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Opi Trento contrario al corso ausiliari di Rsa

di Redazione Roma

Pur dichiarandosi, come Ordine, sempre aperto ad un confronto per guardare al domani tentando di affrontare concretamente e in maniera condivisa i problemi che oggi ci sono e allo stesso tempo prevenirne di nuovi, il presidente Daniel Pedrotti è contrario al corso di formazione per “ausiliari di Rsa” promosso da Upipa in collaborazione con Opera Armida Barelli. Non si può banalizzare la complessità sanitaria ed assistenziale degli ospiti nelle strutture.

Corso ausiliari di Rsa: 68 ore non bastano per garantire assistenza

Per quanto attiene i contenuti formativi, definisce il corso un “bignami” della formazione professionale dell’Oss che in Provincia di Trento prevede un percorso strutturato di 1.400 ore di cui 700 di tirocinio. L’Ordine delle professioni infermieristiche, inoltre, ritiene di dover difendere la fragilità degli utenti e delle loro famiglie che si trovano a dover subire iniziative compensatorie, come tra l’altro dichiarato nello stesso bando del corso, in risposta alla carenza di personale qualificato nelle Rsa. Così il presidente dell’Opi, Daniel Pedrotti, che firma un comunicato nel quale – preso atto del corso di Formazione per “ausiliari di Rsa” promosso da Upipa in collaborazione con Opera Armida Barelli – si schiera a tutela di un’assistenza garantita e competente della persona residente in questo tipo di strutture, che non può essere assicurata da una figura professionale ausiliaria formata mediante un corso di 68 ore.

Non possiamo permettere che venga banalizzata la complessità sanitaria ed assistenziale degli ospiti nelle Rsa, inserendo in assistenza diretta “ausiliari” formati con 68 ore, denominandoli “operatori della cura”

Pochi giorni fa ad esprimere stupore nei confronti delle Aziende pubbliche di servizi alla persona del Trentino è stato Roberto Moser, vice segretario generale Fenalt e responsabile area Apsp del sindacato: Viene da chiedersi come mai si sia arrivati a questo punto. Pensare di sostituire gli Oss, la cui formazione è di 1.400 ore, con assistenti formati in 68 ore ci getta nello sconforto. La qualità del fine vita non può essere assicurata assumendo personale non adeguatamente preparato per i compiti che dovrà affrontare. Non si tratta di accompagnare in passeggiata gli anziani, ma di affrontare patologie complesse, soggetti non autosufficienti.

Su quest’ultimo aspetto Pedrotti è particolarmente incalzante: L’assistenza e la cura degli anziani necessitano di competenze sempre più elevate considerata la continua evoluzione dei bisogni assistenziali e sanitari che sono sempre più complessi. Pertanto, per garantire sicurezza e qualità delle cure, è imprescindibile assicurare standard qualitativi e quantitativi adeguati, di professionisti e operatori sanitari. Non possiamo permettere che venga banalizzata la complessità sanitaria ed assistenziale degli ospiti nelle Rsa, inserendo in assistenza diretta “ausiliari” formati con 68 ore, denominandoli “operatori della cura”.

E ancora, secondo il presidente dell’Opi di Trento, l’introduzione di questi “ausiliari” nell’assistenza, rappresenterebbe una deprofessionalizzazione delle cure in Rsa, ulteriore elemento di criticità per gli infermieri, che sono i responsabili dell’assistenza. Creare una nuova figura di ausiliario come mera risposta ad una carenza puramente numerica devia l’attenzione dalla vera causa che la genera, lasciando in subordine la competenza, che invece dovrebbe essere il primo criterio guida. Esprimendo contrarietà a tale proposta dell’ausiliario in Rsa come “operatore della cura” –, ribadendo alla politica e alle istituzioni la necessità di attivare strategie a breve e medio/lungo termine per governare la carenza negli organici di infermieri e Oss e dichiarandosi sempre disponibile ad un confronto – l’Ordine, nella figura di Pedrotti, conclude: Il focus deve essere l’attrattività dell’assistenza all’anziano per gli infermieri, le altre professioni sanitarie e gli operatori socio sanitari.

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