codificato. Come le linee guida, appunto. E’ altrettanto ovvio che approvata la legge sarà impossibile che il giorno dopo siano già pronte le linee guida necessarie a che tutto questo diventi realtà, e se un riferimento può essere fatto per cercare di dare una codifica immediata, può essere solo alle best practice che da sempre caratterizzano sia la clinica che il management sanitario”. Ma secondo la presidente Ipasvi non ci si può fermare qui. “Un professionista non può essere collegato automaticamente a scelte che in realtà possono avere tante sfaccettature, un riferimento è necessario. Semmai – ha proseguito - il problema è un altro: a mettere a punto le linee guida non dovrebbero essere le Società scientifiche che rappresentano solo poche categorie professionali, ma tutte le associazioni tecnico-scientifiche che si occupano e rappresentano tutte le attività coinvolte in prima persona nel nuovo disegno della responsabilità professionale”.
In questo senso Mangiacavalli ha suggerito di recuperare una previsione già contenuta nel decreto del ministero della Salute del 31 maggio 2004 sui requisiti che devono possedere le società scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, annullato dalla Corte Costituzionale su ricorso della Provincia autonoma di Trento per un conflitto di competenze, in quanto assegnava compiti di organizzazione dell’Educazione medica continua al ministero della Salute e non alle Regioni. Il decreto, ha spiegato, conteneva alcune enunciazioni e chiarimenti importanti.
“Era specificato – ha detto Mangiacavalli - che le società scientifiche dei medici chirurghi devono, di norma, fare riferimento alle specialità mediche previste nel Dlgs 368/1999 o alle discipline stabilite nel Dpr 484/1997 o a specifiche aree di esercizio professionale rilevanti per numero di addetti o per l'attività svolta; le società scientifiche dei veterinari, degli odontoiatri, dei farmacisti e degli psicologi, dei biologi, dei fisici e dei chimici che svolgono attività sanitaria, devono fare riferimento alle discipline e alle specializzazioni previste sempre dal Dpr 484/1997 o a specifiche aree di esercizio professionale anche in questo caso rilevanti per numero di addetti o per l'attività svolta; le associazioni tecnico-scientifiche dei professionisti sanitari delle professioni infermieristiche, tecniche della riabilitazione e della prevenzione devono fare riferimento a specifiche aree di esercizio professionale rilevanti per numero di addetti o per l'attività svolta. In sostanza: medici, chirurghi, anestesisti e veterinari possono, secondo il decreto Sirchia, costituire società medico/scientifiche, mentre per tutte le altre professioni sanitarie la denominazione scelta (con funzioni diverse) è quella di ‘associazioni tecnico/scientifiche’”.
“Recuperando la specificazione – ha spiegato la presidente Ipasvi - si renderebbe possibile la partecipazione effettiva di tutte le componenti professionali sanitarie alla predisposizione delle linee guida, fatto questo importante perché risultino elaborate oltreché in base ai criteri previsti dalla letteratura scientifica, anche secondo le evidenze cliniche e assistenziali reali”.
Oltre queste annotazioni, secondo Mangiacavalli ciò che serve perché le linee guida siano realmente un valido riferimento è il rigore metodologico con cui sono elaborate, il necessario riferimento alle evidenze scientifiche e alla governance di eventuali conflitti di interesse nella loro formulazione. Per questo andrebbe accuratamente descritto il processo di accreditamento delle linee guida per le quali è già previsto che l’Istituto superiore di sanità sia garante dell’universalità di questa rilevanza, rappresentando un riferimento univoco e uguale per tutti.
La giurisdizione delle azioni di rivalsa
La previsione che le azioni di rivalsa siano in capo al giudice ordinario, potrebbe far venire meno, secondo la presidente Ipasvi, le garanzie che invece sono proprie, per quanto riguarda la responsabilità amministrativa, della Corte dei conti che, al contrario del giudice ordinario, può accertare la quota del danno realmente subito dall’Amministrazione in base al fatto denunciato e può accertare anche, secondo i parametri di riferimento della struttura, la colpa grave e l’eventuale concorso dell’Amministrazione pubblica nella produzione di questo tipo di danno (ex art. 1227 del codice civile). “In quest’ultimo caso – ha aggiunto - la Corte dei conti potrebbe applicare il ‘potere riduttivo’ alla sanzione amministrativa, cosa che non può fare invece il giudice ordinario”.
Assicurazioni
La previsione di un obbligo assicurativo dei singoli professionisti sanitari per la colpa grave, comporta il pagamento diretto alle assicurazioni da parte di questi di somme rilevanti (superiori ai 500 milioni). Per questo secondo Mangiacavalli sarebbe opportuno, come già previsto in alcuni contratti del Ssn in cui si parla di responsabilità, una polizza di assicurazione per responsabilità civile garantita dalle strutture sanitarie pubbliche e private per coprire azioni giudiziarie eventualmente promosse da terzi a causa delle quali si innalzerebbe il livello del contenzioso e del valore stesso delle polizze. “Questo dovrebbe valere anche – ha proseguito - per la responsabilità extracontrattuale, comprese le spese di giudizio e peritali, senza diritto di rivalsa, tranne nei casi di colpa grave o di dolo”.
L’esempio che Mangiacavalli ha fatto alla commissione è quello dell’orario di lavoro. “Con l’avvento della normativa Ue – ha detto - nel caso un fatto avvenga al di fuori dell’orario previsto, può infatti indurre l’assicurazione a impugnare la polizza perché la prestazione è avvenuta non nel periodo teoricamente assicurato. Questo porta, oltre al danno per il professionista, anche al rischio che dalla medicina difensiva si passi a un’assistenza a tempi ‘rigidi’, spesso impossibile per soddisfare le necessità cliniche e dare reale risposta ai bisogni dei cittadini”.
"Sarebbe quindi auspicabile - ha aggiunto - inserire l'obbligo assicurativo per tutti i professionisti sanitari prevedendo altresì che solo le Federazioni Nazionali e gli enti previdenziali siano investiti della scelta del Broker unico secondo la normativa vigente soprattutto al fine di calmierare i prezzi delle polizze e avere una garanzia di efficacia".
Modalità di chiamata in giudizio
Legato all’argomento assicurazioni c’è poi un particolare che rischia, se non diversamente gestito, di mettere in pericolo le procedure e offrire il fianco a una serie di cavilli e situazioni che possono modificare l’iter del procedimento sulla responsabilità. Questo è rappresentato, ha spiegato Mangiacavalli, dalle numerose modalità con cui i professionisti sanitari possono essere chiamati in giudizio: responsabilità penale (art. 6); responsabilità extracontrattuale (art. 7) ai sensi dell’art. 2043 del codice civile; rivalsa ex art. 9 per la graduazione della colpa anche in caso di transazione extragiudiziale; tentativo obbligatorio di conciliazione (art. 8) ai sensi dell’art. 696-bis del codice di procedura civile; azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicurazione e successiva rivalsa verso l’esercente la professione sanitaria da parte dell’assicurazione (articolo 12, comma 1 e 3). “Tutto ciò – ha affermato - si ricollega all’argomento delle assicurazioni, in quanto i professionisti sono obbligati a dotarsi di coperture assicurative forti per le azioni di rivalsa e per le spese legali e peritali, con le conseguenze già descritte e si configura quindi la necessità di riportare la materia in una gestione più semplificata o comunque con maggiori tutele”.
Nomina CTU e CTP
Attualmente il disegno di legge prevede che “nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi a oggetto la responsabilità sanitaria, implicanti la valutazione di problemi tecnici complessi, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento”.
In analogia e per le stesse motivazioni legate alla modifica già avvenuta sul ruolo di coordinamento del risk management, sarebbe il caso, secondo la presidente Ipasvi, di prevedere anche a questo livello la possibilità che il compito di CTU e CTP possa essere svolto oltre che dai medici anche da altro personale dipendente delle strutture sanitarie ‘con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale’.
“Questo – ha spiegato Mangiacavalli - anche in considerazione del fatto che la giurisprudenza ha definito negli ultimi tempi “autonoma” la responsabilità degli atti compiuti da infermieri rispetto a quelli di altri professionisti, fino a condanne a questi per non aver verificato errori di altri (Cassazione sen. 2192/ 2015). E sempre la giurisprudenza (Cassazione sen. 2541/2016) ha stabilito che l’infermiere non è ‘ausiliario del medico’, ma ‘professionista sanitario’ e assume responsabilità di tipo omissivo riconducibili a una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente, del tutto autonoma rispetto a quella del medico. E ha precisato anche che la responsabilità della formazione del personale infermieristico è in capo al personale infermieristico stesso ed esula dalle ‘prerogative dirigenziali del direttore o primario del reparto’. Quindi, appare corretto che anche la responsabilità sanitaria in caso di procedimenti civili e/o penali, ove ci siano da considerare aspetti tecnici, sia valutata da professionisti appartenenti alla stessa categoria professionale”.
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